Recensione: Transposed Emotions

Di Roberto Gelmi - 8 Aprile 2015 - 12:00
Transposed Emotions
Band: Secret Rule
Etichetta:
Genere: Heavy 
Anno: 2015
Nazione:
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60

Disco d’esordio per i romani Secret Rule, fautori di un metal sui generis che miscela elementi heavy, industrial e pop, con un tocco di musica elettronica, senza disdegnare il lato acustico e il gusto della melodia.
Nati all’inizio del 2014, la band è capitanata dalla voce caratteristica di Angela Di Vincenzo (Kyla Moyl e special guest per i Kaledon) e guidata dal mastermind e chitarrista Andy Menario (Martiria), che ha lavorato von Vinny Appice (Black Sabbath, Dio), Jeff Pilson (Dokken, Foreigner) e Carlos Cavazo (Quiet Riot). La line-up è completata dal bassista Michele Raspanti (Graal) e dal batterista Ruben Ramirez (Myr). Il gruppo ha pubblicato tre singoli tra novembre e febbraio: “True Friend”, “Secret Place” e “I don’t wanna be”, poi confluiti nell’album che ci apprestiamo a commentare.

Transposed Emotions è stato registrato nel 2014, prodotto mixato e masterizzato agli Antfarm Studios in Danimarca da Tue Madsen (Halford, The Haunted, Mnemic, Hatesphere, Ektomorf), mentre l’artwork del disco è stato curato da Midria (con risultati sconvolgenti).
Pubblicato lo scorso sedici febbraio per Rocksector Records, il disco si presenta come un concept lato sensu, che analizza lo stato della società attuale con un parallelo a un’era post-apocalittica (per ulteriori dettagli rimando al sito ufficiale della band e al booklet). Al centro, l’umanità annebbiata da una depressione dilagante, causata da un virus genetico: unica speranza alcuni custodi della ‘regola’, immuni alla pandemia, che costituiscono i Secret Rule, gli eletti che potranno riaprire le porte della mente e del cuore.
Come s’evince, il concept punta su un filone sci-fi legato alla biologia, richiamando videogiochi come l’indimenticato Deus Ex o i film fantascientifici di Ridley Scott. In questo senso la presenza di tastiere e musica elettronica ben si sposano con il concept

Veniamo alla musica.
Tutto inizia con una voce distorta a scandire il titolo dell’album. Segue un attacco al fulmicotone: “The Journey” è il biglietto da visita dei Secret Rule. Il sound messo in campo è accostabile a un heavy/power metal dalle ritmiche quadrate, arricchito da arrangiamenti di tastiera e linee vocali mai banali. Angela, infatti, conferisce riconoscibilità al gruppo, interpretando un refrain ficcante, ma, spiace dirlo, sulle note più alte non dimostra la necessaria incisività.
Dopo una risata inquietante, “The Sin” continua il tracciato sonoro dell’album e le liriche sono cupe («You were the perfect woman but you had to ruin everything»). Le linee vocali, più contenute, risultano vincenti (chi ha detto Lacuna Coil?), così le  pulsanti parti di basso che donano spessore al pezzo, impreziosito anche da un assolo araboide di chitarra acustica.
Attacco à la Awake per “True Friend”: Angela cerca una resa mimetica dei testi, ma non brilla per istrionismo; si rifà per nel ritornello, tra i migliori del platter. Comunque originale la positività della musica e la corrosività dei testi: «Swim in yout swamp, search for your doll, hold her strong». Nel finale una voce infantile crea atmosfere horror. Note acustiche in avvio di “Lifeless” e vocalizzi fatati. A metà del secondo minuto irrompe un riff solenne, poi tutto continua in crescendo, con alcuni bending pleonastici della 6-corde. Un brano retrò ma ben suonato.
Il tema di tastiera che apre “Sensation”, pezzo più breve in scaletta, è magnetico e robotico. Di nuovo è proposta un’atmosfera soffocante: «My feelings are rarefied air, that you breathe deeply inside yourself». Il comparto ritmico si ripropone prepotente, ma sa quando tenersi in disparte per lasciare spazio ai synth, che riescono a evocare  sapientemente quadri pomposi. Angela in questo caso resta in secondo piano. Sul finale un breve assolo dilatato, ma niente di epocale.
Ai limit dell’heavy più puro (Iced Heart in primis) l’inizio cadenzato di “I Don’t Wanna Be”, song che trasmette un sano senso d’irritazione per tutti gl’insipidi del mondo («I don’t wanna live as you do»). Il refrain è orecchiabilissimo e nei secondi conclusivi Ramirez si scatena alle pelli.
Siamo a metà album: non possiamo dirci scontenti di quanto ascoltato, ma d’altra parte intuiamo che il resto del platter non regalerà altre emozioni, ma scorrerà prevedibile. “Sleep Forever” conferma l’assunto: ennesimo brano ben strutturato, ma senza particolare genialità. Apparente isola felice, invece, la successiva “Reena”, con musica elettronica e chitarra acustica (che ricorda i Vision Divine) nei momenti iniziali. Tutto sembra preludere a un crescendo d’emozioni, ma Angela è di nuovo troppo esile sugli acuti. L’assolo centrale di chitarra non risolleva le sorti del pezzo, che risulta complessivamente troppo anodino nonostante il finale circolare. “My Doors” regala qualche sussulto nel refrain e nell’assolo di rito, ma gl’inserti d’elettronica questa volta sono troppo prevarticanti.
Giungiamo agli ultimi tre brani. “Secret Place” presenta una doppia cassa inflazionata e l’ansare di Angela ricco di pathos; “Vision” ripropone le tinte angelico-acustiche e si rivela una ballad di valore, tra i momenti migliori dell’album, peccato solo per la collocazione penalizzante in scaletta. “Dawn Of Crisis”, infine, chiude il cerchio senza sorprese, tra furia metal e improvvise schiarite acustiche. Queste le ultime parole dei testi, manifesto di mero titanismo: “Until the world will live, my eyes will see / who is guilty, who kills my dreams, where’s my life”.

Che dire in conclusione? Siamo di fronte a una dozzina di brani che presentano una forma canzone lineare, intro a impatto, e sono indubbiamente ben suonati. Il punto è che manca il guizzo d’originalità che i Secret Rule devono ricercare per emergere dalla massa. La produzione delle ritmiche di chitarra, inoltre, non è impeccabile, l’interpretazione di Angela scostante. Alcuni difetti a fronte, però, di un album complessivamente sufficiente, vuoi per l’attenzione riservata al concept, vuoi per la riuscita ibridazione di tastiere e chitarre acustiche con musica elettronica e metal. Questa la strada su cui devono insistere i romani.
Auguriamo loro ogni bene e un felice tour tra tra maggio e luglio, alla prossima!

 

Roberto Gelmi (sc. Rhadamanthys)

 

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