Recensione: Undulating Waves Of Rainbiotic Iridescence

Di Marco Tripodi - 27 Settembre 2017 - 8:00
Undulating Waves Of Rainbiotic Iridescence
Band: Gigan
Etichetta:
Genere: Death 
Anno: 2017
Nazione:
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75

Da quando nel 2008 gli statuniensi Gigan si sono affacciati nel panorama metal si sono dapprima rivelati poi rapidamente imposti come una “gigan”-tesca nuova cosa in ambito avantgarde death metal. Quattro album ad oggi, uno più impronunciabile dell’altro a livello di titoli (e guardate pure le track list) che hanno scosso violentemente i techno-metalkid eventualmente addormentati…anche se, a dirla tutta, c’era poco da sonnecchiare viste le recenti uscite di Mithras, Madrost, Contrarian nonché ovviamente Vektor, solo per citare qualche nome. Il filone sci-fi gode di una discreta vitalità, anche e soprattutto in ambito progressive death metal, con tutte le declinazioni del caso dovute alle interpretazioni soggettive delle varie band coinvolte (ora più blackened, ora più psico-allucinatorie, ora ultratecniche oppure atmosferiche). I Gigan in particolare si caratterizzano per un’assoluta fedeltà al proprio monicker (che, assonanze a parte, deriva in realtà dal termine giapponese indicante il “falso occhio”, il limite dell’immaginazione), ovvero un’attitudine gargantuesca e “colossale” nella composizione ed esecuzione delle proprie canzoni.

Il logorroico “Undulating Waves Of Rainbiotic Iridescence” non fa eccezione in tal senso. Logorroico in senso buono eh, in quanto il terzetto non lesina idee, genialate e trovate in copiosa abbondanza, stratificando milioni di note, riff e drum patterns “monstre” fino allo stordimento completo ed assoluto del malcapitato avventore. Messa così, potrebbe sembrare un ascolto sfiancante (e per un neofita indubbiamente lo è), ma il debordante “polpettone” Gigan va preso in blocco e digerito come una colata lavica che vive di ogni suo incandescente atomo, fuso e combinato con gli altri, in un groviglio inestricabile, un maelstrom di antimateria liquida e soprattutto inafferrabile. Dovunque vi poniate come punto di partenza per sbrogiiare la matassa “Gigan” ne uscirete sconfitti, non c’è un Alfa e neppure un Omega, ma un flusso ininterrotto, perfettamente amalgamato nelle proprie componenti, urticante e devastante. Potentissimi, cosmici, violenti come il passaggio all’interno di un buco nero, eppure dotati di una sovraumana logica aliena, che tutto presiede, ordina e controlla secondo codici sconosciuti ai terrestri ed imperscrutabili per la nostra tecnologia ancora troppo primitiva. Le menti celesti sanno ciò che noi non sappiamo, hanno visto ciò che noi un giorno vedremo ed hanno viaggiato per gli angoli più remoti dell’universo. Il prodotto delle loro esperienze è “Undulating Waves Of Rainbiotic Iridescence“, pretendere di comprenderlo è ambire troppo in là, ciò che ci è concesso al momento è unicamente accompagnarlo nelle sue cervellotiche evoluzioni, sperando di carpirne caotiche scintille di conoscenza superiore.

Grandissimo il lavoro agli strumenti, in particolar modo mi sentirei di spendere una parola di lode specifica per il massiccio lavoro dietro le pelli del polipesco Nate Cotton (non che il martirio delle sei corde da parte del genietto polistrumentista Eric Hersemann sia da meno). Da registrare inoltre l’ennesimo avvicendamento al microfono, Eston Browne lascia il posto a Jerry Kavouriaris (e siamo già al quarto vocalist), senza che per altro questo cambio sconvolga granché l’impianto dei Gigan, chiaramente interdipendenti dall’apporto di questo o quel cantante. La polpa sta tutta alle spalle del “frontman” (ruolo depotenziato e ricalibrato all’interno del collettivo Gigan), nella possanza tentacolare e multicromatica del songwriting impossibile degli strumenti. Come si trattasse di una versione spaziale anziché egizia dei Nile, complessivamente meno claustrofobica e assai più mentale nel suo psichico peregrinare astrale, tra ammassi globulari siderali e (dis)armonie celesti. La bussola è impazzita, gli apparecchi di bordo non rispondono ai comandi; spinti alla deriva verso lo spazio profondo, verso l’ignoto insondabile, potreste essere esposti a qualsiasi tipo di fenomeno sconosciuto: radiazioni, campi magnetici, l’esplosione di una supernova, civiltà infinitamente più evolute. I Gigan innescano ognuna di queste possibilità elevata al quadrato. Riponete i dischi di Cryptopsy, Gorguts, Cephalic Carnage, etc., c’è una nuova razza (aliena) in città.

Marco Tripodi

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