Recensione: Vögguvísur Yggdrasils

Di Tiziano Marasco - 11 Ottobre 2016 - 0:00
Vögguvísur Yggdrasils
Band: Skálmöld
Etichetta:
Genere: Folk - Viking 
Anno: 2016
Nazione:
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78

Nonostante 15 anni passati a bazzicare folk, black e viking metal, generi in cui spesso i testi sono in lingua madre, un appassionato non fatica a farsi una discreta conoscenza di svedese e norvegese (finlandese no, a meno che non siate dei geni); almeno per quel che riguarda il lessico eroico-guerresco-mitologico. Essa porta, peraltro, una discreta conoscenza della mitologia germanica e norrena. Ciò nonostante l’islandese, lingua cugina delle testé menzionate svedese e norvegese, permane oscura. Non perché più complessa rispetto alle parenti meridionali, quanto per il fatto che la lingua dell’isola di ghiaccio e fuoco si è evoluta punto o poco nel corso dei secoli, almeno per quanto riguarda la scrittura, rispetto all’antenato comune, il norreno, ovviamente. E non sarà un caso se l’islandese è l’unica lingua moderna a conservare una runa nel suo alfabeto, la runa thurs – la tipica “Þ”.

Purtuttavia, scorrendo la tracklist di Vögguvísur Yggdrasils, quarto e nuovissimo full-length degli Skálmöld, balza facilmente all’occhio il fatto che diverse canzoni prendono i titoli dai vari mondi della mitologia norrena: Niflheimur, Miðgarður, Álfheimur, Ásgarður a voler citare le più lampanti. Ma poi, a indagare, si scopre che in effetti l’album è un concept ed ogni canzone rappresenta uno dei 9 mondi che, nella cosmologia norrena, si sviluppano attorno all’albero della vita, Yggdrasil appunto.

Non è invece ben chiara la disposizione delle tracce: esse infatti non si dispongono secondo un criterio geografico, dal basso verso l’alto, da Hel a Asgard. Non si dispongono neanche secondo il criterio simmetrico – ad esempio Vanaheim-Jotunheim (creazione-distruzione) o Svartalfheim-Alfheim (elfi scuri ed elfi chiari) – per lasciare al centro Midgard, la terra di mezzo in cui viviamo.

No. Ciò nonostante ogni melodia di questo nuovo Skálmöld reca con sé l’anima del mondo che descrive. Múspell e Nifelheimur infatti si presentano rocciose e ostili, marziali e cadenzate, allegoria di due mondi impervi, quello del fuoco (Múspell), da cui farà ritorno Loki alla fine dei giorni, e quello del ghiaccio (Nifelheimur). Questo consente al disco, pregno del tipico Viking-folk metal degli Skálmold, di risultare piuttosto vario, nonostante le coordinate sonore producano nove composizioni relativamente simili tra loro.

A dirla tutta, si tratta probabilmente del lavoro più complesso tra i quattro realizzati dai figli di Snorri. Un lavoro che va ascoltato più volte, onde superare una certa sensazione di piattume nei primi ascolti. Non vi sono pezzi facili come alcune cose sentite sull’ultimo Með Vættum, anzi, tutto il disco sembra una regolare altalena di cambi di ritmo calcolati, tra scream polifonici e cori maestosi. Nulla di particolare, insomma.

Non fosse che con il proseguire degli ascolti l’identità dei singoli brani emerge e si fa, come detto, immagine del mondo di cui tratta. Superati i due pezzi iniziali, si arriva a Miðgarður, un pezzo in cui violenza e imponenza si contrappongono in maniera equilibrata. Ma le vere perle, a parere di chi scrive, sono quelle che trattano i mondi di luce, ovviamente Ásgarður, ma soprattutto Álfheimur e la conclusiva Vanaheimur. In questi pezzi salgono in cattedra i cori e le ritmiche imponenti, che sulla traccia conclusiva, strizzano un occhio (presbiope, ma comunque strizzano) a certo progressive, per un risultato a dir poco sorprendente.

Vögguvísur Yggdrasill dunque conferma gli Skálmöld come un ottimo gruppo, un gruppo maturo, in bilico tra folk e viking, e si candida a diventare, al momento, il lavoro più complesso e stratificato degli isolani. Non qualcosa che faccia gridare al miracolo, ciò nonostante un giusto mezzo tra la caciarona cafonaggine dei Korpiklaani e l’inarrivabile immensità dei Moonsorrow. E qui si prega di leggere queste due band come emblemi di uno stile di far metal e non come gruppi effettivamente prossimi agli Skálmöld, gruppo che non ha mai avuto problemi a dare la sua personale lettura del metallo nordico.

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