Recensione: Totem

Di Tiziano Marasco - 22 Gennaio 2017 - 11:00
Totem
Band: Pervy Perkin
Etichetta:
Genere: Progressive 
Anno: 2016
Nazione:
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75

Una MarsVoltata. Non ci sono altri impatti per definire la sensazione che si prova trovandosi davanti la copertina di Totem, secondo album dei Pervy Perkin. Un teocallo, una foresta, una figura umanoide e una animalesca: elementi che riportano alla memoria il video di Televators, con il quale il gruppo di El Paso aveva presentato il proprio debut The Loused in the comatorium. 

Da El Paso non vengono però i Pervy Perkin, ciò nonostante permane la matrice ispano-latina, essendo i nostri un quintetto con base tra Murcia e Madrid. Oltre a questo, Totem è il loro secondo album. Il primo, Ink, è uscito nel 2014 e si segnala per i suoi 137 minuti di durata, e anche qui continuano le affinità con la Volta. Totem è più contenuto: 9 pezzi per 79 minuti, 61 dei quali occupati da tre suite (hai mica detto niente).

Ma qui, in linea di massima, si fermano le analogie. Gli spagnoli infatti si attestano su un progressive non particolarmente hard, ma sicuramente atipico, con le tre cavalcate, “I believe”, “mr. Gutmann” e “T.I.M.E.” che spaziano – e a volte induriscono – tra Transatlantic, the Tangent e the Flower Kings. 

Sonorità che passano con naturalezza dal prog anni 70, con momenti bucolici, immancabili omaggi ai Gentle Giant, aperture spaziali e improvvise strizzate d’occhio a elettronica e indie rock. Su questo si inserisce un pezzo in tutto e per tutto bislacco come “KountryKuntKlub”, improbabile incrocio tra progressive e NOFX più cazzoni. Viene poi Hypocondria che mischia Beatles, punkabillyemoskacore e interludi psichedelici. In pratica tutto quello che va da un Devin Townsend relativamente melodico (tipo addicted) e l’interludio di Interstellar overdrive (Pink Floyd).

Ora l’obbiezione logica che può sorgere è: “ma non ci sarà un po’ troppa roba?”

E in effetti l’obiezione ha un suo perché, ed è un ulteriore punto di contatto con i bei tipi citati in apertura. L’incredibile altalena di cambi di ritmo e di genere, i lunghi intervalli strumentali, ma più di tutto quei maledetti 79 minuti di durata fanno di Totem un disco piuttosto ostico da digerire in un’unica tranche, e senza svariati ascolti. 

Rimane però l’indiscutibile freschezza dei pezzi presi nel singolo e l’incredibile maturità di scrittura dei Pervy quando si tratta di comporre melodie facili e linee vocali accattivanti. Un disco dunque, che pur avendo velleità di piacere ad un vasto pubblico, è destinato preminentemente a dei proghettoni incalliti. Che pur tuttavia non mancheranno di innamorarsi di questa sbobba torrenziale e assai fuori dagli schemi.  

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