Recensione: Time

Di Fabio Vellata - 4 Settembre 2014 - 0:01
Time
Band: Destiny
Etichetta:
Genere: Power 
Anno: 2014
Nazione:
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78

Interessante scoprire, in questa atipica estate, come nel lontano e spensierato Costa Rica non solo si giochi – ahinoi – un ottimo calcio, ma si sappia suonare pure un dignitosissimo e coinvolgente Power Metal.

Non è esattamente terra devota ai suoni della classicità heavy, quella compresa all’interno dei confini del piccolo paese centro americano. Eppure, con un semplice album autoprodotto, sprovvisto di qualsiasi supporto discografico e distribuito con la sola attività di contatti diretti promossa degli stessi membri della band, i newcomer Destiny riescono nell’ardua impresa di dimostrare come la globalizzazione abbia condotto – oltre ad una serie indefinita di sconquassi – anche alla possibilità concreta di uscire allo scoperto per chi, per questioni logistiche, si trova necessariamente più penalizzato.
Ma soprattutto rende giustizia all’ancor più difficile compito di testimoniare come il talento e la voglia di Metal possano nascondersi ovunque. Anche in una nazione ben lontana dalla nomea di culla dei suoni heavy.

All’ottimo singer Anton Darusso ed alla compagine costaricana bastano soli sette brani per definire il proprio stato di competenza e bravura. Nati dalle ceneri dei Forever Lost e parecchio influenzati da Helloween, Symphony X, Gamma Ray e Stratovarius (non a caso il nome del complesso richiama da vicino quello di uno dei maggiori successi della band di Timo Kotipelto), il sestetto caraibico si presenta con un profilo qualitativo tutt’altro che dozzinale, lasciando intendere – pur se in una natura del tutto artigianale – una cura per i particolari ed i dettagli che definiremmo esemplare.
Ottimi suoni (nulla da invidiare a produzioni “maggiori”), buon artwork, songwriting di livello medio alto e doti strumentali/artistiche quasi sorprendenti nel mostrarsi di grado “superiore”.

È, tuttavia, proprio il frontman Anton Darusso a centrare la performance da ricordare.
Quante volte abbiamo incontrato buoni dischi, tragicamente naufragati sotto il pesante deficit inferto da una voce non all’altezza? Innumerevoli…
Ebbene questa volta risulterà del tutto gradevole scoprire come lo sconosciuto mr. Darusso sia in possesso di corde vocali da premier league, al punto da vedersela, occhi negli occhi, senza nessun timore reverenziale, con l’eccellenza di Russell Allen e dello stesso Kotipelto, muse ispiratrici di un’impostazione potente ed espressiva, priva di sbavature, solida e “maschia”.
In generale è comunque diffuso un taglio di elevata professionalità in tutti i fondamentali: le accese trame chitarristiche intessute dalla coppia Alan Murrillo e Cristian Jimenez riscontrabili, ad esempio, in un brano quale la conclusiva title track “Time”, offrono il polso di quanto sia comprovata l’esperienza tecnica che risiede alla base della proposta dei Destiny, equamente supportata dalle tastiere di Alejandro Amador e dall’essenziale sezione ritmica di Rubèn Hernandez e Danilo Ramirez.

Una manciata di canzoni per urlare al mondo le proprie capacità, in cui, incastonata come un gioiello, riluce – oltre ad una riuscita cover di “I Want Out” degli eterni Helloween – la splendida “I Saw An Angel Cry”, traccia drammatica, solenne e di classe sopraffina, nobilitata da un coro/ritornello centrale davvero meritevole di paragone con i migliori episodi targati Symphony X, epoca “Twilight In Olympus”.

Destiny from Costa Rica: piacevole scoperta che arriva da molto lontano per abbracciare suoni di concezione decisamente europea e nordica.
Gli appassionati di settore facciano – per quanto possibile – un sondaggio, dimenticando magari le remore calcistiche dettate da strascichi mondiali.
Non ci sarà da pentirsi…

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