Recensione: The Void Unending

Di Marco Donè - 8 Settembre 2017 - 0:01
The Void Unending
Band: Ancient Dome
Etichetta:
Genere: Thrash 
Anno: 2017
Nazione:
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78

A tre anni dall’ottimo “Cosmic Gateway to Infinity”, tornano sulle scene con un nuovo album i saronnesi Ancient Dome, uno dei nomi più interessanti partoriti dalla scena thrash italiana del nuovo millennio. Con “The Void Unending”, questo il titolo del quarto full length della band, i Nostri proseguono il concept fantascentifico iniziato con il lavoro del 2014 e, rispetto alla precedente release, si presentano con una nuova line-up. Incontriamo, infatti, gli innesti di Giorgio Mina al basso e Marco Colombo alla chitarra solista. Detto del rinnovato deal con la Punishment 18 Records, label che ha pubblicato tutti gli album sin qui realizzati dal quintetto di Saronno, non rimane che addentrarci nella nuova fatica griffata Ancient Dome e scoprire in quale galassia abbiano deciso di condurci.

 

The Void Unending” si rivela un capitolo importatissimo nella carriera degli Ancient Dome, un lavoro che continua, amplia e sviluppa il percorso evolutivo che ha fin qui caratterizzato la band. Gli Ancient Dome 2017 sono una formazione matura, che ha trovato la propria via e riesce nel difficilissimo compito di muoversi con personalità in un genere in cui è stato detto praticamente tutto, caratterizzato da stilemi molto rigidi come è il thrash metal. È complicato riuscire a etichettare la proposta del quintetto di Saronno, risulta più facile descriverne le varie sfaccettature. Nei nove capitoli che compongono “The Void Unending”, infatti, incontriamo elementi riconducibili alla bay area, influenze di chiaro stampo Artillery – quelli più ispirati, ovviamente – aperture al limite del techno thrash, alcuni fraseggi chitarristici che riportano alla mente i Death, a cui vanno ad aggiungersi una componente classic metal e un ottimo gusto per le melodie. Il tutto è mescolato nelle giuste proporzioni, con maestria e personalità, il cui risultato è un disco di valore assoluto. I nuovi innesti sembrano aver portato nuovi stimoli in seno alla band, integrandosi alla perfezione nei suoi meccanismi, contribuendo a spingere in alto l’asticella del tasso tecnico delle composizioni. Con “The Void Unending” si ha l’impressione che gli Ancient Dome abbiano voluto dare libero sfogo al proprio estro, alle proprie idee, senza porsi limiti, cercando di creare trame articolate, complicate. I Nostri sono riusciti in questo intento mantenendo inalterato l’impatto e senza dimenticare la melodia, elemento in grado di rendere facilmente assimilabili fraseggi che si lasceranno scoprire e comprendere solamente dopo ripetuti ascolti. Quanto appena detto viene ben rappresentato dalla title track, con il suo inizio che riporta alla mente i Sanctuary di “Into the Mirror Black”, pronta a diventare diretta nella strofa, lasciando poi spazio al lato più introspettivo e oscuro della band, grazie a un tetro arpeggio di chitarra e a un gran lavoro di basso nella parte centrale, ritornando diretta e in your face dopo gli assoli, inserendo alcuni passaggi intricati. Ma come non nominare ‘IV – Logic of Nonsense’ o ‘Panic Generator’, canzoni caratterizzate da una continua evoluzione, che mescolano sapientemente aggressività, ansia e melodia, tracce cui risulta impossibile resistere. Stesso discorso va fatto per la strumentale ‘Fifth Dimension’, in cui la band, se servisse ancora sottolinearlo, esibisce una prestazione tecnica di assoluto livello.

 

Proprio la prestazione dei singoli rappresenta un punto di forza dell’album. Ottima la prova della sezione ritmica, in cui spicca il neo arrivato Giorgio Mina al basso. Le linee vocali di Gerardo De Feo vivono e comunicano le sensazioni trasmesse dalla storia narrata, integrandosi con le musiche decisamente meglio rispetto a quanto mostrato nel precedente “Cosmic Gateway to Infinity”. Ma è il lavoro delle due asce, Paolo Porro e Marco Colombo, a fare la differenza. Solistica semplicemente impeccabile, un riffing che segue alla perfezione l’evoluzione del concept, diventando preciso e tagliente, “folle”, cupo rispecchiando la successione degli eventi. Altro elemento degno di nota è la scelta dei suoni, per quella che si rivela la migliore produzione fin qui avuta dagli Ancient Dome, frutto dell’ottimo lavoro di mixing e mastering svolto da Sverker Widgren presso i Wing Studio a Stoccolma.

 

Con “The Void Unending” gli Ancient Dome realizzano un disco che li proietta verso nuovi orizzonti, mostrando un songwriting ispiratissimo e, soprattutto, tanta personalità, caratteristiche che fanno ben sperare per il futuro della band. Sul valore del quintetto non avevamo mai avuto dubbi, ma se fino a questo momento si erano rivelati un’ottima promessa, ora, forse finalmente consapevoli delle proprie capacità, riescono a rendere concrete e reali le aspettative che avevano fin qui creato. “The Void Unending”, nei suoi oltre quaranta minuti di durata, sprigiona passione, entusiasmo, istinto, maturità e, soprattutto, tanta abilità, sia tecnica che compositiva. Un lavoro che saprà soddisfare più palati: da quelli più fini a quelli in your face, passando per gli amanti delle sonorità più classiche a quelli che prediligono composizioni più articolate. Un disco completo che, come sottolineato in sede di analisi, riesce ad apparire semplice a un primo ascolto, per poi svelare nuovi dettagli di sé, un po’ alla volta. Un album da avere. Ottimo lavoro Ancient Dome, avanti così!

 

Marco Donè

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