Recensione: Visions From Reality

Di Tiziano Marasco - 4 Settembre 2013 - 5:23
Visions From Reality
Band: Active Heed
Etichetta:
Genere:
Anno: 2013
Nazione:
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78

Ed infine è giunto il momento di recensire il primo promo fisico inviatomi da truemetal nel mio luogo di esilio. Non pensavo che le poste ceche me lo facessero pervenire in così poco tempo, ma sembra che la Mitteleuropa sia immune alle ferie estive.  Meno male, perché quello ricevuto sembra essere un ottimo prodotto, confezionato con cura fin dal packaging, rilegato in fine edizione a copertina rigida (niente plastica) e dotato di un artwork di primo livello.

Si tratta dell’opera prima degli Active Heed, ensamble italiano fondato appena un anno fa e già giunto al primo full length.  L’idea sembra germogliare da Umberto Pagnini, figura piuttosto misteriosa, dato che non compare nella line-up del gruppo, ma si presenta come ideatore del progetto, delle musiche e dei testi. Oltre a ciò, i risultati su internet sono piuttosto scarsi, pure mi dicono che il personaggio è attivo sulla scena rock italiana dagli anni settanta. La line up invece è composta dal drummer Giovanni Giorgi, dalla voce soellneriana di PelleK e dal multistrumentista Lorenzo Poli.

Ciò detto il progetto viene proposto dalla band stessa come progressive rock creativo, la qual cosa potrebbe apparire come una spacconata, ma in realtà risulta più che azzeccata. Dando un rapido sguardo alla tracklist infatti notiamo che questo disco è di prog atipico, dato che risulta distribuito lungo quindici canzoni, di cui solo una supera i cinque minuti, mentre ben tre si attestano sotto i due minuti. E non si tratta di interludi. Il motivo è facile da spiegare.

Gli active heed infatti si riavvicinano alla componente più folk del prog settantiano, quello che spesso e volentieri si fondeva al country e alla psychedelia americana. Frequenti sono infatti gli echi dei Dead di American Beauty, così come allo Young di after the gold rush o ai Byrds di Turn, turn turn. Altrove invece si rifà più evidente, soprattutto nelle tastiere, il riferimento prog ai Genesis come ai Pendragon, ai quali i nostri somigliano nel loro proporre trame sonore semplici quanto limpide.

Ciò nonostante non si vuol dire che questo disco sia un lavoro di mero recupero filologico, ed anzi, il paragone soellneriano non era casuale, dato che gli Active heed cercano di innovare il prog con suoni alle volte un po’ più duri, esattamente come i Klimt 1918 hanno fatto con la new wave. Insomma, viene fuori un gustoso miscuglio di indie rock, psychedelia settanta e sessantiana e progressive rock, per un risultato che, nell’attuale panorama musicale, è accostabile solo ai The Coral o agli Akron family, ma con ancora più influenze. Difficile identificare gli episodi migliori. Sicuramente Flyng like a fly, With joy e Forest and Joy tra i lenti e folkettosi, Every ten seconds before tra le elettriche e infine Usual plays in heaven con il suo duetto di voci.

Insomma, un lavoro interessante che lascia ben sperare per il futuro di questa band. Debut italiano dell’anno? Per quanto riguarda il prog e l’alternative italiano, sicuramente.

Tiziano “Vlkodlak” Marasco

Sito degli Active heed

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