Recensione: Under The Spell

Di Fiurach - 9 Luglio 2003 - 0:00
Under The Spell
Band: Hexx
Etichetta:
Genere:
Anno: 1986
Nazione:
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92

A volte solo la storia, e quella dell’arte in particolare, riesce a dare la giusta gloria a personaggi e artisti che in attività passano quasi inosservati. Nella nostra musica questo è successo molto spesso e può essere un male o un bene dipende dai punti di vista, c’è chi preferisce essere fan di gruppi il cui successo è planetario e godono di fama e notorietà e c’è chi invece si sente fiero del fatto di amare alla follia gruppi poco conosciuti, definiti d’élite, che spesso valgono molto di più dei loro colleghi più famosi.

Gli Hexx sono proprio uno di questi, nascono in America negli ’80, e come molte altre band di quel periodo e di quella provenienza sono realizzano una carriera lampo, che porta alla realizzazione di pochi ma meravigliosi dischi, per poi sparire e diventare mito; nonostante questo in quei pochi anni riescono a creare un esercito di pochi ma accanitissimi fan che li amano alla follia.

Under The Spell è il secondo disco degli Hexx, ed è la sintesi massima di ciò che è il Power Metal americano di vent’anni fa. C’è tutto quello che rende quel genere entusiasmante: la sezione ritmica, composta da Bill Peterson al basso e Dave Schmidt alla batteria, ha la pensantezza di un carro armato con la batteria che tira cannonate per tutta la durata del disco, la voce di Dan Bryant è alta e potente che svetta su picchi incredibili, senza però perdere in termini di pathos ed espressività, e poi infine ciò che trasforma le sonorità in vero US Power metal, ovvero le chitarre di Clint Bower e Dan Watson, che sfornano tonnellate di riff incandescenti e spezzacollo, con una potenza che sembra far esplodere le casse.
Il disco si apre con Hell Riders, introdotto da un breve assolo di chitarra si evolve in un pezzo abbastanza veloce, con una batteria molto dinamica che detta continui cambi di tempo e continui assoli, davvero il pezzo giusto per aprire questo capolavoro.
Si prosegue con A Time Of War, apertura dedicata alle chitarre che danno vita ad un riff mastodontico non troppo veloce, poi sotto potenti colpi di batteria si accelera nella strofa, supportata da un guitarwork fantastico con continui cambi di tempo che ci portano in un refrain in cui la voce impazzita di Bryant la fa da padrona, ricordando il Tim Baker più stridulo.
La terza canzone, Age Of Death, si attesta sicuramente tra le migliori del lotto e probabilmente ci regala la migliore prestazione di Bryant dell’intero disco. Inizia con una intro velocissima, un po’ alla Thundersteel per capirci, per poi rellantare nella strofa e accelerare di nuovo fino alla velocità della luce nel chours (se non avete capito i continui cambi di tempo sono una vero trademark per gli Hexx), sempre ottimi gli assoli, brevi e impazziti, che potrebbero ricordare gli Slayer ma in chiave non estrema ovviamente.
The Victim continua il massacro delle nostre povere vertebre cervicali, costruita su un riff che rappresenta al meglio gli anni ’80, da luogo ad un’ottima prestazione del singer, che riesce a fondere aggressività, potenza e passione senza nessuna fatica.
Si prosegue con la title track (che ricorda gli Iron Maiden con Bruce), Out For Control e Suicide, fra continui cambi di ritmo, una batteria devastante e assoli superbi, fino ad arrivare alla fantastica tripletta finale composta da The Hexx, Fever Dream e Midnight Sun. La prima potrebbe essere il simbolo del Power Metal americano: apertura velocissima in doppia cassa, con le chitarre s’intrecciano in riff di acciaio puro, si rallenta nella strofa per poi accelerare di nuovo nel refrain con un Bryant che definirei alieno per come riesce a portare la sua voce più in alto che mai senza perdere in espressività e potenza, gli assoli come sempre velocissimi e di grande tecnica sostenuti da una sezione ritmica impenetrabile. Fever Dream la reputo probabilmente la migliore del disco: in un’apertura epica e cadenzata, con la batteria che spara vere e proprie cannonate, trova posto un riff entusiasmante e memorabile inciso nella roccia, la song poi prende forma in un pezzo epico con i soliti cambi di tempo, ottimo lavoro di Schmidt e come sempre con la voce che ci regala tutto ciò che deve fare un cantante metal.
Chiude il disco Midnight Sun, la meno veloce del disco, ma non per questo la meno bella, con il suo incedere epico e maestoso e con assoli pirotecnici da antologia.

Tirando le somme Under The Spell è sicuramente uno dei più bei dischi di Power Americano (e non solo) mai sentiti, che può trovare tranquillamente posto tra i capolavori più famosi e conosciuti del genere. Un consiglio ragazzi, fate vostro questo album (sarà un po’ difficile…) cercatelo ovunque, alle fiere in Internet… cercatelo e fatelo vostro, dopodiché preparatevi al massacro!
True Heavy Metal from the past…

tracklist:
– HELL RIDERS
– A TIME OF WAR
– EDGE OF DEATH
– THE VICTIM
– UNDER THE SPELL
– OUT FOR CONTROL
– SUICIDE
– THE HEXX
– FEVER DREAM
– MIDNIGHT SUN

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