Recensione: Untitled [EP]

Di Daniele D'Adamo - 6 Agosto 2013 - 17:50
Untitled [EP]
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Anno: 2013
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62

 

Per dare l’assalto finale alla Terra da parte delle orde del grindcore, il ruolo degli apripista è stato (auto)affidato ai tre pazzi scatenati che rispondono al nome di Purify The Horror. Tre elementi ben noti nella scena underground britannica ma che, casus belli, si nascondono dietro pseudonimi derivanti dal Re degli animali da carne: il maiale.  

E così, Sergeant Squeal alla voce, Bear-Pig alla chitarra e basso e Lord-Pig alla batteria, quale vessillo da alzare sul pennone più alto delle ‘grind-hordes’ danno alle stampe un EP senza titolo – chiamato comunque “Untitled”, per l’appunto – strutturato su ben dodici brani per una lunghezza di diciotto minuti.  

Come da tradizione grind, si passa da autentici battiti di ciglia come “Shree-dela-badum-de-ladum-de”, quattro secondi, a… ‘suite’ tipo “Kill Them All”, lunga ‘addirittura’ due minuti e mezzo; riprendendo così un’abitudine nata con l’hardcore se non, andando ancora più indietro nel tempo, con il punk rock. L’estrazione inglese dei Purify The Horror è evidente, e non solo per tale ortodossia strutturale dei pezzi, avulsa da tecnicismi e ammennicoli vari. È evidente, soprattutto, nell’esagerazione di un sound assolutamente devastante, annichilente, terremotante. Alla maniera, insomma, di act incredibilmente violenti come gli Anaal Nathrakh e i Lock Up – ‘casualmente’ basate entrambe a Birmingham, come i Nostri… – , vere e proprie macchine da guerra in grado di scagliare testate nucleari a gittata interplanetaria. La sguaiata prova di Sergeant Squeal al microfono, difatti, è il lievito fecondante per uno stile inumano, rabbioso, che raggiunge i limiti estremi di velocità e intensità sonora. Senza mai abbandonare, per ciò, l’inconfondibile flavour hardcore fondato su riff semplici e quadrati, ‘a corda libera’, e fulminanti quattro quarti che, spesso e volentieri, raggiungono l’aberrazione dei blast beats. Il calor bianco emesso dal basso manovrato da Bear-Pig (per esempio: “Restitution”), poi, è l’ideale compimento per un suono difficilmente sopportabile ai più.   

L’assoluta coerenza mostrata dai Purify The Horror nell’affrontare la questione grindcore, fatto indubbiamente positivo, non fa però venir meno la riflessione che, alla fine, in “Untitled” non ci sia nulla di nuovo rispetto a quanto già inciso su disco sia dagli act più su citati sia, in generale, dai migliori interpreti del genere, perlomeno nella sua accezione più ferale e immediata. Le song dell’EP provocano un dolorosissimo tormento alle membrane timpaniche, ma di per sé non contengono elementi di progressione e d’innovazione da schemi musicali che mettono al primo posto, bene in evidenza, solo e soltanto la volontà di sfasciare più ossa possibili.      

L’anima posseduta dal grindcore nato nella terra d’Albione, non bisogna mai dimenticarlo, ha uno spessore, un calore e una valenza storica unica al Mondo. Essa ammanta come un grezzo sudario ogni opera lì creata, permeandola di singolarità assoluta. Con che, a parere di chi scrive, ben difficilmente ‘qualcosa’ uscito da ensemble come i Purify The Horror potrà avere una valutazione complessiva insufficiente. Proprio in questo caso, tuttavia, non c’è molto altro che possa interessare, in “Untitled”. Solo per appassionati, insomma, che si dilettano a stordire i vicini.   

Daniele “dani66” D’Adamo
 

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