Recensione: Unborn Again

Di Lucia Cal - 7 Novembre 2009 - 0:00
Unborn Again
Band: Whiplash
Etichetta:
Genere:
Anno: 2009
Nazione:
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75

Bay Area. Nome che suscita una certa suggestione, del resto qui tutto ha avuto inizio e la leggenda del thrash ha cominciato a infuocare gli strumenti di una manciata di musicisti che han fatto la storia. Fiamme che, tuttavia, sembravano ormai essere sopite sotto una coltre di ceneri fitte quanto la dimenticanza che ha avvolto il genere, tacciato d’aver estinto i propri tizzoni ardenti un po’ troppo precocemente. Critica azzardata e magistralmente demolita da un gruppo come i Whiplash, che attraverso questo lavoro fanno rivivere in chiave moderna un thrash dalla marcata influenza speed.

Unborn Again”. Questo il titolo dell’ultima fatica dei Whiplash, band che vede la luce nel lontano 1984, diventata leggenda nel genere speed thrash metal a partire dal 1985 con l’indimenticato “Power and Pain”. Ripiombano prepotenti sul mercato per etichetta Pulverised Records e non ci impiegano molto a ravvivare accordi scolpiti nei ricordi dei fan più nostalgici, rispolverando stilemi Old School alla più classica delle maniere come se colmassero con la più innocente noncuranza un gap di oltre 20 anni. Ricacciano con vigore nei primi Eighties attraverso una struttura intensamente tecnica apprezzabile ancor più profondamente per il significato di cui si carica il disco, riportando alla luce sensazioni tralasciate da tempo quasi evocandole attraverso il magnetismo di incipit quale “Firewater”, suggestioni tribali e native su cui prontamente si costruisce un pezzo lento, ma di una ritmica intensamente affascinante.

Rabbia, quel furore lievemente scanzonato, ma gridato con intensità, perché oggi come allora le cose non ingranano, la società si disfa e i divari fra le classi non sono mai stati così attuali: basta nascondersi sotto la finzione patinata di un lusso sfrenato, c’è da prendere la grinta di Tony Portaro e la sua modulazione vocale dai passaggi secchi e sgraziati, senza inutili decori e iniziare in maniera autentica e diretta come insegnano i Whiplash in “Swallow the Slaughter”, first track che già prelude a ciò che sarà l’album, un ben congeniato susseguirsi di ritmiche che si inseguono fondendosi in sonorità della tradizione lucidate da uno spirito ardente come quello che vive in una canzone come “Snuff”, a mio avviso una delle più riuscite dell’intero album. E’ su “Float Face down” che si comincia a correre, pezzo emblema di quello speed attraverso cui la band ha fatto sapientemente scuola infarcito di assoli da capogiro come anche in “Pitbulls in the Playground”, rapida e potente, ammalia e scaraventa in una bolgia di Headbangers dai jeans stretti e dalle chiome incontenibili. Un prodotto tipico, ed è proprio questo a caratterizzarlo di una carica del tutto particolare, come non se ne sentiva da tempo: un Rich Day che non fa certo rimpiangere il bassista Tony Bono, scomparso prematuramente nel 2002, ma vuol piazzarsi importante sulla scena attraverso giri di basso che non amano certo nascondersi, basta vedere l’intro di “Fight or Flight”. Il tutto è supportato dall’irriverente batteria di Joe Cangelosi che permette ai pezzi di mostrare una vitalità creata da up and downs rapidi e precisi alla Lombardo.

Ci sono mancati, quegli art work un po’ incerti e vagamente fumettistici che hanno affollato le covers dei nostri Eighties: i Whiplash ce ne regalano un assaggio attraverso l’espressione di figure tipiche del periodo, shorts laceri, muscoli netti, abbronzatura eloquente… Tutto rivive grazie all’intenso contributo dell’artista statunitense Ed Repka, guru consacrato al genere e padre di numerose copertine, tra le quali spicca anche la figura di Vic Rattlehead.
E’ un album che certamente non deluderà i nostalgici e i puristi dell’Old School, anche se spero venga accolto anche da coloro i quali sono più lontani da queste sonorità: questo è stato lo speed thrash, ed è così che ritorna, ricco di uno stile che si era fatto rimpiangere. “I’ve got the fire”, I’ve got  the motherfuckin’ fire strepitano i Whiplash riproponendo un successo dei Montrose. E  voi, potete dire lo stesso?

Lucia Cal

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Tracklist:
1)    Swallow the Slaughter
2)    Snuff
3)    Firewater
4)    Float face down
5)    Fight or Flight * MySpace *
6)    Pitbulls in the Playground
7)    Parade of two legs
8)    Hook in mouth
9)    I’ve got the fire
10)    Feeding frenzy * MySpace *

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