Recensione: Tragic Soul Symphony

Di Luca Montini - 14 Marzo 2016 - 0:00
Tragic Soul Symphony
Band: Ghost City
Etichetta:
Genere: Power 
Anno: 2015
Nazione:
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70

Album di debutto per i Ghost City, band nata dalle ceneri degli Orion (gruppo pavese formatosi nel 1999 che ha pubblicato l’ottimo EP “Illusory Existence” nel 2002, prima dello split) e che propone un metal sinfonico che spazia dall’heavy al power fino a qualche potente incursione nel thrash; promossi da Underground Symphony. Il quintetto è pertanto composto da parte della formazione degli Orion: Emanuele Torchio (basso), Raffaele Salomoni (chitarre) e Alessandro Battini (tastiere), ai quali si aggiungono Francesco Civardi (voce) e Paolo De Vecchi (batteria). L’artwork cinereo che incarna l’anima tragica e sinfonica di “Tragic Soul Symphony” è opera dell’artista francese Alexandra V Bach (Kamelot, Adagio); il disco è stato registrato all’Elfo Studio di Daniele Mandelli in quel di Piacenza, mentre il mastering è opera del grande Jens Bogren ai Fascination Street Studio in Svezia (Symphony X, Moonspell, Katatonia), da tempo una garanzia di elevatissima qualità per il metallo internazionale.

Inserito il disco nello stereo, la sensazione è quella di trovarsi avvolti nelle inquietanti e stranianti tenebre di un film di Tim Burton. Le influenze di band come Savatage e Lingua Mortis Orchestra si sentono, alle quali aggiungerei anche la piacevole complessità delle suite dei primi Helloween, con le scorribande in doppia cassa e gli arrangiamenti sinfonici accompagnati dal riffing deciso, con Francesco Civardi che già dall’opener “Hipocrisy” e dalla successiva “Nobody Will Hear You” alterna strofe altissime ad acuti spettrali. Sempre raffinati gli inserti orchestrali che sottolineano l’ottimo lavoro di Alessandro Battini alle tastiere, spaziando dal pianoforte all’organo ai synth.
Tempo di rifiatare per il primo bano scritto dalla band, e dal quale prende il nome: il mid-tempo “Ghosts (From your Inner Abyss)”. 
Vetta compositiva dell’album a parere di chi scrive, “Sleeping Black Beauty”, che coi suoi quasi sei minuti porta all’apice la componente heavy ed orchestrale. Il disco procede su questi binari fino alla chiusura dedicata al celebre poeta inglese “Lord Byron”, con qualche gradevole inserto neoclassico alla chitarra, e con la presenza al microfono di Roberto Quassolo (Dark Horizon) in qualità di ospite d’onore.

Il debut “Tragic Soul Symphony” riesce pertanto a convincere per la personalità che i ragazzi riescono ad infondere alla proposta musicale, in un ibrido non comune di atmosfere cinematografiche oscure ed inquietanti, riffing serrato, cavalcate power, sfuriate thrash e linee vocali altissime. Non resta che attendere il disvelamento di nuove aree da visitare in questa tenebrosa città fantasma, da affrontare con lo spirito curioso ed affascinato di chi non teme le tenebre.

Luca “Montsteen” Montini


 

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