Recensione: Vuohen Siunaus

Di Daniele D'Adamo - 17 Agosto 2016 - 0:00
Vuohen Siunaus
Band: Korgonthurus
Etichetta:
Genere: Black 
Anno: 2016
Nazione:
Scopri tutti i dettagli dell'album
76

I Korgonthurus calcano le scene del black metal sin dal 2000, ma solo ora giungono al secondo full-length: “Vuohen Siunaus”. Ciò, a causa di un’instabilità della formazione che ha sempre causato, in un modo o nell’altro, ritardi, ripensamenti, cambi di direzione, confusione. Corvus (voce) e Kryth (batteria), membri fondatori, hanno costantemente faticato a trovare la quadra, con gli altri componenti, ma ora è il momento della stabilità. Assieme a Saturnus (chitarra), Incisura (chitarra) e Necron (basso).

Allora, fast black metal sia! Sottogenere black che, non a caso, ha trovato maggior vigoria a metà del decennio passato, anche se – oggigiorno – qualcuno ancora c’è, a sfondare la sfera del suono. Fra essi, i Korgonthurus, appunto. I quali, per inciso, non lo fanno per tutta la durata di “Vuohen Siunaus”. Anzi, i rallentamenti sono numerosi, seppur costantemente devastati dalle spaventose accelerazioni dei blast-beats, come del resto mostra con maestria la suite finale L.U.X.’. Come, al contrario, l’opener ‘Kaaos’, spettacolare assalto totale. Energia atomica, annichilazione, vuoto.

Corvus alterna abissali growling a disperati screaming (ideali per il suicidal black metal), impartendo ai compagni l’ordine di aggredire le membrane timpaniche degli ascoltatori con la massima velocità possibile. In questi frangenti è inevitabile, come da definizione di fast black metal, l’entrata nello stato di trance, ove la dilatazione della coscienza può raggiungere dimensioni spazio-temporali sterminate.

Agghiacciante, in tal senso Vuohen Siunaus’, iperbolica accelerazione verso dimensioni sconosciute. Lontano da tutto, lontano da tutti. Per tuffarsi nelle braccia solitarie della pura misantropia psichica, rifuggendo da un Mondo foriero soltanto di sofferenza, dolore, morte. Anche ‘Inho’ fa la sua parte, con un attacco fulmineo immediato, scevro da incipit, tale da provocare danni assonali diffusi. Anticamera del decesso. Ingresso nell’oblio perenne.

La già menzionata L.U.X.’, dall’incedere multiforme, caleidoscopico, e ove si approfondisce il mood depresso dello screaming di Corvus, sembra quasi suggellare il trapasso dalla esistenza alla non-esistenza. Il passaggio dallo strazio al nulla. Il ponte fra la non-felicità e il buio silente. Una song davvero coinvolgente, poiché – anche – i Korgonthurus non si esimono di inserire qualche passaggio melodico. Breve, saltuario, nondimeno necessario per preparare l’anima al languore, alla malinconia, alla fine del tutto (I.K.P.N.’).

Proprio I.K.P.N.’ centra in pieno, nella terza e ultima parte, l’essenza del fast black metal: main-riff mostruoso, blast-beats da disfacimento mentale assoluto, growling roco, soffuso, alternato a urla da allucinazione.

I Korgonthurus, quindi, in sostanza, hanno inventato poco. Tuttavia, hanno avuto il coraggio di insistere su una strada abbandonata da molti. L’ortodossia del black metal è dura a morire. Anzi, al contrario della misera caducità degli uomini, durerà eoni ed eoni a venire.

Daniele D’Adamo

Ultimi album di Korgonthurus

Band: Korgonthurus
Genere: Black 
Anno: 2016
76