Recensione: Trauma Gallery

Di Andrea Bacigalupo - 22 Giugno 2018 - 8:30
Trauma Gallery
Etichetta:
Genere: Thrash 
Anno: 2018
Nazione:
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73

La grandezza del Metal Scandinavo è una cosa certa; è una terra che ha dato e sta dando tanto, soprattutto se si parla di Black e di Death. Anche le band di Thrash Metal dicono la loro, ad esempio gli ‘Home Style Surgery’, provenienti dalla Finlandia e nati nel 2008.

La loro esperienza discografica è formata da ben quattro demo, due EP, un singolo e due album: il primo, dal titolo ‘Paimfilled Noise’, del 2013 e il secondo, ‘Trauma Gallery’, pubblicato il 25 maggio 2018 attraverso la label nostrana Punishment 18, che difficilmente sbaglia il colpo nel fare le sue scelte.

Così ha fatto anche questa volta mettendo sotto contratto gli Home Style Surgery, il cui Thrash suscita molto interesse.

Difatti, pur se lo stesso è fortemente influenzato dall’Old School della Bay Area, prendendo ispirazione da gloriose band quali Megadeth, Death Angel e Testament, la voglia di essere originali ed unici la fanno sentire in ogni brano, senza snaturarne il genere.

Prima di tutto, il combo è dotato di un vocalist, Joel Mäntyranta, che usa la sua voce naturale, sulla scia di James Hetfield e Joey Belladonna (anche se ha bisogno di lavorare ancora sodo per giungere a tali livelli), senza sforzarla o modificarla per apparire a tutti i costi cattivo. Ha una buona estensione e riesce a trasmettere profonde emozioni e, se a volte, si lancia in un growl (‘The Red Ripper Case’, ‘Beware the Lurkers’) od in un semi scream (‘Trauma Gallery’) lo fa per intensificare l’atmosfera e non per nascondere difetti o limitazioni.

La seconda particolarità è il lavoro svolto dalle due asce (Jussi Keränen e Joonas Hiltunen), che sostengono, per la maggior parte dell’album, una ritmica asincrona che aumenta l’energia dei pezzi. In molti casi, poi, una chitarra solista accompagna il canto, rafforzandone l’enfasi. In più si sentono slanci progressive e psichedelici mischiati alla rabbia del Thrash che aumentano l’univocità degli artisti.

Un modo di suonare che non è di tutti: tecnico ma non troppo sperimentale da risultare noioso. Di sicuro non è uno scopiazzare quello che è già stato fatto, ma un buon tentativo evolutivo e di ricerca dell’originalità.

Certo non tutto è perfetto, ma le poche discrepanze non sono evidentissime e danno il valore di ‘vero’ al disco.

L’album dura una quarantina di minuti ed è composto da otto tracce.   

L’inizio è affidato alla dinamica ‘Explore the Dimensions’, potente ma melodica, basata sulla velocità, con strofe arrabbiate e decise e su un buon cambio di tempo che conduce ad un assolo grave ed a strofe rassegnate.

Segue ‘Atomosophobia’, che ad alta velocità segue le orme degli anni ’80, con furia e determinazione.

Sachiko Ever After’ è pestata anche se meno violenta, con fraseggi di chitarra Progressive. Anche lei è molto articolata e dinamica, sostenuta da una buona base tecnica che si evidenzia soprattutto nella sezione musicale orientaleggiante, che spezza la velocità.

La quarta traccia è ‘The Red Ripper Case’, quasi in stile tecno-thrash con cambi di tempo che vanno dal veloce al tempo medio pesante, con un rallentamento improvviso reso maligno dalla voce growl che poi cambia infondendo un senso di disperazione, infine il brano riprende la sua tessitura e termina con un assolo.

La seconda parte del platter inizia con ‘Beware the Lurkers’, dall’inizio oscuro e grave è un tempo medio articolato e pestato che poi accelera senza esasperare. La sezione musicale è trascinante, avvicinandosi quasi alle sensazioni date dal Death Metal.

Haunted Mindscape’ ha un inizio che tende al psichedelico, poi passa al tempo medio che si alterna con la velocità. Molto valido è l’assolo, dotato di molta melodia.

Verge of Confrontation’ è invece velocissima, con un intermezzo lento. Qui la passione per i pionieri del Thrash è viscerale.

Infine ‘Trauma Gallery’ chiude i lavori: una suite Thrash di oltre nove minuti che offre un po’ di tutto: oscurità, tecnicismo, velocità, chitarre che si scambiano le parti di assolo, potenza, malignità e tanta melodia.

Concludendo, ‘Trauma Gallery’ è un album composto da buone canzoni, con la principale caratteristica di voler uscire dagli schemi per far evolvere un genere senza snaturalo. Forse, se queste idee uscivano negli anni ’90, il periodo di crisi del Thrash non sarebbe stato così intenso.

Complimenti alla Punishment 18, che ha scovato un gruppo che è sulla giusta strada per avere un buon futuro. Vediamo cosa succederà. Per ora non lasciamoci sfuggire ‘Trauma Gallery’ ed ascoltiamolo con intensità.

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