Recensione: Tip Of The Tongue

Di Emanuele Villa - 16 Giugno 2012 - 0:00
Tip Of The Tongue
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Anno: 2012
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65

Per qualcuno, il tempo sembra non passare mai. Qualcuno come Dennis Develin, per esempio: il rocker danese ha confezionato “Tip of the Tongue” con lo scopo di farci riassaporare un po’ di sano glam degli anni ’80, aggressivo nei testi e sufficientemente “Raw” in termini di pura musicalità. E ci è riuscito con una spontaneità quasi disarmante. D’altronde, il suo curriculum parla chiaro: colpito al cuore dai Motley Crue e dal “Sixx” lifestyle negli anni ’80, Develin vive oggi in un mondo parallelo fatto di rock ‘n’ roll, ladies of the eighties, party infiniti, alcol e moto di grossa cilindrata. E se da un lato questo fa sorridere, pensando a quanta strada ha fatto l’universo musicale nelle ultime tre decadi, dall’altro non si può che apprezzare l’assoluta naturalezza e il carattere genuino/nostalgico di questa produzione. Perché qui non siamo di fronte a un album che affonda le proprie origini nel passato (come moltissime produzioni AOR) e le mescola con le sonorità e il gusto del nuovo millennio, ma di una produzione che, fosse datata 1988, nessuno avrebbe nulla da eccepire.

Tratti caratteristici dell’intero album sono una pasta sonora ruvida e aggressiva, testi diretti e “senza troppi giri di parole” (i riferimenti sessuali sono ovunque), enfatizzati dall’ugola caratteristica di Develin che dà un’impronta particolare a canzoni che di sicuro non fanno perno sull’originalità.

Develin non è un gran cantante, diciamocelo, ma il tono ruvido, rauco e a tratti stridulo del cantato riesce ad affascinare proprio per la sua assoluta naturalezza: di sicuro, dal vivo è come su disco. I riferimenti sono ovunque: dai WASP ai Warrant, da Lemmy ai Kiss ai Motley Crue prima maniera. Le danze (o, meglio, il party) si aprono con “All you got”, che con la sua ritmica trascinante, la struttura melodica semplice e il testo colorito, ben rappresenta l’intero album. Niente di brillante, originale o che non si sia già sentito, ma bastano pochi secondi per notare quel carattere di genuinità di cui si è detto: Develin è uno che ci crede fino in fondo, ci mette l’anima nella sua musica, vuole vivere la più profonda esperienza rock con tutti i suoi eccessi. Stesso discorso per “A backsite fighter”, dove il tema sessual-erotico è nuovamente protagonista ma l’impianto melodico è più elaborato e senz’altro più attraente. Poi i toni si fanno cupi sul serio in “Can’t die fast enough” (“I got a gun, I got a knife. A rope and a noose and an alibi …”) e tornano rapidamente sulla linea d’onda precedente con le eloquenti “Ladies of the Eighties”, dove si scorge anche una forte venatura “kissiana” oltre a una discreta dose di ironia (“Today we got the Internet but we’re only touching ourselves”) e “Pussy as a friend”, il cui titolo, da solo, dice davvero tutto.

In sostanza, una produzione discreta ma dedicata a pochi. Genuina, piacevole, autoironica in determinati frangenti, ma al tempo stesso di difficile comprensione per i più. È un disco volutamente datato, old fashioned e che trae proprio da questo il suo fascino: alcuni commentatori sostengono che con un cantante migliore, “Tip of the Tongue” avrebbe svoltato, noi crediamo che uno dei punti di forza sia invece proprio la particolarità timbrica del suo protagonista.
Meritevole di un ascolto, difficilmente verrà ricordato.

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Tracklist:

01. All You Got
02. A Backseat Fighter
03. Afraid
04. Can’t Die Fast Enough
05. 2805
06. M.F Man
07. Pussy Of A Friend
08. Never Let You Go
09. Birds Of Fire
10. Ladies Of The Eighties (Bonus Track)

Line Up:

Dennis Develin – Voce / Basso
Jonas Roxx – Chitarre / Cori
Tommy Wortmann – Chitarre
Tommy Hansen – Tastiere / Hammond / Cori
C.S. Hermansson – Batteria

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