Recensione: Under Jolly Roger

Di Hogan Steel - 16 Febbraio 2002 - 0:00
Under Jolly Roger
Band: Running Wild
Etichetta:
Genere:
Anno: 1987
Nazione:
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80

Non so quanto riuscirò ad essere obbiettivo
in questa recensione, adorando alla follia i pirati tedeschi guidati dal
capitano Rock ‘n’ Rolf, ma cercherò di parlarvi del loro terzo album nel
modo più imparziale possibile. Con Under Jolly Roger i Running Wild
cominciano a legare la loro immagine a quella piratesca, e consolideranno
definitivamente l’unione l’anno successivo con Port Royal.

Ci troviamo davanti ad un album di heavy metal
allo stato brado, in cui i pirati ci trasmettono una prorompente carica
energetica in ciascuno degli otto brani, un cd da ascoltare a volume altissimo
mentre ci si abbandona ad un frenetico head-banging. Nonostante i Running non
abbiano ancora raggiunto la maturità musicale che dimostreranno poi in Death or
Glory, Under Jolly Roger mostra tutti i segni dell’imminente ascesa, pianta i
semi per una crescita eccezionale. Ma rimandiamo eventuali commenti a dopo e
premiamo il tasto play del nostro lettore CD…
Ah vi cito prima un avviso sulla copertina del cd, non vorrei prendermi colpe
che non ho… (la nuvoletta gialla a destra) : “Warning : Loud Sound
Effects! No Responsability On Audio Equipment Damages”
.

Il galeone del capitano Rolf, avvolto dal
tempesta mentre cannoneggia il nemico, battezza con il piombo ed il fuoco la
title track, Under Jolly Roger. Riff di chitarra ripetuti all’estremo,
una sorta di continua cavalcata di sottofondo sulla quale il roco ruggito di
Rolf canta storie di pirati, scontri navali e arrembaggi, accompagnato nel
chorus da un coro e da bordate di cannoni, e nel finale dai suoni di uno scontro
all’arma bianca. La melodia della canzone è semplice, senza fronzoli ma
diretta ed inarrestabile, come una palla di cannone.

Con un assolo inquietante e tetro comincia
invece Beggar’s Night, sul quale si aggiunge una doppia cassa ossessiva
e massacrante, poi i riff di Majk ci accompagnano nella rivolta dei mendicanti,
nella sanguinosa notte in cui i poveri si ribellano ai loro signori massacrando
i nobili damerini e liberandosi dal gioco del potere. Ogni tanto riemerge
l’assolo iniziale, mentre la voce di Rolf manifesta quello strano potere che
le permette di sembrare da sola la voce di un intero coro di persone.

La terza traccia è forse la migliore
dell’album a mio parere, anche questa di ambientazione piratesca narra, su una
melodia heavy molto classica, riff distorti (forse in alcuni momenti un po’
troppo), l’ossessione di un pirata per un leggendario tesoro chiuso in un
baule nero, la sua eterna ricerca dei Diamonds Of The Black Chest e la
sua follia quando infine trova la cesta e la scopre essere vuota, pazzia
confermata dalla risata finale.

Non c’è molto da dire di War In The
Gutter
, come sempre un pezzo classicamente heavy, batteria in gran risalto e
chitarre in grado di passare da riff lenti e prolungati di sottofondo a quelli
velocissimi del ritornello, melodia che vi rimarrà impressa, grazie anche ad un
sapiente uso di cori non eccessivamente “pomposi” ma piazzati nel punto
giusto, e ad uno dei rari acuti a cui si abbandona la voce di Rolf.

Continua la cavalcata metallica sotto lo
stendardo del teschio passando attraverso Raise Your Fist, forse uno dei
pezzi più orecchiabili dei Running Wild, un incitazione a tutti
i metal kids alla rivolta contro le convenzioni sociali, contro chi
impedisce loro di essere come loro vogliono, un grandioso inno di libertà e di
unione per ogni true metaller. Chi di noi non ha ascoltato più e più volte la
frase “Teacher’s Gonna Break Your Balls , Don’t Expect No Fun” ?

Dimentichiamoci ora per un attimo le isole
tropicali, i cannoni dei vascelli, i pirati, mentre un vento gelido ci avvolge,
un sibilo ci pungola il cervello e il ghiaccio intorno a noi ci impedisce di
muoverci. Riff che ci portano in mente catastrofi, batteria che appare e
sparisce senza preavviso, esplosioni… un gruppo di uomini in viaggio verso il
futuro per carpirne i segreti di nuove armi di distruzione di massa. La macchina
del tempo sembra condurli in un per noi ormai passato 1999, su una terra coperta
da ghiacci eterni e popolata dai mostruosi relitti di ciò che un tempo erano
gli esseri umani, distrutti da guerre intestine, che rinfacciano agli uomini del
passato i danni che hanno causato con la loro stupida brama di potere. La
canzone finisce con l’invito dei mostri del futuro a non costruire più bombe
né armi per cambiare il destino del mondo, per evitare che esso diventi una
desolata Land Of Ice.

Il rombo dei motori di grosse moto ci guida
in Raw Ride, pezzo dalle sonorità manowariane, fin dalla prima
accelerata. Riff pesanti, bassi, quasi simil-thrash in alcune parti della
canzone, accompagnati da una batteria martellante, che non si limita mai,
neanche durante l’assolo della parte finale. Splendido l’effetto della voce
che sembra avvicinarsi in velocità per accompagnare Rock’n’Rolf nel chorus.

Non avrete neanche il tempo di respirare
quando i riff di Merciless Game vi colpiranno, nessun crescendo,nessun
preavviso, un assalto diretto ed improvviso, doppia cassa che sembra esplodere
per un testo crudo, che parla di bambini che muoiono di fame, di carestie e di
potenti che non intervengono per fermare questa insensata moria. L’assolo
finale del pezzo, nonostante ricordi molto quello presente in Return of The
Dragon, è forse uno dei più belli di tutto l’album.

In definitiva che dire? Bello, ma
soprattutto, messaggero di un seguito ancora migliore, il capitano Rolf non ci
ha certo delusi, e, dopo l’intervallo di alcuni album basati sugli ussari,
aspettiamo con fede di vederlo tornare ai fasti della pirateria con il nuovo
album, The Brotherhood, che dovrebbe uscire entro breve.
Alziamo i boccali di grog e affiliamo le sciabole, i pirati stanno tornando!

Tracklist :

Under Jolly Roger
Beggar’s Night
Diamonds of the black chest
War in the gutter
Raise your fist
Land of ice
Raw ride
Merciless Game

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