Recensione: Third Wish

Di Matteo Lavazza - 19 Aprile 2004 - 0:00
Third Wish
Band: Feinstein
Etichetta:
Genere:
Anno: 2004
Nazione:
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80

David “Rock” Feinstein è un chitarrista che ha avuto il picco della sua notorietà verso la fine degli anni ’70 inizio anni ’80 con band come ELF o The Rods, e che vanta, sempre sul finire dei seventies, anche un paio di singoli come solista.
Si ripresenta oggi al grande pubblico con questo album in compagnia di un vocalist d’eccezione come John West e con Joey De Maio (bassista dei Manowar) in veste di produttore esecutivo, in virtù credo della profonda amicizia che lega i due.
Questo “Third Wish è aperto da “Regeneration”, un ottimo pezzo in tipico stile U.S. Metal, che mi ha riportato alla mente i Riot di album come “Inishmore”, una canzone potente e tirata ma contraddistinta da una classe e da un senso della melodia che fanno sì che il brano iesca a colpire decisamente nel segno.
In tutto il lavoro la classe e l’esperienza di un musicista del calibro di David Feinstein si fanno sentire, come l’indiscussa abilità di John West alla voce, pezzi come “Rebelution”, più lento della prima traccia ma sempre convincente grazie all’ottimo lavoro in fase di songwriting ed alle melodie davvero avvincenti, “Streaming Star”, canzone a metà strada tra certe cavalcate tipicamente Metal e un gusto seventies abbinate quasi alla perfezione, “Rule the World”, altro brano in cui la potenza e l’energia che non dovrebbero mai mancare a pezzi Metal si sposano alla perfezione con melodie ed arrangiamenti davvero fantastici, “Masquerade”, brano che riporta alla mente certe cose dei Priest anni ’80 ma con forse meno irruenza e più attenzione a certi particolari, almeno nel riff portante, “Live to Ride, Ride to Live” con un ritornello davvero spettacolare e con un lavoro in fase solistica di Feinstein davvero magnifico e la conclusiva strumentale “Inferno” in cui tutti i musicisti coinvolti nel progetto danno prova del loro indubbio talento e delle loro altrettanto indubbie doti tecniche, su tutti oltre al solito chitarrista spicca l’ottimo lavoro del batterista Nate Horton, ma anche Jeff Horwell al basso, bellissimo lo stacco solista a metà canzone,, e Bob Twining alle tastiere non sono da meno.
La vera forza di questo disco sta comunque nel riuscire a non cadere mai di tono, di non avere brani messi li giusto per riempire un po’ più di spazio sul cd, il lavoro in fase compositiva del gruppo è infatti sempre e comunque di ottimo livello nonché abbastanza vario per far sì che l’attenzione dell’ascoltatore non venga mai meno.
I suoni sono davvero molto belli, questo “third Wish” riesce infatti a coniugare una produzione decisamente pulita ad un suono “caldo” che riesce a trasmettere davvero delle emozioni, al contrario di molte produzioni fin troppo perfette che al giorno d’oggi si sentono anche troppo spesso.
Come ho già detto tecnicamente la band è davvero di alto livello, pur non lanciandosi mai in virtuosismi esasperati e fini a se stessi i  musicisti riescono sempre a trovare la giusta soluzione per ogni canzone, in modo da mettere sempre in primo piano il lavoro d’insieme.
Questo disco è stato per me una sorpresa davvero gradita, conoscevo poco David Feinstein e sinceramente credevo di trovarmi davanti ad un lavoro che suonava un po’ troppo old fashioned, invece il buon David è riuscito a coniugare quelle che sono indubbiamente le sue radici musicali a soluzioni molto attuali, dando vita ad un disco che riesce ad essere piuttosto originale nella sua classicità, e secondo me questo non è poco.

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80