Recensione: Valhalla

Di Alberto Biffi - 6 Gennaio 2011 - 0:00
Valhalla
Band: Stray
Etichetta:
Genere:
Anno: 2010
Nazione:
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79

Eccoci qui, a scrivere la recensione del nuovo nato in casa Stray, il gruppo inglese che probabilmente vanta il maggior numero di reunion e conseguenti scioglimenti.
La band britannica, attiva sin dalla metà degli anni 60 (!!!), si distinse per la qualità delle proprie composizioni, per il guitar work torrenziale e per un ottima attività live, che li portò al primo festival di Reading (1971)  e successivamente a supportare acts del calibro di Kiss, Status Quo, Ten Years After, Rush e Black Sabbath.
Probabilmente i più giovani di voi “truemetaliani” li conosceranno per essere stati citati nella biografia degli Iron Maiden ad opera di Mick Wall, o ancora per essere stati coverizzati dalla stessa band di Steve Harris, con il brano “All In Your Mind”, storica b-side del singolo “Holy Smoke”.
Dopo diverse vicissitudini, scioglimenti, stravolgimenti di line-up, periodi di “congelamento” del progetto ed altri di intenso fermento, il “former member” Del Bromham, originariamente solo chitarrista, torna con caparbietà ed ammirevole convinzione con la nuova incarnazione degli Stray, ormai divenuti un energico power trio, in cui il “vecchio” rocker, si occupa della voce e della sei corde.

Prodotti da Chris Tsangarides (Angra, Anvil, Depeche Mode, Bruce Dickinson, Exodus, Helloween, Gary Moore, Ian Gillan, Judas Priest, Yngwie Malmsteen e letteralmente centinaia di altri gruppi!), la band albionica palesa immediatamente la sua esperienza quarantennale, inanellando una serie di  brani costituiti da ingredienti a prova di fallimento.
Riff Immediati, semplici ma funzionali, una prova vocale che non fa gridare al miracolo ma che svolge egregiamente il proprio lavoro, una sezione ritmica quadrata ed impegnata a non fare nulla che non possa essere riproposto dal vivo, senza però rinunciare (quantomeno per ora, in studio) a riempire il sound anche e sopratutto quando il vecchio leone Bromham si lancia nei suoi (allora definiti “pirotecnici”) solos.
Gli Stray fanno tesoro della loro esperienza, del loro mestiere, del loro consolidato talento, per presentarci un disco assolutamente omogeneo, in cui le coordinate stilistiche sono davvero ben chiare, così come la consapevolezza di non dover dimostrare più nulla a nessuno ed una rotta, quella della nave Stray, ormai tracciata senza indugi da Del Bromham, saldamente e definitivamente al timone.

I brani, tradiscono le influenze settantiane della band, ovviamente e comprensibilmente oneste e conseguenti al fatto di aver vissuto in quegli anni di fermento musicale, contribuendo nel contempo, a costruire quel movimento di giovani rockers che, in molti casi, avrebbero poi costituito le basi per la generazione successiva (se scalvalchiamo il periodo punk) di rockstar inglesi (vedi gli stessi e già citati Maiden).
Thin Lizzy, Gary Moore, Led Zeppelin, i meno famosi ma comunque importanti Samson, si “incontrano” in questo Valhalla musicale, nel quale si ravvisano influenze nere, che prendono forma nel blues e nel funky, nel soul e nel rock più viscerale, il tutto frullato, digerito e cantato dalla voce di Bromham, il quale, a dirla davvero tutta, non sempre è all’altezza della situazione come singer, ma mai paradossalmente fuori posto. Non canta splendidamente, ma solo lui potrebbe farlo negli Stray.

Altra ed ultima (quasi) considerazione: gli Stray adottarono, sopratutto negli anni 70, diversi “accorgimenti” live, chiamando musicisti estranei al nucleo della band, per riempire il sound e renderlo più completo e potente. In questa nuova incarnazione invece, il power trio, ci permette  – a mio modestissimo avviso – di scorgere l’essenza di un gruppo assolutamente pregevole.

Molti di voi lettori digitali, sono giovani, ma appassionati di musica “old style”, quella buona, come il whisky invecchiato.
Mi piace pensare che in questo momento un giovane quattordicenne, dal cuore “vecchio”, stia ascoltando la voce di Del, un vecchio dal cuore giovane.

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Tracklist:

01. Move A Mountain
02. Dirt Finger
03. 1600 Pennsylvania Avenue
04. Free At Last
05. Harry Farr
06. Skin
07. Double Six
08. Ghostwriter
09. Sing (The Song)
10. Rainy Day Blues
11. 24/7
12. You

Line Up:

Del Bromham – Voce, chitarra.
Stuart Uren – Basso
Karl Randall – Batteria

 

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