Recensione: Twilight Of The Idols

Di Mauro Gelsomini - 7 Aprile 2002 - 0:00
Twilight Of The Idols
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Anno: 1999
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70

Esordisco col comunicarvi che presto anche il secondo lavoro del gruppo americano troverà posto nella mia collezione. Sono fin troppo convinto che non bisogna prestare orecchio più di tanto ai giudizi della stampa del settore, e più volte questa mia convinzione è stata confermata dalle riviste che voi e io stesso leggiamo regolarmente. Sapete meglio di me che l’ Heavy Metal è uno degli ambienti in cui meglio attecchiscono pregiudizi e luoghi comuni, e per questo, spesso, è difficile pescare dal calderone le perle migliori. Sebbene io lo pensi profondamente, non vorrei esortarvi direttamente a credere che siamo davanti a una delle rare mosche bianche di un panorama che sta innegabilmente subendo una dolorosa (per me) trasformazione. Questi ragazzi si presentano al loro pubblico con una dichiarazione, che mi prendo la briga di tradurre interamente: “C’era una volta un tempo in cui l’Heavy Metal regnava ovunque e la creatività fioriva poiché i musicisti riuscivano ad esternare le loro più barbare e rumorose fantasie. Poi calò l’oscurità sul mondo del rock and roll, e il ronzio monotono e incessante di musicisti non ispirati creò una sorta di nichilismo musicale, forzando l’ Heavy Metal alla clandestinità. Ma verrà un giorno in cui il Metal risorgerà quale vero governatore della musica moderna, e riporterà la cultura al mondo occidentale. Fino ad allora, siamo destinati a vivere nell’ Età Oscura.” A questo punto i soliti bacchettoni (non temete, sarete sempre in ogni mio intervento) diranno frasi del tipo “I soliti esaltati”, “L’ennesimo concentrato di cliché”, “Appena leggo True Metal mi vengono i brividi” (ma questi non sono per caso luoghi comuni?), e, fortunatamente, ce li perdiamo subito, come al solito… Quindi procediamo ad esaminare la sostanza, cioè ad ascoltare questo benedetto disco! Vorrei essere capace a descrivere con le parole le sensazioni, soprattutto quando ho a che fare con dischi che mi stravolgono l’anima, come questo. Ho vissuto un’ora di un’intensità ai limite del credibile, con il cuore a dominare i miei sensi, piuttosto che la ragione. Non credo affatto che gli Slough Feg siano dei geni. Sono semplicemente dei nostalgici, come lo sono io. E ricordano a tutti che i Warlord entrarono nel mito con le loro cavalcate (poi seguiti dai Maiden e tutta la NWOBHM), che i Manowar di Into Glory Ride segnarono un’epoca e una generazione assieme a Manilla Road e Cirith Ungol. Ancora… con “Bi-Polar Disorder” sentirete i Black Sabbath urlarvi nelle orecchie la loro immortalità, e ancora, di seguito, intrecciandosi, Maiden, Judas Priest… Per qualche minuto ho creduto di impazzire… In sostanza un gradito, INTELLIGENTE (chi ha detto Pegazus?), ritorno alle origini, anzi, più che un ritorno, una reminiscenza incorniciata, ciliegina sulla torta, da stupendi echi celtico-irlandesi, come la meravigliosa folk-ballad “Brave Connor Mac”… Ovvio, di cose cattive su questo disco ne potete dire a volontà, e se fossi solo un po’ insoddisfatto sessualmente (e non solo) probabilmente direi anche io che “Sarebbero serviti degli approfondimenti lirici o percussionistici” ma il mio cuore ancora funziona troppo bene per non apprezzare una tale timbrica vocale (niente a che spartire con i frocetti che girano di questi tempi) o determinate scelte ritmiche. Il mio cuore VUOLE GODERE! METAL TO THE END!

Tracklist:

1. Funeral March
2. Highlander
3. High Season II
4. The Pangs of Ulster
5. Brave Connor Mac
6. The Wickerman
7. Slough Feg
8. The Great Ice Wars
9. Life in the Dark Age
10. Warpspasm
11. Bi-Polar Disorder
12. The Wizard’s Vengeance
13. We’ll Meet Again

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Genere:
Anno: 2003
90