Recensione: Time To Burn

Di Andrea Loi - 27 Luglio 2006 - 0:00
Time To Burn
Band: Giant
Etichetta:
Genere:
Anno: 1992
Nazione:
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92

Chi se l’ aspettava?

Questo disco targato 1992, rappresenta una gemma di inestimabile valore che vide la luce in anni dove il rock melodico in generale attraversava un periodo di crisi (anche creativa…) con il Grunge che spadroneggiava nelle chart di tutto il mondo, incontrando i gusti dei teenager improvvisamente trovatisi a voltare le spalle alle sonorità che negli anni ’80 dettarono legge.

Dopo un primo ottimo album intitolato “Last of the Runaways” uscito nel 1989 i Giant, band dedita ad un hard rock melodico con venature AOR, replicarono tre anni più tardi con il loro capolavoro confermando i propositi del brillante esordio, ma apportando anche una notevole maturità e solidità a livello di songwriting. E’ quasi superfluo ricordare che ci troviamo di fronte a dei signori musicisti, in grado di sfoderare un’ottima tecnica senza tralasciare la fondamentale componente “melodica”.
Se di AOR non si può parlare, in quanto l’ approccio fa riferimento a una certa tradizione americana impostata su chitarre granitiche e con le tastiere appena in secondo piano (ma che, è bene sottolinearlo, rivestono una componente importante nel completamento del sound del gruppo), a posteriori possiamo tranquillamente affermare che ci troviamo di fronte a uno “standard”, un “marchio di fabbrica” a livello di sound, da cui una miriade di gruppi, a partire dalla seconda metà degli anni novanta, quando cioè il genere ha ripreso un po’ quota, hanno attinto.

Il quartetto capitanato dai fratteli Dan e David Huff (rispettivamente voce/chitarra e percussioni), si avvale del bassista Mike Brignardello e del bravissimo tastierista Alan Pasqua. In sede compositiva poi, un certo Van Stephenson è coautore nel full length di pezzi da novanta come l’opener briosa e rocciosa (ma allo stesso tempo cadenzata e keys-oriented!) “Thunder Lightning”, della magica e vincente “Stay” (riproposta anni dopo in versione acustica nel convincente “Live and Acoustic” del 2003), per finire alla struggente ballad “Lost in Paradise”, cui è impossibile non attribuire lo status di capolavori.

Finito? Nossignori. Andatevi ad ascoltare la ritmata e “sudista” “Chained”, oppure l’hard rock chitarristico della titletrack (dal sapore vagamente vanhaleniano…).
Oppure che dire delle melodiche, più su territori prettamente AOR, “I’ll Be There (When It’s Over)”, “Witout you” e “Save Me Tonight”? Quest’ultima, che raggiunge l‘apice nel chorus, dove la superba e calda voce di Dan si lascia avvolgere da dalle backing vocal da brivido, va citata anche perché è una delle song in cu la tecnica e la padronanza strumentale del gruppo risaltano maggiormente.

Lascio il resto alla vostra voglia di riscoprire un album che rappresenta ormai un classico. Uno dei migliori album hard-rock/AOR degli ultimi vent’anni e forse il mio preferito del genere.
Ora aspettiamo con ansia il quarto capitolo in studio della saga. Chissà…

Line-up:

Dann Huff – Lead vocals, lead guitars, backing vocals, additional keyboards
Alan Pasqua – Keyboards, backing Vocals
Mike Brignardello – Bass, backing vocals
David Huff – Drums, percusion, backing vocals

Discografia:

Last of the Runaways (1989)
It Takes Two plus Giant Live! (1990)
Time to Burn (1992)
III (2001)
Live and Acoustic (2002)

Ryche74

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