Recensione: Twilight of the Thunder God

Di Daniele Balestrieri - 24 Ottobre 2008 - 0:00
Twilight of the Thunder God
Band: Amon Amarth
Etichetta:
Genere:
Anno: 2008
Nazione:
Scopri tutti i dettagli dell'album
85

Thor che combatte contro la serpe di Midgard in uno scontro di immane potenza: il punto di rottura del Ragnarok, e il cuore della produzione degli Amon Amarth, giunti al settimo full-length ufficiale. Da un pugno di fans nel 1998 a una marea di affezionati dieci anni più tardi, la fama dei cinque svedesi è in crescita costante e ogni mossa fa parlare, discutere e inneggiare ai nuovi signori del Viking metal che conta, di quel Viking scevro dal folklore intimamente nazionalista norvegese e che punta le spade su impalcature rocciose costruite su corde sferzanti e vocals brutali tipiche del death di lignaggio svedese.

Dopo il pensieroso Fate of Norns, disco che sulla lunga distanza potrebbe rivelare soprendenti qualità di persistenza, e l’immediato With Oden on Our Side, è giunta l’ora dell’album che mischi nuovamente le carte in tavola e che dimostri un’altra faccia della sorprendente vena creativa di Hegg e soci: l’album che fonde con sapienza epos e thanatos, strizzando l’occhio destro ai fans di vecchia scuola, quella pre-Versus the World per intenderci, e l’occhio sinistro ai neofan cresciuti a pane e strepitosi bagni di folla germanici consumati alla luce di fiammate alte come un palazzo di sette piani tra il clamore dell’esercito degli Jomsviking – un’immagine di gloria impensabile anche solo qualche anno fa.
Band che hanno raggiunto simili vette non possono permettersi di sbagliare: l’ascoltatore medio moderno che usa e getta dischi come fossero panini di un fast food ha bisogno di un’opera che rimanga impressa nella memoria sin dal primo ascolto e per gli Amon Amarth questo non è mai stato un problema. Nella loro testa ormai risuona la litania del disco orientato al live a ogni costo, perché per tutte le band che non si chiamano Bathory un live vale più di milioni di parole stampate e di voci di corridoio. Partendo da questo pressupposto, tracce come “Guardians of Asgard” trovano immediatamente il loro perché: la canzone è già riverberata in pieno effetto arena e garantirà fiumi di sangue tra il pubblico.

Visto il basso profilo di cui ancora gode la band nonostante la fama acquisita, la domanda che brulica è la stessa da un paio di album a questa parte: gli Amon Amarth si sono “ruffianizzati”? Oltre alla forza motrice endemica che inoppugnabilmente li conduce in avanti fin dai tempi di Thor Arise, e che è sempre rimasta la stessa, il loro modo di fare e di suonare è stato in qualche modo condizionato dalle pressioni della Metal Blade, che ha puntato ogni sforzo, economico e sociale, sulla riuscita della propria band di punta?
Sì e no. Il discorso sembra fine a se stesso ma la sospetta immediatezza di With Oden on Our Side aveva lasciato qualche strascico di polemica.
Quando vidi il primo concerto degli AA, nel 2001 in Repubblica Ceca, Hegg era davanti a 30 persone e cantava con i jeans. Un anno più tardi, a Bresso (MI), cantava sempre con i jeans. Sette anni più tardi canta appollaiato su un drakkar circondato di martelli di thor e con un armamentario di corni che non sfigurerebbe nella cantina di un macellaio argentino.
Cos’è cambiato? Il Viking vende, l’attitudine (la famosa “personalità” la cui latitanza è sempre fonte di pollice verso nel campo della critica musicale) aiuta a elevarsi dalla folla delle band simili e a farsi riconoscere come “loro, i cinque giganti svedesi, i manowar del viking” e loro ne hanno giustamente approfittato. Ma a parte l’esasperazione della loro figura, dalla quale è sparita ogni traccia di quella golardicità ben testimoniata, per esempio, dalla leggendaria impressone di Olavi Mikkonen nel libretto di Once Sent from the Golden Hall, gli Amon Amarth mantengono ancora la maggior parte della genuinità intellettuale che li ha sempre contraddistinti. I testi dei loro primi due album possono tranquillamente sembrare usciti da un album del 2008, e nonostante il vago tentativo di gettare sulle braci un po’ di cultura con tracce più impegnate come “Varyags of Miklagaard” o “Hermod’s Ride to Hell”, gli Amon Amarth rimangono sempre quelli di “The vikings can feel/victory is near/As the enemy headlessly flees” – ovvero sangue, guerra, orgoglio nordico, adesso come dieci anni fa.
Il pericolo, in buona sostanza, di trovarsi di fronte a una band di plastica costruita a tavolino al momento è decisamente scampato.

Certo il movimento c’è stato: canzoni mediamente più brevi, continue fucilate senza però quella fastidiosa impressione di incompletezza che pervadeva With Oden on Our Side come una impalpabile nebbiolina inquietante. Twilight of the Thunder God è senza dubbio un album decisamente più compatto del suo predecessore; i brani si susseguono con una soluzione di continuità invidiabile e proprio l’apertura-bomba della title track non lascia spazio a dubbi: il picco che con l’album precedente si era raggiunto in Asator, qui sembra quasi merce comune. Grande inventiva, riff costruiti ad hoc scivolano senza intoppi creando un’opera finale ricca e piena di sfaccettature.
Certo la voce di Hegg non è più la stessa di Sorrow Throughout the Nine Worlds e questo ha contribuito a una leggera flessione stilistica: la necessità di esasperare il lato bellico della band l’ha costretto a negligere l’incidenza dello scream e ad approfondire notevolmente il growl, riducendo per forza di cose l’ampiezza delle ottave a disposizione della sua ugola – e questo è chiaramente percepibile durante i concerti, ove le maggiori difficoltà sono rappresentate proprio dalle canzoni più datate o dalla durata eccessiva della performance. Un Hegg stanco è in grado di torturare le canzoni in modo evidente, e questo non dev’essere passato inosservato durante le sessioni compositive della band.

