Recensione: Vuoto Spazio Trionfo

Di Alessandro Cuoghi - 27 Settembre 2010 - 0:00
Vuoto Spazio Trionfo
Band: Tronus Abyss
Etichetta:
Genere:
Anno: 2008
Nazione:
Scopri tutti i dettagli dell'album
80

Ritengo sia corretto nei confronti di ogni lettore dare il via alla recensione con una dovuta premessa che presumibilmente causerà la fuga di molti ma, almeno mi auguro, l’interesse di alcuni: il progetto Tronus Abyss odierno, checché se ne dica, a livello stilistico-musicale non è quasi più Metal, né tanto meno Black Metal o affini. Il genere a cui si avvicina maggiormente, nonostante rimanga sensibile la presenza delle sei corde, è l’elettronica Dark/Ambient, aperta ad ogni sorta di contaminazione e sperimentalismo musicale. Ciò non di meno, questo “Vuoto Spazio Trionfo” racchiude fra i propri solchi tutta l’essenza oltranzista e priva di confini che permeò il primordiale grido di rivalsa da cui sono nati generi fieramente reietti e sinceri come il Punk ed il nostro amato Heavy Metal, in (quasi) tutte le proprie forme. Proprio a tal proposito credo sia giusto dare una possibilità ad un’interessante realtà italiana (torinese per l’esattezza), che in passato ha saputo ritagliarsi un posticino nell’affollato sottobosco dell’underground estremo.

Per descrivere il disco in questione, più che trattare solamente i soliti argomenti quali genere, perizia tecnica, produzione e chi più ne ha più ne metta, preferisco approfondire maggiormente il viaggio emotivo su cui tale lavoro poggia le proprie fondamenta: una lunga e lenta traversata dell’animo umano, capace, tramite vibrazioni Dark-Ambient e crepitanti pulsioni Industrial, alternate ad ariose aperture melodiche e soluzioni inaspettate, di rendersi a volte claustrofobica, altre tiepida come il sole primaverile, senza perdere minimamente la propria coesione. Ed è proprio tale coesione uno fra i punti di forza di questo monolite musicale dal sapore orientale, che si trascina a “velocità Doom” attraverso l’essere umano, stupendo l’ascoltatore per la capacità di suscitare emozioni contrastanti.
Nota di merito va inoltre alle lyrics, estremamente curate e, per la maggior parte, cantate in un comprensibile (e spesso pulito) italiano, che tuttavia allontana ancor di più la proposta del gruppo dai lidi che siamo abituati a frequentare.

Il viaggio inizia con “Trasformazione“, ponderata opener capace di svolgere appieno la propria funzione, coinvolgendoci in quell’atmosfera mistica e rarefatta che scopriremo caratterizzare ogni singolo battito del platter.
Suoni soffusi, leggeri drappeggi musicali, elettronici gorgoglii scorrono soavi, sfiorando l’inconscio e procedendo senza sosta, come una pioggia leggera ma inarrestabile. L’ingresso di chitarre lontanamente accostabili al Depressive Black ed un cantato in screaming, che descrive la rinascita e trasformazione dell’uomo, potranno trarre in inganno su quella che è la proposta generale del combo torinese. Tali soluzioni, infatti, non caratterizzano l’anima del disco, ma sono solamente una delle molteplici sfaccettature di un lavoro che va ben oltre la mera inclusione in caste stilistiche.
La velocità estremamente ribassata della maggior parte dei brani rende percepibili le oculate modulazioni sintetiche che caratterizzano il sound della band. Brani come “Morte Di Una Conoscenza“, attraverso beat campionati e coinvolgenti strutture melodiche, rasentano l’idea della malinconia pura, avvinghiando l’ascoltatore in un’angosciante turbine sonoro al quale è difficile restare indifferenti.
Procedendo con l’ascolto ci troviamo sperduti in paesaggi desolati, ricoperti da una nebbia leggera, che filtra un sole elettrico ed intermittente, dipingendo forme e sensazioni a volte oscure e distorte, altre piacevolmente rilassanti.
Immersi nei nostri pensieri, vagando fra luci e ombre, libertà e catene, giungiamo alla malinconica e struggente “Montagne Ad Ovest“, pezzo fra i migliori del disco, capace, tramite un’acustica tutta particolare ed un cantato al limite della recitazione, di sfiorare la mente dell’ascoltatore, inducendone un’utile e liberatoria sensazione di pace.
Il viaggio continua, fra momenti più o meno elettronici, dilatazioni spazio-temporali, intermezzi spirituali e sperimentalismi dei quali una descrizione scritta risulterebbe inutile, fino a giungere, ad ascolto profondamente inoltrato, ad altre due perle musicali: la lunga, industriale e ripetitivamente depressiva “Spazio Tempo E Fiumi Di Metano” ed una rivisitazione de “Il Mio Canto Libero” di Lucio Battisti, proposta in veste talmente particolare e sincera che probabilmente anche il celebre cantautore italiano avrebbe apprezzato. A rendere quest’ultimo brano, se possibile, ancor più singolare è l’inclusione di un vero e proprio passaggio percussionistico Break Beat (alla Prodigy tanto per intendersi), tipico di realtà musicali lontane anni luce dalla nostra. Ovviamente tale soluzione potrà causare la fuga massiva e disperata dei vari puristi del settore e detrattori dell’estremismo sperimentale.
Il viaggio termina con “Il Mai Nato“,brano inizialmente tetro, che tramite una positiva evoluzione ed un’atmosferica outro ci riaccompagna delicatamente verso la realtà.

Tirando le somme questo “Vuoto Spazio Trionfo” rappresenta sicuramente un’espressione artistica fortemente legata alle intime emozioni ed ai sentimenti dei compositori e mai come in questo caso il voto a fine recensione dovrà essere tenuto poco in considerazione, in quanto derivato da un giudizio che non può essere altro che personale.
L’assimilazione di un disco del genere è infatti strettamente legata al lato percettivo del singolo ascoltatore, il quale potrà snobbarlo etichettandolo a priori come troppo elettronico, lento, sperimentale, addirittura noioso; oppure passare oltre senza considerarlo; o, infine, apprezzare appieno l’originalità, il sentimento e la classe compositiva che lo caratterizzano.
Una cosa è certa, per tutti i puristi del Rock e del Metal in generale “Vuoto Spazio Trionfo” è da evitare come la peste, in quanto disco decisamente al di fuori dei canoni del genere e (ammesso che sia stato partorito anche con intenti commerciali, cosa della quale dubito fortemente) indirizzato verso un pubblico di vedute più che larghe.

Che dire per concludere: “In un mondo che / non ci vuole più / il mio canto libero sei tu”. I Tronus Abyss il proprio canto libero l’hanno trovato, a questo punto rimane solamente da vedere in quanti saranno in grado di apprezzarlo.

Alessandro Cuoghi

Discutine sul topic relativo

Line Up

Atratus: vocals
Il Monaco: keyboards
Mord: guitar, machines, samplers
Il Marchese: bass
Axion412: drums

TRACKLIST

1.  Trasformazione    
2.  Cerimonia Del Vuoto (Mantra Tibetano Alle Divinità Ctonie)
3.  Morte Di Una Coscienza    
4.  Montagne Ad Ovest    
5.  Samadhi Aos    
6.  Cerimonia Dello Spazio    
7.  La Macchina Morbida    
8.  Reincarnazione (La Burla)    
9.  Spazio Tempo E Fumi Di Metano    
10. Il Mio Canto Libero
11. In Vetta, Con Muli Ed Alpini    
12. A Pan    
13. Il Mai Nato’    
 

Ultimi album di Tronus Abyss