Recensione: Universo Inverso

Di Paolo Robba - 21 Aprile 2016 - 3:00
Universo Inverso
Etichetta:
Genere: Hard Rock 
Anno: 2006
Nazione:
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84

Secondo album solista per il chitarrista brasiliano Kiko Loureiro, fondatore nei primi anni 90, assieme all’altro chitarrista Rafael Bittencourt e al cantante Andre Matos dello storico gruppo degli Angra, progressive-power-metal band di San Paolo, nota per aver inserito numerosi elementi tribali della propria terra di origine nei loro brani.
Il disco “Universo Inverso” segue di due anni il precedente “No Gravity” e già dal titolo si può intuire una complessa varietà di stili e influenze musicali presenti nelle dieci tracce proposte.

Il talentuoso chitarrista brasiliano da sempre aveva caratterizzato il proprio stile musicale con velocissime e fluenti scale neoclassiche, ritmiche potenti, arpeggi pulitissimi e precisi esaltando tra l’altro la tecnica dello “sweep picking” con accordi alterati e note dissonanti tipiche delle sonorità brasiliane.
Caratteristica poi di Kiko in tutto il periodo Angra era da sempre quella di costruire linee e fraseggi musicali intrecciandole e sovrapponendole a quelle dell’altro chitarrista Rafael Bittencourt e generare complesse e differenti frasi melodiche e contrappunti sfruttando ed utilizzando entrambe le mani sulla tastiera.

Ma questo costituiva e costituisce solamente il bagaglio prettamente tecnico del musicista. L’anima e la sensibilità musicale, infatti, da sempre sono state arricchite dalla tradizione del sound e del ritmo tipico della musica brasiliana e dalle nozioni jazzistiche e classiche che hanno influenzato in maniera preponderante il suo stile.

Vi siete mai chiesti perché riprodurre e suonare in maniera precisa e brillante una bossa nova sia all’apparenza semplice ma in realtà così difficile? Perché i musicisti e i chitarristi brasiliani hanno il ritmo e il movimento musicale nel loro dna. E l’alternanza battere-levare tipica di questo stile semplicemente fa parte del loro modo di vivere e suonare.

Ma veniamo alla nuova fatica discografica del chitarrista brasiliano; lavoro che come vedremo si differenzia e si dissocia parecchio dal precedente album “No Gravity”.

Yanel Matos alle tastiere/piano, Cuca Teixeira alla batteria e Carlinhos Noronha al basso accompagnano Kiko nelle dieci tracce che compongono “Universo Inverso”.

Avvolgenti sonorità jazz/rock, contaminazioni fusion, sprazzi di musica classica e, come ampiamente detto, tutta l’influenza della tradizione musicale brasiliana, regnano sovrani e caratterizzano “Universo Inverso”.

Perché quello che veramente colpisce e desta interesse e ammirazione è l’eleganza e la raffinatezza con cui Kiko suona. Lasciate quasi del tutto in disparte le rocciose ritmiche e le influenze power-metal del periodo Angra e del precedente album solista, “Universo Inverso” è un album dove jazz-fusion e rock si sposano perfettamente divenendo un binario unico e inseparabile e dove emerge non solo il Kiko chitarrista ma soprattutto il Kiko musicista.

L’opener “Feijao de Corda” potrebbe già di per se sintetizzare e racchiudere tutto lo spirito dell’album dove ritmiche precisissime e fraseggi jazzistici colorano il pezzo di un sound fresco, brillante e sensuale. Abbondante spazio viene lasciato al piano di Yanel Matos che regala con Kiko momenti di rara bellezza.

“Ojos Verdes” prosegue egregiamente il discorso intrapreso e, anche se una sottile influenza “Satrianesca” si respira durante gli impeccabili soli presenti nella traccia, reminiscenze jazz-fusion costituiscono comunque il cuore pulsante del pezzo.

“Havana”, caratterizzata da una particolare ed interessante sezione ritmica, ci regala splendidi soli di Kiko Loureiro. La prima parte nasce e sviluppa una matrice maggiormente rock, efficace e coinvolgente, ma sonorità pianistiche jazz animano e colorano la seconda parte della traccia. Davvero un bel pezzo dove sprazzi di Pat Metheny si intravedono e si colgono. Linfa vitale e giochi contrappuntistici di ottima fattura incarnano perfettamente lo stile e il sound raffinato del pezzo.

Sound delicato e sensuale in “Anastacia” con un frizzante tappeto ritmico e intermezzi pianistici; delicate ma sofisticate melodie in “clean sound” in “Monday Mourning” con lunghe sezioni suadenti di soli chitarra/piano.
Non c’è che dire: l’album prosegue sul filo conduttore dei precedenti pezzi e ci si accorge ancor più di quanto il buon Kiko riesca perfettamente a miscelare la sua anima rock con la parte più intimista del suo bagaglio musicale.
Si prosegue con “Arcos da Lapa” con un interessante intreccio basso/piano che funge da tappeto sonoro per le divagazioni artistiche sempre di matrice jazz/fusion del nostro guitar hero.
“Samba da Elisa” è una delicata e suadente ballad dove poche note e grande uso di bicordi disegnano paesaggi e atmosfere rilassate e sensuali.
Grande perizia musicale e maestria di tutti i musicisti nel suonare un pezzo delicato e convincente; forse il migliore dell’intero album.
“Camino a casa” rappresenta forse l’unico pezzo di matrice progressive-rock di “Universo Inverso”; presenti infatti assoli di chitarra e piano velocissimi e tecnicissimi uniti ad grandissimo lavoro dell’intera sezione ritmica; se “Samba da Elisa” ci aveva avvolto e conquistato con la sua raffinatezza ed espressività esecutiva, “Camino a Casa” sicuramente ci avvolge di energia e furore.
Il disco si conclude con “Realidade Paralela” e “Recuerdos” altri due brani dove la matrice jazz-fusion costituisce l’alba, lo sviluppo, la crescita e il tramonto musicale delle due esecuzioni. Da applausi la grandissima sensibilità e tocco di Kiko Loureiro e Yaniel Matos che disegnano e rappresentano atmosfere melanconiche e raggiungono e sfiorano i punti più lontani e nascosti del nostro animo.
Ancora una volta l’ombra di Joe Satriani e Pat Metheny ci appare, confermando quanto questo “Universo Inverso” sia il perfetto bilanciamento tra i vari generi musicali abbondantemente descritti.

Kiko Loureiro sorprende l’ascoltatore con un disco fresco, intimista, raffinato e cerebrale, lontano dai potenti riff power metal e dai vorticosi soli neoclassici che lo avevano eletto e portato nel “gotha” chitarristico.
Ma sorprendere e sperimentare non vuol dire certo deludere e il disco ottimamente registrato e prodotto semplicemente ci presenta un musicista nella sua completezza compositiva ed esecutiva mettendo in luce tutte le influenze stilistiche che hanno contaminato ed influenzato il suo modo di suonare.

Sicuramente non un disco per tutti; questo è chiaro e solare ma la forza della musica è il saper andare oltre a qualunque barriera che l’ascoltatore distratto e ancorato a rigidi stereotipi possa issare.

E quindi vale veramente la pena di entrare in questo mondo elegante, sensuale e raffinato che Kiko ha voluto costruire per noi.

Paolo Robba

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