Lo spazio destinato alle parti più melodiche è stato infatti discretamente ridotto in favore di una specie di rinnovato gusto per il “death rappato” che fa tanto Sepultura ma che trovo irritante negli Amon Amarth. Certo non è la prima volta che la band svedese si cimenta in questo stile, ma il riff post-introduttivo di “Guardians of Asgard” fa sanguinare le orecchie e il ritornello di “The Hero” potevano tranquillamente risparmiarselo. Per fortuna l’impatto ostile di questi riff smozzicati svanisce con il passare delle settimane d’ascolto, ma non v’è dubbio che gli Amon Amarth possono fare di meglio e hanno fatto di meglio con l’ottima bestia da live “Where is your God“, tutta muscoli e niente cervello, e l’eccellente “Live for the Kill“, impreziosita nel suo ultimo minuto dal violoncello degli Apocalyptica che trascina l’intero brano verso i vertici più violenti di tutto l’album.
Il rovescio della medaglia è rappresentato da un trittico particolarmente pensieroso – sempre per gli standard degli Amon Amarth, s’intende – dominato dalla marziale “Tattered Banners and Bloody Flags“, dalla già citata “Varyags of Miklagaard” e soprattutto dalla magnifica, emozionante chiusura di “Embrace of the Endless Ocean“, i cui toni struggenti e spasmodica epicità fanno tornare alla mente i capitoli più felici e acclamati della loro carriera.
Twilight of the Thunder God è un album di cui bisognerebbe essere fieri: ogni brano fa storia a sé ed è parte di un organismo completo e pulsante: i brevi punti più anonimi come la solita “The Hero” o “No Fear for the Setting Sun” da soli non riescono a gettare in ombra un album a tutti gli effetti brillante, ricco di sfaccettature e che diverrà uno dei preferiti dalle grandi folle.

La veste dell’edizione speciale è quanto di più lussuoso si possa richiedere a una band di tale calibro: una scatola in formato libro con le pagine separate da due sottocopertine di carta velina; un fumetto intero originariamente serializzato in quattro capitoli sulle pagine della rivista inglese Terrorizer disegnato e dipinto da Lucio Parrillo, artista già famoso per le sue illustrazioni di Magic: the Gathering. un intero DVD live senza particolari pretese registrato al Summer Breeze del 2007 e, udite udite, un terzo CD contenente la traccia audio del DVD, il che lo rende a tutti gli effetti il primo CD live ufficiale degli Amon Amarth. Il tutto al prezzo contenuto di 25 euro e per chi volesse farsi del male, l’edizione extra lusso comprende cinque statuine raffiguranti i cinque prodi svedesi con la testa a molla.

Un album che cresce con gli ascolti, che fa urlare al cielo con Twilight of the Thunder Gods, al mare con Embrace of the Endless Ocean e al fuoco con Where is your God; immediato ma non incompleto, pensieroso ma non strascicato. L’esperienza della band è in piena maturazione, e se questi ne sono i frutti, ben vengano gli Amon Amarth del 2008. La riprova del successo di quest’album è la continua disamina su quanto sia diverso rispetto ai precedenti, su quanto sia cambiata la band in 10 anni e su che posizione occupi quest’ultimo lavoro nella grande scala delle opere Amarthiane, unita certamente alla sempiterna caccia alla “canzone migliore” che infuria nell’ambiente dalla data di release. Dividerà certamente i fan, ma senza diventare un album dei Metallica diviso tra amore incontrollabile e odio feroce. Tanto fermento e tanta voglia di discutere su un semplice album di death metal non possono che confermare che, come al solito, la classe non è acqua. Finché il fuoco dell’ispirazione continuerà a ruggire, Hegg e compagni terranno strette le redini del successo.

Daniele “Fenrir” Balestrieri

Discutine sul forum nel topic relativo!

TRACKLIST:

01. Twilight of the Thunder God
02. Free Will Sacrifice
03. Guardians of Asgaard
04. Where is Your God?
05. Varyags of Miklagaard
06. Tattered Banners and Bloody Flags
07. No Fear for the Setting Sun
08. The Hero
09. Live for the Kill
10. Embrace of the Endless Ocean

CD Bonus “Live at Summer Breeze 2007”:

01. Intro
02. Valhall Awaits Me
03. Runes To My Memory
04. Cry Of The Black Birds
05. Asator
06. Pursuit Of Vikings
07. Fate Of Norns
08. Without Fear
09. With Oden On Our Side
10. Where Silent Gods Stand Guard
11. An Ancient Sign Of Coming Storm
12. Victorious March
13. Death In Fire

DVD Bonus “Live at Summer Breeze 2007”:

01. Intro
02. Valhall Awaits Me
03. Runes To My Memory
04. Cry Of The Black Birds
05. Asator
06. Pursuit Of Vikings
07. Fate Of Norns
08. Without Fear
09. With Oden On Our Side
10. Where Silent Gods Stand Guard
11. An Ancient Sign Of Coming Storm
12. Victorious March
13. Death In Fire

Ultimi album di Amon Amarth

Band: Amon Amarth
Genere: Death 
Anno: 2019
70
Band: Amon Amarth
Genere: Death 
Anno: 2016
79
Band: Amon Amarth
Genere:
Anno: 2011
81