Recensione: The Worst Form Of Life

Di Gianluca Fontanesi - 25 Giugno 2018 - 0:02
The Worst Form Of Life
Band: Chronic Hate
Etichetta:
Genere: Death 
Anno: 2018
Nazione:
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75

Il secondo album dei veneti Chronic Hate, registrato e ultimato in ben tre studi, è un ottimo lavoro che farà sicuramente felici tutti gli appassionati di sonorità estreme di un certo tipo. La band di Bibione ci offre e ci confeziona un perfetto prodotto da spiaggia da ascoltare sotto l’ombrellone mentre si sorseggia una cassa di birra con gli amici. Il genere? Death metal, ovviamente! Cosa credevate? The Worst Form Of Life spara nei padiglioni auricolari dell’ascoltatore dieci cartucce di brutalità ben dosata gestite da gente che sa fare il proprio mestiere, senza scendere a nessun tipo di compromesso. Mettiamo quindi da parte le contaminazioni, la melodia, le clean vocals ed entriamo nell’ottica della più classica delle palate tra i denti.

Il death metal dei nostri è ben concepito, ben suonato e assolutamente di matrice americana; nei dieci brani a loro disposizione, i Chronic Hate danno sfoggio a tutto il loro arsenale e si rendono protagonisti di una buona prova corale. La sezione ritmica pesta come un’ossessa ed è sempre piuttosto tirata e soffocante come il genere richiede: raddoppi di cassa fulminanti, 2/4 velocissimi, blast beat urticanti e chi più ne ha più ne metta. La prestazione di Marco è un tritacarne e, stranamente, si sente anche il basso! Le chitarre hanno un riffing molto basato sui tremolo e sul groove a base di power chord pennati in tutte le maniere possibili; le armonizzazioni sono ben fatte e piuttosto canoniche per il genere. C’è una piccola scopiazzata ad Hammer Smashed Face in Procreator Of Pain ma sono cose che capitano. La voce di Andrea è ovviamente basata al 100% su growl e brutalità massima e la scelta paga rendendo il tutto senza via di scampo; la lingua scelta dalla band è l’inglese con l’eccezione di Stato Di Agonia, cantata in italiano e posta alla fine dell’opera. L’unica cosa che non ci ha convinto appieno del disco sono i finali dei brani, non sempre ispirati e che in un paio di casi avrebbero goduto di miglior fortuna; si tratta comunque di un’osservazione marginale che non va ad intaccare il valore complessivo dell’opera.

C’è un’aria strana di questi tempi nel nord Italia, ed è un’aria che sta portando death metal di un certo livello in molte regioni e che non ha nulla da invidiare ai pilastri del genere. I Chronic Hate si inseriscono nell’insieme e hanno tutte le carte in regola per poter ambire ad una buona vita internazionale on the road. Bisognerà in futuro lavorare per rendere il sound riconoscibile e unico e offrire qualcosa di più rispetto ad uno standard che comunque rimane alto; tutto sommato però The Worst Worm Of Life rimane un lavoro per cui andare fieri, prodotto in maniera immane e che moltissime band possono solo sognare. Attendiamo con ansia la fatidica prova del terzo album, per adesso però godiamoci questo calderone di soddisfazioni con un plauso anche all’ottimo artwork ad opera di Fabrizio Casasola, consigliato!

 

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