Recensione: Uncertain Future

Di Andrea Pinazzi - 20 Dicembre 2011 - 0:00
Uncertain Future
Band: Forced Entry
Etichetta:
Genere:
Anno: 1989
Nazione:
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82

Il Thrash Metal era sinonimo di immediatezza, velocità, aggressività. Diversi modi di interpretare lo stesso genere, ma la matrice comune era la medesima: picchiare forte e duro. Nella seconda metà degli anni ottanta, però, si avvertiva la necessità di andare oltre. Un bisogno artistico di innalzarsi ad un livello superiore. Nasceva il Thrash tecnico, ribattezzato poi Techno Thrash. E’ in questo filone musicale che possiamo collocare i Forced Entry, combo statunitense originario di Seattle. Cavalcando il momento particolarmente propizio, danno alla luce, nel 1989, “Uncertain Future”. Esordio “col botto”, come si suole dire, ma entriamo nel dettaglio.

Le otto canzoni che compongono il disco sono un chiaro manifesto del significato di Techno Thrash. Doppia cassa, ritmi serrati e vocals aggressive si alternano e si amalgamano a passaggi più ragionati e sperimentali. Già, sperimentazione: elemento fondamentale di questa proposta musicale. I nostri affrontano lidi fino a pochi anni prima sconosciuti, unendo complessi arrangiamenti ritmici ad una solida base Thrash.

Per comprenderne meglio il significato, basta ascoltare l’opener “Bludgeon”, con una granitica accoppiata di basso-batteria che ci avvolge nei primi secondi, per poi lasciare spazio ad un bellissimo duetto di chitarre. Le sonorità del duetto sono talmente ben concepite ed amalgamate da rapire la mente dell’ascoltatore dal mondo reale per portarla in un mondo parallelo, più spirituale che sensoriale. Ma ecco che all’improvviso arriva quell’accelerazione che fa drizzare le orecchie, per poi tornare a battere territori più pacati. Così lo stile si ripete alternandosi, causando una sorta di “effetto smarrimento” in quanto non prevedibile ed inatteso.
Non c’è tregua, è un continuo saliscendi di virtuosismi (mai fini a se stessi!) ed innovazioni compositive che proseguono nelle successive “Kaleidoscope of Pain” e “A Look Through Glass”. La prima sensazione di “stordimento” arriva con “Anaconda”. Può sembrare un sound check, può sembrare una jam session… può sembrare tutto tranne che una canzone vera. La canzone però è verissima e lo dimostra l’attacco decisamente in your face. Un sound sapientemente costruito dai tre ragazzi ci accompagna per poco meno di cinque minuti, proiettandoci verso “Octoclops”. Superbo il lavoro in fase solista ad opera di Brad Hull, vero tratto distintivo di questa canzone.
Un dolcissimo arpeggio, con suoni di brezza marina e onde che si infrangono sugli scogli di sottofondo, introducono “Unrest They Find”. Sembrerebbe essere l’immancabile ballad del disco e invece è uno dei pezzi più tirati del lotto. Un riff anni ottanta che più anni ottanta non si può, un chorus di sicuro impatto e un’immediatezza quasi inaspettata dimostrano come i nostri non abbiano assolutamente dimenticato da dove provengono. Un tributo al Thrash vecchia maniera insomma, ma con il tipico tocco dei Forced Entry.
Benvenuti su Morgulon, un mondo di fantasia dove tutto è in declino, dove la vita si sta spegnendo. Schiere di non morti e fantasmi stanno divorando il pianeta, esaurendone la linfa vitale. La traduzione in musica è perfetta: rabbia e ribellione la fanno da padrone e lo si percepisce chiaramente dalla velocità con cui si esprimono, dall’impulsività con cui questi istinti s’instradano sui binari che tracciano i percorsi compositivi del brano. Un pezzo veloce appunto, nonchè aggressivo e violento! Esempio lampante che dimostra come la capacità tecnica non pregiudichi assolutamente le “scapocciate”!
Il nostro viaggio termina con Foreign Policy, canzone di denuncia sociale (altro tema moltro trattato nell’ambito Techno Thrash), a confermare il fatto che ad una musica impegnata spesso corrispondono testi altrettanto impegnati. In definitiva, che disco abbiamo tra le mani? Un lavoro sicuramente valido, validissimo. Anche coraggioso, per certi versi. Perché esordire così, con un album non certamente di facile presa, non è semplice.

Alcuni potrebbero storcere il naso a causa di una ricercatezza musicale ben distinguibile in ogni canzone, ma non di facile assimilazione.
I Forced Entry hanno però numerosi assi nella manica. La padronanza degli strumenti, una grande perizia tecnica, ottime idee ed una visione musicale che va al di la di quella di altri gruppi loro contemporanei. Come mai dunque non hanno mai raccolto quanto seminato? Purtroppo, la scena underground è stracolma di band di assoluto spessore che per vari motivi non hanno mai raggiunto il successo meritato. Non dimentichiamoci inoltre che, anno più anno meno, venivano dati alle stampe lavori come “Never Neverland” (Annihilator), “Think This” (Toxik), “By Inheritance” (Artillery), “Rust in Peace” (Megadeth) …e la lista potrebbe continuare. Una cosa è certa: se cerchiamo della buona Musica, con la M maiuscola, acquistiamo “Uncertain Future”.

I Forced Entry non ci deluderanno, a patto di avere la pazienza e la determinazione di comprendere un genere musicale non semplice, ma che sa regalare emozioni come pochi altri.

Andrea “Blitz” Pinazzi

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Tracce:
01.  Bludgeon – 4:34
02.  Kaleidoscope of Pain – 4:20
03.  A Look Through Glass – 4:06
04.  Anaconda – 4:39
05.  Octoclops – 4:57
06.  Unrest They Find – 5:12
07.  Morgulon – 5:12
08.  Foreign Policy – 5:02
Durata: 38 minuti ca.

Formazione:
Tony Benjamin: Voce, basso
Colin Mattson: Batteria
Brad Hull: Voce, chitarre

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