Recensione: Viktoria

Di Matteo Orru - 28 Settembre 2018 - 14:16
Viktoria
Band: Marduk
Etichetta:
Genere: Black 
Anno: 2018
Nazione:
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80

“Dal  mio punto di vista, i tedeschi avevano i macchinari e le attrezzature più affascinanti. Tuttavia non si consideri Viktoria come un mero punto di vista personale. È solo un riflesso della storia, del modo in cui tutto è successo. Avendo questo bene in mente è più interessante scrivere una colonna sonora legata a specifici eventi storici. Pertanto Viktoria è orientato totalmente sulla storia. Niente di più. Niente di meno.”

Esordisce cosi Morgan, mastermind e cuore nero pulsante della macchina da guerra Marduk, parlando del nuovo e attesissimo quattordicesimo full lenght degli svedesi in uscita questo 22 giugno; un incipt che creerà l’acquolina in bocca a tutti i fan storici del combo satanico in quanto il richiamo a uno dei masterpiece della band, forse addirittura il loro lavoro più emblematico, Panzer Division Marduk, è forte e indissolubile.

Continua Hakansson, giusto per far crescere l’ hype tra noi fedelissimi: “Questa volta abbiamo preso spunto da due differenti concezioni sulle quali lavorare, un concetto storico e uno spirituale, elementi fondamentali sui quali si è basata la stesura di Viktoria”. Le tematiche della WWII sono strettamente correlate al concept già intrapreso dal lavoro del 2015, Frontschwein.

Ma cosa c’è di vero e, d’altro canto, qual è il livello di autoproclamazione classico pre uscita nuovo album tipo: “il nuovo album è il più fico che abbiamo mai realizzato!”, ”il più maturo”, “siamo tornati agli esordi”, frasi dette giusto per far rilassare e accontentare i fan più intrasigenti?

Beh, questa volta è tutto vero. I Panzer svedesi hanno centrato il bersaglio più di tante altre volte e, se ci hanno abituato a una qualità compositiva sempre al di sopra della media (in rari casi la macchina da guerra ha fallito il bersaglio), questa volta abbiamo davvero a che fare con un disco che ha al suo interno una quantità di potenziali classici guerrafondai non indifferente; roba che dal vivo, per intenderci, scatenerà un tale putiferio che per chi volesse pogare o stare nel pit sotto al palco sarebbe meglio stipulare una polizza casco per le sue ossa.

Come nel devastante Plague Angel del 2004 e nel selvaggio Frontschwein del 2015, anche con Viktoria l’argomento del secondo conflitto mondiale è servito da enorme  ispirazione per il songwriting. Tracce come Werwolf, June 44, Narva, Silent Night e Tiger 1 sono essenzialmente lezioni di storia trasformate in metallo oscuro e maligno intriso di rabbia e ferocia che qui i Marduk trasmettono come non mai attraverso i classici riff di Morgan, ormai riconoscibilissimi in tutto l’universo estremo e le vocals di Mortuus, sempre più a suo agio dietro il microfono e vero mattatore nonché valore aggiunto in tutto il lavoro.

Da sottolineare sottotraccia il lavoro di Devo che con le oscure atmosfere create  dalle sue quattro corde dona spessore emotivo al disco senza mai essere invadente o eccessivo (da applausi sulla titletrack).

Le parole d’ordine in questo lavoro possiamo identificarle con: potere, dedizione, convinzione, furia, sangue e ferro.  Il massacro sonoro è servito e non c’è tregua nelle nove tracce che compongono il platter, si respira odore di fuliggine e sangue di vittime innocenti. Ma la cosa che lascia più basiti è l’ispirazione che questi ragazzi, a quasi trent’anni di carriera sul groppone, continuano ad avere senza autoplagiarsi o vivere nei fasti passati.

Viktoria è massacro di Napalm, un Tiger 1 lanciato a folle velocità per non fare prigionieri.

A rendere più diretto e devastante il tutto ci ha pensato una produzione che, a primo acchito, può sembrare rozza e primitiva ma col passare degli ascolti si rivela carta vincente e azzeccata, capace di trasmettere ulteriormente quelle sensazioni di panico e ansia che un’efferata guerra deve trasmettere.

L’ album è stato registrato ai Magnus “Devo” Andersson’s Endarker Studios del bassista figliol prodigo, nonché produttore, tornato sul carrozzone esattamente nel 2004.

Come ci conferma Morgan, “lavorare all’ interno della famiglia Marduk ha semplificato le cose soprattutto per quanto riguarda la direzione che si voleva prendere circa le atmosfere e i suoni da utilizzare, non  ci sono stati limiti di tempo o denaro per poter regalare ai fan un lavoro onesto e sincero che rispecchiasse a tutto tondo ciò che loro volevamo trasmettere.”; terrore e rabbia.

Viktoria è stato registrato in un modo molto tradizionale”, confessa Håkansson. “Una classica registrazione vecchia scuola. Batteria analogica, due chitarre, basso e voce. Non abbiamo usato una tonnellata di effetti e cazzate del genere. Volevamo un suono adatto a noi e per noi”.

E si sente! Tutto suona scarno, ruvido, freddo e spietato come un vero disco black metal dovrebbe suonare, non c’è il minimo spazio a orpelli a barocchismi che tanto vanno di moda, qui si percepisce la pura essenza del male e la violenza che si vuole trasmettere. Ogni cosa è al suo posto e ogni strumento cristallino ma mai eccessivamente pompato o compresso. Dimenticate le patinature mainstream e moderniste, qui il disco pare sia suonato in un bunker antiaereo o in trincea sotto bombardamenti efferati tanta è la carica spietata che trasmette in maniera inferocita.

I Marduk, a distanza di 28 anni, sono ancora qui, a regalarci una gemma nera che possiamo tranquillamente posizionare tra le loro migliori release di sempre. Una volta finito l’ascolto non si riesce a non rischiacciare play per potersi nuovamente immergere nelle atmosfere cupe e fredde di Viktoria, per assaporarne meglio i dettagli che si scoprono man mano che il disco scorre.

Consci che l’ innovazione o sperimentazione non sono di casa, ma qui c’è ciò che si sta cercando. Un massacro collettivo, una pistola carica pronta a fare fuoco; I Marduk sono sempre in marcia, a testa bassa, coltelli affilati e pistole caricate. Viktoria è un’altra pietra miliare nel loro viaggio verso la morte. Album killer del 2018. Da avere.

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