Recensione: Time Capsule

Di Elena Pisu - 13 Giugno 2016 - 12:00
Time Capsule
Band: Lita Ford
Etichetta:
Genere: Hard Rock 
Anno: 2016
Nazione:
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75

Lei è una delle icone Heavy Metal al femminile. Impossibile pensare agli anni ’80/’90 senza pensare alla “Steel Lady” per eccellenza: parliamo ovviamente di Lita Ford. Fondatrice, insieme alla “nera” Joan Jet di quelle pazzoidi rockers note a tutti con il nome di Runaway. Bene la signora del metallo è tornata a far parlare di se dopo ben anni anni dalla pubblicazione di quel disco che personalmente ritengo un capolavoro: “Living Like a Runaway”. Lita oggi torna con “Time Capsule”, uscito con il supporto di SPV / Steamhammer.

“Time Capsule” è  un vero e proprio “ritorno al passato”, come lo ha definito Lita e vanta dei guests di tutto rispetto come Billy Sheehan (basso), Rodger Carter (batteria), Dave Navarro (mandolino), Jeff Scott Soto (voce), Rick Nielsen e Robin Zander (cori) e Gene Simmons (basso e voce).
L’album è una sorta di memoria storica che contiene vecchi brani scritti da Lita nei lunghi anni della sua carriera. Brani inediti che aspettavano solo il momento giusto per vedere finalmente la luce ed essere incisi. La prima cosa che lascia sicuramente impressionati è la freschezza e la modernità (concedetemi il termine) che essi trasmettono tutt’ora, nonostante siano passati decenni dalla fase di scrittura alla registrazione.

“Time Capsule” si apre con un Intro stile luna park, con una nenia musicale in stile IT e con un dialogo/sfuriata di un padre contro la figlia ribelle (Lita), che fugge da casa a bordo di una roboante Harley Davidson.
Sulle prime sembra che questo piccolo intro sia un pò fuori posto, ma ha una sua connotazione sopratutto “emotiva” sulle esperienze passate di Lita.

Il primo pezzo che troviamo in “Time Capsule” è “Where Will I Find My Heart Tonight”, che farà gioire tutto gli amanti delle care e vere Ballads in Lita-Style. In cui non poteva mancare un grandissimo duetto che in questo caso vede Jeff Scott Soto fare un pò l’Ozzy della situazione. Jeff con la sua voce che si abbina perfettamente a quella di Lita e dà quel tocco in più a tutto il pezzo, sottolinenando la grandiosa parte ritmica e dando al brano quel tiro musicale molto americano che ci piace tanto. La chicca in questa canzona sta anche nella presenza di Chris Holmes (ex W.A.S.P ed ex marito di Lita) alla chitarra, particolare sonoro che sicuramente non farà rimanere indifferenti agli amandi del buon e genuino Rock sound. Sonorità che continua, anche se in forma nettamente più tranquilla, quasi Country, in “Killing Kind”, che ci fa cambiare completamente toni e atmosfere. Infatti ci addentriamo in un mondo nuovo, fatto di un Rock minimalista, puro e accattivante con un fantastico  Billy Sheenan, il poliedrico Dave Navarro e, a fare da completamento in tutte la parti corali, troviamo Robin Zander e Rick Nielsen dei Cheap Trick. Tutti loro rendono questo pezzo assai difficile da togliere dalla mente, grazie a una melodia semplice e un ritornello che subito ti ritrovi a canticchiare.

Lita nella sua carriera musicale ha sempre avuto una bravura innata, ovvero quella di saper scrivere, probabilmente, le ballad piu belle per quel periodo storico e infatti non poteva certo mancare la super ballad anche in questo suo nuovo lavoro. Ed eccoci serviti in un vassoio foderato di velluto rosso scarlatto “War of the Angels”. Una tenerezza sonora che culla anima e mente verso un senso di tranquillità. Un pezzo che ti scalda dentro  e in cui la melodia è parte essenziale e inscindibile.

Con “Black Leather Heart” secondo me, cominciamo a  toccare l’apice di “Time Capsule”. Con i suoi riff grintosi e il suo fare “ringhiante” è sicuramente uno dei pezzi “diamante” della discografia di Lita. tre minuti di pura teatralità musicale e di un groove che ti avvolge e trascina con sé. Dalla maestria di Billy Sheenan, che rende tutto perfetto, veniamo trasportati verso un nuovo mondo, quello della superlativa “Rotten to the Core”, che senza problemi può erigersi in vetta come  il “pezzone riempi pista” di questo disco. Hard Rock  semplice e d’effetto che richiama i tempi d’oro della Sunset Boulevard. Come non potrebbe poi essere la punta di diamante un pezzo cosi, quando hai un “personaggio” chiamato Gene Simmons e un Bruce Kulick alla chitarra. Gli anni Ottanta rivivono in questa canzone!

In “Time Capsule” Lita ha volutamente non voluto dare una connotazione temporale e uno stile predefinito alla successione dei pezzi che lo compongono, difatti ci troviamo a cambiare genere, o meglio sonorità. E lo facciamo con  una cover strumentale  di Hendrix e la sua “Little Wing”, in cui Lita fa tornare in primo piano la  chitarra, in questo caso quella di Kulick con un assolo da lasciare senza fiato.

Devo dire che è abbastanza traumatico lasciare la lentezza e la quiete e ricevere in pieno viso uno schiaffo con “On the Fast Track”, altro brano strumentale che vede Jimmy Travis al basso e Lita alla chitarra. Lita si trasforma quando ha la possibilità di sfoggiare la sua abilità come chitarrista ed è estremamente accattivante e sexy. “Breve” ma intenso come direbbero molti… Mai mi stancherei di sentire Lita suonare.

Ora le luci si abbassano  le candele si accendono e “King of the Wild Wind” ha inizio, per un ennesimo viaggio sonoro. Un altro risvolto di quella medaglia chiamata Lita. Una ballad di chiaro stampo Blues/Rock in cui Lita mette in mostra le sue doti di cantante, con punti in cui la sua voce si fa spigolosa e graffiante, tra tutti i crescendo e decrescendo sonori all’interno della canzone! “Mr. Corruption” è un pezzo con sonorità volutamente “sporcate”, con una serie di coretti alla Red Hot Chili Peppers, che a tratti sembrano completamente fuori posto. Sicuramente un pezzo di difficile assimilazzione e, a mio dire, lo vedo un pò come il classico pezzo “tappabuchi” che fa scendere  la qualità di “Time Capsule”. Ma è anche vero che un disco perfetto difficilmente potremmo trovarlo, o perlomeno io non l’ho mai trovato.

Stiamo arrivando alla conclusione di questo nuovo grande ritorno della “Regina del Metal”.

“Anything for the Thrill” è il pezzo che va a chiudere “Time Capsule” e che chiusura ragazzi! Il Groove è di quelli che ti fa sempre e comunque muovere un arto o la testa, sopratutto per le parti di chitarra assolutamente Rock Sleazy dall’odore californiano che ancora una volta ci butta sulla Sunset Boulevard. Rock e divertimento allo stato puro.

“Time Capsule” è assolutamente un grande lavoro. Ruvido e onesto. Può piacere o non piacere. Ma Lita Ford non ci ha mai abituato alle mezze misure e forse è stata questa anche la sua forza. Da sempre o la ami o la odi.

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