Recensione: Tief.Tiefer

Di Damiano Fiamin - 3 Ottobre 2014 - 10:11
Tief.Tiefer
Etichetta:
Genere: Avantgarde 
Anno: 2014
Nazione:
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71

A distanza di tre anni dal precedente “Moral & Wahnsinn”, tornano alla ribalta i tedeschi Die Apokalyptischen Reiter; forse per farsi perdonare la lunga assenza, i funambolici acrobati musicali irrompono nuovamente sulle scene con un doppio CD, ben venti tracce che superano complessivamente i 75 minuti di musica. Ma cosa ci possiamo aspettare da questo album? I precedenti capitoli della discografia del gruppo ci avevano abituato a una follia stilistica basata sull’imprevedibilità. Ai componenti della band, infatti, l’idea di metal è sempre stata piuttosto stretta; spaziando allegramente dall’heavy più classico al thrash più spedito, i nostri non hanno mai disdegnato sfrontate incursioni in territori musicali talmente alieni tra di loro da far storcere parecchi nasi puristi: dal jazz al flamenco, passando per la tecno e il pop più scanzonato, nulla è rimasto intentato. Sebbene i risultati di questi ibridi non siano sempre stati all’altezza, i DAR hanno sempre mantenuto un livello produttivo piuttosto alto. Come saranno andati questa volta? Cosa si saranno inventati per mantenere alta la propria reputazione? Non resta che accendere lo stereo e scoprirlo.

Come accennato, “Tief.Tiefer” è un album doppio.  I due aggettivi che compongono il titolo, in effetti, sono anche i marcatori che distinguono i due episodi costitutivi del prodotto: “Tief” è un disco di inediti, simile, almeno a livello ideale, ai precedenti nati dalla fervida mente dei tedeschi; “Tiefer”, invece, è una raccolta di rivisitazioni in chiave acustica di brani già pubblicati in passato.

A livello contenutistico, “Tief” è esattamente quanto ci si poteva aspettare da un nuovo album dei DAR. Undici pezzi ben suonati che, con estrema disinvoltura, scavalcano qualunque confine musicale, innestando su una solida intelaiatura metal elementi imprevedibili, dall’indie rock più ruvido all’elettronica made in Germany. Su un tappeto pompante e rutilante di note sparate a mille, non possono mancare i momenti più intimi e rilassati; l’alternanza di growl, scream e voci pulite è, a ben vedere, uno dei marchi di fabbrica nella produzione della band.
Tutto fantastico, dunque? Alla grande come sempre? In realtà, no. Ogni tanto, il meccanismo creativo del quintetto si inceppa e l’esito appare pretestuoso; non ci troviamo mai innanzi a un qualcosa di suonato male ma, piuttosto, assistiamo a delle forzature, a degli inserti la cui presenza è difficilmente spiegabile e puzza un po’ di riempitivo.  Brani come “Ein Vöglein” non sono all’altezza della band e, pur non affossando il prodotto finale, non contribuiscono ad aumentarne di certo il livello.

L’analisi di “Tiefer” è solo in apparenza facile. Se, di primo acchito, si potrebbe facilmente liquidarlo come un semplice divertissement, un esperimento ludico di una band che si sollazza a reinterpretare i propri brani, la realtà è più complessa. I nostri non si limitano a prendere una chitarra per proporre delle versioni da spiaggia dei loro pezzi preferiti; al contrario, pur epurando le canzoni da qualunque sfaccettatura elettrica, approfondiscono e rivivono le tracce, attualizzandole e riscoprendole alla luce della maturità conseguita in questi quasi quindici anni di onorata carriera.
Inutile nascondere che, in alcuni casi, il risultato è discutibile, soprattutto per quei brani che, già in principio, non erano propriamente esplosivi (qualcuno ha detto Terra Nola?). Complessivamente, però, si ha la sensazione di avere tra le mani un prodotto ponderato, quasi filosofico, una riflessione, pur anche noiosa, su quanto è stato; facendo il punto, i membri della band mostrano agli ascoltatori cosa li ha portati fino a lì. Capendo le basi, possiamo farci un’idea del futuro.

 “Tief.Tiefer” è un bel disco. Rispetta ampiamente le aspettative e, anche se arranca in alcuni momenti, contiene degli episodi particolarmente riusciti. Alcuni dei brani presenti sarebbero potuti essere sfrondati dalla scaletta definitiva ma, probabilmente, questo avrebbe alterato la struttura doppia che, oltre a portare un indubbio vantaggio commerciale, è necessaria a livello contenutistico. Se avete apprezzato i precedenti capitoli della discografia della band, non rimarrete delusi da questo nuovo nato in casa DAR. Per tutti gli altri, il discorso è semplice: come sempre, il quintetto richiede una certa apertura nei confronti delle ibridazioni musicali. Se non apprezzate le commistioni, è meglio che vi teniate al largo. Se, invece, non vi fate troppi scrupoli e siete curiosi di ascoltare qualcosa di diverso dal solito…beh, fatevi sotto!

Damiano “kewlar” Fiamin

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