Recensione: Van Halen II

Di Abbadon - 10 Luglio 2003 - 0:00
Van Halen II
Band: Van Halen
Etichetta:
Genere:
Anno: 1979
Nazione:
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83

Subito dopo essere entrati di diritto nel mondo del Rock che conta, con il loro monumentale “Van Halen”, il quartetto formato da David Lee Roth, Edward ed Alex Van Halen, e Michael Antony, si mette al lavoro per rimanere sulla cresta dell’onda ed amplificare il proprio successo. Il frutto
di questi lavori si concretizza nel 1979, un anno dopo l’esordio, e il combo mette sul mercato, in scia al precedente disco, “Van Halen II”. Questo secondo prodotto non ha il successo stratosferico del predecessore, ma vende comunque molto bene, e riesce a confermare che quello dei Van Halen non era un fuoco di paglia, bensì una realtà pronta a conquistare il
mondo musicale. Come già detto, questo sequel non ha lo stesso successo del predecessore, e devo dire che non lo ha avuto giustamente, in quanto nel complesso non è un disco esagerato. Non sto nemmeno dicendo che è un netto passo indietro, perchè non è vero, le dieci canzoni presenti sono tutte di un buon livello complessivo, composte in maniera più che pregevole (del resto la classe non è mai stata acqua), ma più anonime e forse anche più soft  rispetto a quelle con cui il gruppo aveva deliziato le platee appena un anno prima. Dei 4 artisti quello che ha fatto i maggiori progressi sembra essere David Lee Roth, in continuo e costante miglioramento sia per la pulizia e lo stile vocale, sia per l’attrazione che genera la sua non comune ugola. Gli altri tre musicisti rimangono sugli stessi livelli del passato, senza mostrare grandissime novità nel loro peraltro vasto repertorio personale.

L’inizio è molto lento e particolare, con la quadrata e non esagerata “You’re no Good”. La chitarra è buona anche se non fa la differenza, e si produce in un riff molto caratteristico, che accompagna, assieme a batteria e basso appena sufficenti, un eccellente David Lee Roth. La parte forte della song, a parte l’ottimo assolo, sono appunto le voci, sia la primaria che le backing vocals, anzi forse queste producono nel complesso un effetto addirittura più convincente di quello generato, ma in fondo aspettato, da Roth stesso. Discreta song, ma decisamente meglio della prima si presenta la successiva ed originale “Dance the Night Away”. La tonalità strumentale e la velocità
di esecuzione producono una sensazione di allegria davvero inusuale. Bellissimo, e suonato decisamente bene il refrain, ma tutta la canzone si lascia ascoltare che è un piacere, essendo dotata di un tono “esotico”, che prende rapidamente l’ascoltatore. Ancora spettacolari le backing vocals. Un pò sottotono la pur discreta “Somebody Get me a Doctor”, probabilmente la canzone più rock nel vero senso del termine trovata fino ad ora. Bell’assolo, discretamente lungo tra l’altro, “Somebody..”
presenta riff precisi e abbastanza graffianti, si distingue chiaramente un ottimo basso, ma forse è tutto qui. Credo che soprattutto a livello compositivo si potesse fare decisamente meglio. Rende decisamente di più la versione live. Il livello torna subito ad innalzarsi di livello con la quarta traccia, ovvero “Bottoms up!”. L’intro pone subito in uno stato di attesa, e il via è dato da un drumming che lancia la guitar in quarta, lungo una scia di riff belli e mai scontati. Un solo discreto Roth, ma un grande Eddie Van Halen, forse trascurabili gli altri due strumenti nel complesso di una track forse un pochino leggera in alcuni spezzoni, ma decisamente godibile.
Se il basso e la batteria erano trascurabili in “Bottoms Up”, altrettanto non si può certamente dire per “Outta love Again”. Infatti l’intera introduzione della traccia è affidata ai due sopraccitati strumenti, dove soprattutto il Anthony dà buona prova di se. Poi entrano in scena chitarra e voce e il
gioco, vincente, è fatto. “Outta Love Again” presenta un cantato solo discreto, che diventa buono in alcuni tratti, ma ottimo mix sonoro, ascoltabile e lineare sebbene tutt’altro che privo di estro. In sostanza altro buon componimento, che scorre lasciando piacevoli ricordi.
Da che mondo e mondo ogni ascoltatore di musica ha una canzone preferita all’interno di ogni disco. Nel mio caso la canzone che preferisco di Van Halen II è quella che inaugura La seconda metà del CD, ovvero la più che positiva “Light Up the Sky”, che irrompe con una opener dominata da basso e chitarra, per proseguire in un riff aggressivo e tagliente, che segna tutta la song. Tale riff è però quasi in secondo piano rispetto al cantato di David, registrato altissimo. Questa già ottima base è impreziosita dall’assolo ubriacante di Edward, decisamente su di tono, e nell’occasione accompagnato da un, come già detto, eccellente Michel Anthony. Molto bella è pure “Spanish Fly”, un assolo di poco meno di un minuto, totalmente differente dall’altra song-assolo fatta fino ad allora dai Van Halen, ovvero Eruption. Se Eruption era  infatti pirotecnica e tagliente, questa “Spanish Fly” è molto più esotica, morbida all’ascolto, ma altrettanto efficace, in quanto, tra le altre cose, è perfettamente in sintonia col suo titolo, “Volo spagnolo”, terra che questa chitarra ricorda decisamente. finito l’assolo
ci troviamo dinanzi al potente mid tempo “D.O.A.”, molto sopra le righe in quanto a sonorità, decisamente ritmato grazie a un eccellente ed udibile basso. Belli i 2 assoli di chitarra, nonchè le strofe, non mi piace il refrain, troppo scontato. Passando a “Women in Love”, non si può non rimanere inizialmente più che sorpresi. Dolcissima nelle note e nelle melodie, l’intro di
tale canzone porta totalmente fuori strada l’ascoltatore, che tutto potrebbe aspettarsi tranne delle sequenze che hanno sonorità quasi da ballad, pur essendo chiaramente non di matrice di tale tipo di song. Infatti con l’andare avanti ci si ritrova di fronte un pezzo chiaramente hard rock, ma che tradisce una sensazione di dolcezza e romanticismo, non esattamente la caratteristica che i Van Halen mostrano di solito. Dopo questa sferzata di sensibilità, tutto torna alla normalità, con la discreta “Beautiful Girls”, ennesimo mid tempo che rispecchia tutte le caratteristiche che già sono emerse nello scorrere delle varie song, e che si chiude con un improbabile bacio.
Finisce così la seconda fatica dei Van Halen, un buon CD che forse però tradisce chi si aspettava qualcosa sui livelli della prima, fantastica, opera. Intendiamoci, l’acquisto è obbligato per i fan della band, e quantomeno è consigliato l’ascolto agli altri, ma il 1979 è stato un anno molto, molto prolifico per l’hard rock, e questo va a discapito di un album che rimane sì nella fascia alta, ma che non regge il confronto con lavori di altre band prodotti nello stesso anno, a partire da “Highway to Hell” e “Lovedrive”.

Riccardo “Abbadon” Mezzera

Tracklist :
1) You’re No good
2) Dance the night Away
3) Somebody get me a Doctor
4) Bottoms Up!
5) Outta Love Again
6) Light up the Sky
7) Spanish Fly
8) D.O.A
9) Women in Love…
10) Beatiful Girls

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