Recensione: Theli

Di Alessandro Calvi - 19 Giugno 2004 - 0:00
Theli
Band: Therion
Etichetta:
Genere:
Anno: 1996
Nazione:
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90

Theli, un nome e un album che non si può non associare ai Therion. L’album della definitiva consacrazione e probabilmente quello più noto al pubblico della band di Christofer Johnsson. È anche l’album che ha fatto un po’ storcere il naso ai fan degli inizi di carriera perché, benché il gruppo non sia mai rimasto attaccato a un certo sound, ogni album è infatti un’evoluzione, un cambio di rotta rispetto al precedente, questo è il disco che segna definitivamente il distacco dal genere death che ne aveva segnato gli esordi.

Preceduto di alcuni mesi dal singolo The Siren of the Woods, questo Theli si propone come un’opera magniloquente di musica classica e sinfonica associata ai classici riff metal. Un numero straordinario di bassi, baritoni, tenori, soprani e alti hanno prestato la propria voce a questo album. Tutte le partiture di musica classica sono realizzate con tastiere e synth, ma sinceramente non ce ne si accorge quasi, tale è la portata delle emozioni suscitate da questa musica. Oltre alla band vera e propria, è consistente anche il numero degli ospiti di questo album, a partire da Dan Swano, presente in tutte le linee vocali non liriche. Un disco insomma grandioso sotto tutti i punti di vista, sia per la musica che propone, che per il numero di musicisti coinvolti nel progetto.
Johnsson, da sempre deus-ex-machina della band: compositore, chitarrista e cantante, tende a limitare sempre più la propria presenza dietro al microfono, come già aveva mostrato nel precedente Lepaca Kliffoth, e in questo disco ormai si limita solo a sporadici passaggi growl. Il suo è sempre più un ruolo esclusivamente compositivo e di gestione del gruppo, le linee vocali sono sempre più, e quasi esclusivamente, destinate ai cori e alle voci liriche.
Effettivamente tale è il valore, il lavoro, la grandezza di questo album, che più che un album di musica metal con inserti classici, pare quasi un’opera lirica a cui si è deciso di aggiungere ritmiche, chitarre e tastiere di stile metal. Proprio per questo motivo è anche davvero difficile riuscire ad etichettare questo disco perché a mio avviso non appartiene a nessuna corrente metal, se non per una parentela molto alla lontana con il gothic per un sound a tratti dark.

Dal punto di vista della produzione, l’album risponde perfettamente alle esigenze che tali composizioni richiedevano. Una produzione potente, piena, con le voci e i cori lirici tenuti nella dovuta considerazione senza per questo concentrarsi esclusivamente su quelli. Anche chitarre, basso, batteria, tastiere e voci growl e pulite hanno il giusto peso nell’economia del mix e non suonano mai fuori posto o false. Creano invece il giusto contraltare o il giusto tappeto sonoro per le composizioni sinfoniche e le linee vocali liriche che sono il punto di forza e il centro attorno a cui si sviluppa Theli.

Dal punto di vista delle critiche, beh, paiono praticamente inesistenti di fronte a un simile lavoro. Solo i più pignoli potrebbero trovare qualcosa da ridire, e in tal caso sicuramente non riguardo all’album in se. Se una critica è riscontrabile può essere fatta tutt’al più al packaging del disco. Sia la copertina che l’interno del booklet è infatti graficamente piuttosto scarso se non addirittura mediocre. Di certo nella realizzazione di questo album non si è puntati tanto sull’attirare l’attenzione del pubblico con una bella copertina o altri effetti speciali, ma solo sulla qualità del prodotto musicale. Personalmente sarei anche d’accordo che tutti gli album avessero una minore qualità grafica se fossero tutti belli come Theli. Come si dice, si vorrebbe sempre la moglie ubriaca e la botte piena, anche se spesso non è possibile. Per cui a volte è solo un sogno un album bello da sentire e bello da vedere.

Per concludere, si tratta di un album da avere. Lasciate perdere le etichette dei generi, sia che ascoltiate black, grind, power, thrash, doom o metal classico, lasciate da parte quello che pensate degli altri generi e ascoltate questo disco. Non pensiate che si tratta di un album che appartiene a un genere che non vi piacerà mai, perché fareste il grosso sbaglio di sottovalutarlo. Ed è uno sbaglio che chi si definisce un ascoltatore della buona musica non può permettersi di compiere.

Tracklist:
01 Preludium
02 To Mega Therion
03 Cults of the Shadow
04 In the Desert of Set
05 Interludium
06 Nightside of Eden
07 Opus Eclipse
08 Invocation of Naamah
09 The Siren of the Woods
10 The Grand Finale – Postludium

Alex “Engash-Krul” Calvi

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