Recensione: Traumaturgic

Di Stefano Risso - 13 Maggio 2006 - 0:00
Traumaturgic
Band: Mothercare
Etichetta:
Genere:
Anno: 2005
Nazione:
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70

A distanza di due anni dal debutto discografico segnato con Breathing
Instructions
(del 2003), ritornano sulla scena i veronesi Mothercare,
dandoci in pasto un succulento assaggio delle buone capacità della band, ovvero
questo Traumaturgic.

Veniamo subito al dunque: dieci tracce proiettate verso una rivisitazione in
chiave moderna di un certo thrash metal, con vari inserti hardcore, protese a
sfiancare l’ascoltatore con il proprio incedere claustrofobico, mai troppo
veloce, in cui le varie influenze dei nostri vengono messe a servizio di una
stesura organica dei brani. Principali protagonisti del disco sono i numerosi
tempi pari che formano lo scheletro della maggior parte delle canzoni,
variamente cadenzati e sincopati l’un l’altro, su cui si inseriscono di volta in
volta degli elementi ben congeniati tali da diversificare sufficientemente i
brani, rendendoli stimolanti ascolto dopo ascolto. Mi riferisco ad esempio alla
buona prova vocale del singer Guillermo Gonzales, dal timbro vocale
decisamente versatile, o agli indovinati inserti strumentali maggiormente
introspettivi. Ma quello che più premia questo lavoro è la complessiva qualità
del songwriting, che riesce nell’intento di appesantire e rendere ostico
l’ascolto senza eccedere in soluzioni (come ad esempio l’uso reiterato di riff
cadenzati) che potrebbero a lungo andare annoiare l’ascoltatore.

Ad onor del vero non posso non segnalare che qualche singolo episodio meno
felice potrà essere sicuramente perfezionato in futuro, i quali, fortunatamente
per i Mothercare, si profilano probabilmente sotto il piano
dell’inesperienza, e che comunque non intaccano mai l’esito generale dei brani
presenti. Partendo da Apnea in poi, si susseguono tracce che offrono
diversi spunti di interesse, dalle accelerazioni granitiche (che ricordano
lontanamente i pattern “circolari” di gruppi come i Sepultura ad esempio)
di Learn To Die Slowly, alla partecipazione del compianto Mieszko
Talarczyck
(Nasum) ad urlare dietro al microfono in SenseSeedSex,
dall’inquietante introduzione recitata in giapponese (una soluzione tanto
insolita quanto appropriata per l’occasione) e dal break dal lontano gusto jazz/fusion
di TraumaturGod, fino alla bella cover dei Napalm Death, Breed
To Breathe
e alla conclusiva NQNL, impreziosita da un pregevole
assolo di Davide Tiso degli Ephel Duath.

Un disco più che sufficiente insomma, che seppur con alcune piccole forzature
da identificare nella carente fluidità di alcuni frangenti, ci regala l’immagine
di una band sicuramente dotata di buone idee e con ampi margini di
miglioramento. Il classico disco che con una produzione più “patinata” e con un
passaporto diverso (magari nord europeo) sarebbe diversamente preso in
considerazione. Bravi!

Stefano Risso

Tracklist:

01. Apnea
02. Learn To Die Slowly
03. SenseSeedSex
04. TraumaturGod
05. Days Of The Mangler
06. Kurokiroku
07. Slow Shadows
08. Reverse Vortex
09. Breed To Breathe
10. NQNL

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