Recensione: Volcano

Di Matteo Bovio - 31 Ottobre 2002 - 0:00
Volcano
Band: Satyricon
Etichetta:
Genere:
Anno: 2002
Nazione:
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90

Che i Satyricon non avessero intenzione di tornare sui propri passi non era un mistero per nessuno; me chi si aspettava un album simile? Tanti i punti in comune con il predecessore, ma la qualità è a dir poco incommensurabile… Avevo riposto Rebel Extravaganza sullo scaffale con un augurio, e sembra che il duo SatyrFrost abbia voluto accontentarmi. Ma prima di parlare del lavoro, una piccola osservazione: mesi prima che uscisse, Volcano era già al centro delle critiche di buona parte dei fan della primissima ora. Adesso, discutere se sia ancora Black metal o meno non è certo mio interesse; invito tutti a dare un ascolto distaccato al cd, lasciandosi alle spalle sterili discussioni su etichette e generi che spesso diventano solo fumo negli occhi dei fan.

Cosa è rimasto di Rebel Extravaganza? Di sicuro il suono, anche se più secco e tagliente, come nel riffing di “Angstridden”. Sempre parlando di quest’ultima, sembra che i Satyricon si siano divertiti a creare stacchi in cui il passato di Nemesis Divina si fonde all’odierno suono industriale. L’album scorre via liscio, senza le eccessive osticità fin troppo presenti nel loro penultimo lavoro, senza cambiamenti repentini e forzati. Le tracce, come al solito di durata medio-lunga, sono strutturate eccezionalmente, e colpiscono il bersaglio. Non mancano canzoni che vi lasceranno a bocca aperta; provate a sentire “Fuel For Hatred” e stupitevi. Forse qui c’è il più evidente distacco del duo rispetto al passato: contaminazioni alla Motorhead vengono reinterpretate dal loro suono dando vita a qualcosa di realmente particolare.

Di difficile assimilazione “Suffering The Tyrants”, che riporta immediatamente alla memoria la tracotante misantropia del precedente lavoro. Capolavoro assoluto invece la successiva “Possessed”, spietata nelle classicissime parti veloci, ipnotica dove Frost molla l’acceleratore. Come al solito, lode al lavoro del batterista storico: questa volta le ritmiche sono mediamente più lente, ma perfette (come al solito) e soprattutto ricercate.

Volcano va preso nel suo insieme ed assimilato; non è possibile non vederlo come l’evoluzione migliore possibile del ciclo iniziato anni fa con Megiddo. Con tutta onestà, trovo difficile riscontrare tracce della presunta “mossa commerciale”. La sola, lunghissima, “Black Lava”, traccia finale, basta a smentire ogni voce al riguardo… Lo dico senza riserve: al momento Volcano rappresenta per il sottoscritto la miglior release del 2002 in campo estremo, assieme ad un altro paio di titoli. Se volete preferire l’ennesima uscita iper-underground di norvegesi-satanisti-iperpitturati a Volcano non troverete di certo nessuno a fermarvi; precludersi a priori l’ascolto di un simile album in nome di chissà quale etichetta sarebbe però molto, molto stupido.
Matteo Bovio

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