Recensione: Vittra

Di Daniele Balestrieri - 19 Febbraio 2011 - 0:00
Vittra
Band: Skogen
Etichetta:
Genere:
Anno: 2010
Nazione:
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86

Decidere di marchiare a fuoco la propria band con uno dei nomi più abusati della storia musicale scandinava significa non rendersi la vita esattamente facile; se poi a un generico “Skogen” si accosta un debutto che porta il nome “Vittra”, ecco che si entra definitivamente nell’ombra di taluni mostri sacri con i quali essere immediatamente confusi dal quel pubblico “scarica, ascolta e archivia” che negli ultimi 10 anni ha sostituito la nicchia di iperfedeli della musica che ascoltava, dissezionava e analizzava fino alla nausea ogni piccola offerta di ogni paese più sperduto.
Potrebbe anche darsi che agli Skogen tutto sommato non freghi niente di essere confusi coi Naglfar o passare per l’ennesima band trv Norwegian black metal e forse ne hanno ben donde, perché a conti fatti non sono né l’uno e né l’altro e perché ogni tanto c’è bisogno di qualcuno che ribadisca che un libro non si giudica dalla copertina.
E a voler guardare con attenzione tra le pieghe della musica, direi che questa band non poteva avere un nome diverso da “Foresta” e che quasi quasi il nome Vittra sia adatta molto più a quest’album che non a quello dei Naglfar.

Le Vittra sono creature silvane misteriose, a volte fanciulle innocue che giacciono mollemente lungo i corsi di un fiume e a volte sirene mortali che attraggono verso sabbie mobili, cascate o rupi coloro che hanno smarrito la via.
Per farsi rapire da questo disco in realtà non serve smarrire la via, basta solo abbandonarla coscientemente, in solitudine passiva, in una notte limpida di luna piena. Non serve nemmeno trovarsi in una radura o in cima a una montagna: all’ambiente pensano loro, Joakim “Jocke” Svensson e Mathias Nilsson, con la loro miriade di piccoli intermezzi di acque gorgoglianti, fronde sussurranti, echi, fuochi scoppiettanti e uno di quei venti che lascia il segno.
Il vento degli Skogen è un vento speciale, non è il solito fischio abusato da ogni band del mondo, quel fischio familiare e rassicurante che tutti conoscono, che tutti sanno imitare con la bocca ma che nessuno ha mai sentito veramente in quel modo. Non è quel fischio. Chi conosce il vento, chi ha avuto almeno una volta nella propria vita il terrore del vento, chi è stato sorpreso da una tempesta tra gli alberi ritroverà quel brivido cupo e assordante tra i solchi di questo piccolo ma fenomenale esempio di black ambient malinconico di esplosivo stampo nordico.

Vittra si colloca all’estremità più morbida dell’ampio spettro del black metal scandinavo e vanta un interessante miscuglio di folk atmosferico, dal valore già descritto, di sferzate black improvvise e di lunghe cantilene intessute ora da strumenti classici e popolari, ora da cantati puliti e brevi parti liriche e sognanti.
Immagini notturne, struggenti, solitarie: anche se il disco è cantato in svedese, il linguaggio usato è universale e sosta solo brevemente nel cervello prima di tuffarsi nell’anima. E se questa descrizione vi fa venire in mente esercizi di stile pericolosi come gli ultimi Eluveitie, siete già stati ingannati e trascinati dalla Vittra lungo la strada sbagliata.
Qui si parla di fortissime influenze di Drudkh, quasi imbarazzanti nella splendida “Ur Mörkret Hon Kommer“, con un tocco di nostalgia sulle corde di Fen o del White Album degli Agalloch. La durata non è nemica e nei nove minuti di “Skuggorna Kallar” o di “Eld” si assapora un ben amalgamato mix di parti turbolente, distorsioni sull’orlo del cacofonico e percussioni asfissianti alternate a parti acustiche evocative, ben accompagnate da un basso spesso martellante e ben equilibrato nell’economia di un album dalle tinte più volte contrastanti.

Magici gli interludi strumentali, che si prendono il lusso di occupare due tracce intere, nei quali è vibrante la continua ricerca di melodie fluide, aggressive e intricate quanto basta per descrivere in musica i tanti volti della natura e delle creature che la popolano.

Chi conosce bene i Drudkh calcherà senza dubbio un sentiero già conosciuto. Chi invece ancora non conosce la magia del black metal atmosferico, il suo eterno conflitto tra la natura bestiale del black più efferato e la sua controparte più intimista, scolasticizzata e canonizzata dai grandi maestri norvegesi della metà degli anni ’90, troverà in Skogen un ottimo punto di partenza per esplorare i meandri più stimolanti, variegati e perché no, epici, dell’estremo scandinavo più puro ed elitario.
Una specie di sensazione soffocante aleggia tra le nove tracce di Vittra e qualcuno probabilmente non reggerà al continuo ripetersi di riff ossessivi e di interruzioni ambientali; tuttavia quando un disco ha la grande qualità di essere sempre nuovo, di trasmettere di continuo visioni contrastanti per comunicare il proprio messaggio di terrore, di angoscia, di solitudine e di mistero avvolgente, non si può evitare di rimanerne musicalmente ed emotivamente coinvolti.
E quando un debut è di questo calibro, prepariamoci a veder nascere una stella.

Daniele “Fenrir” Balestrieri

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TRACKLIST:
    
1.Dimfärd (9:01)
2.Skuggorna Kallar (9:38)
3.Eld (8:21)
4.Ur Mörkret Hon Kommer (5:39)
5.Höst (1:30)
6.Vålnaden (7:26)
7.Skymning (1:40)
8.Under Fullmånens Sken (5:41)
9.I Skogens Djup (7:58)
 

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