Recensione: Walk in Mindfields

Di Arakness - 20 Giugno 2005 - 0:00
Walk in Mindfields
Band: Ivanhoe
Etichetta:
Genere:
Anno: 2005
Nazione:
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70

Come una fenice risorge dalle proprie ceneri, ecco che gli Ivanhoe tornano sulla scena internazionale dopo un silenzio che durava da ben 8 anni! Era infatti il 1997 quando vide le stampe Polarized, ultimo album prima di questo sorprendente ma atteso cameback. Difatti il combo tedesco ci aveva lasciato con un lavoro ampiamente al di sotto delle aspettative, soprattutto se paragonato con i precedenti Vision’s and Reality e Symbols of Time. La delusione fu tale da bruciare letteralmente tutte le ambizioni del gruppo e creare una frattura interna irreparabile, con la conseguente dipartita: difatti il talentuoso singer Andy B. Franck preferì cambiare ambiente, ed accasarsi presso i Symphorce e i Brainstorm (probabilmente determinandone le future fortune).

Esattamente come la mitologica fiera, gli Ivanhoe concretizzano la loro rigenerazione, grazie alla label Massacre, ancora fiduciosa in questo progetto (già nel 2001 giravano le prime indiscrezioni), ma soprattutto assoldando tra le loro schiere, dopo anni di ricerche, Mischa Mang, vocalist che ai più risulterà sconosciuto, vista la sua non precedente militanza nell’ambiente (si era “solo” fatto notare nel musical Jesus Christ Superstar nel ruolo di Juda). Ma questa mancanza di esperienza non deve intimorire: se la timbrica di Mang non raggiunge certo i fasti del predecessore Franck, è comunque facilmente apprezzabile la tecnica sopraffina del nuovo entrato, forte della maturazione teatrale, con una risultante prova caratteristica e carica di drammaticità. Note vocali che ben si fondono con le scelte stilistiche della band: sin dal primo ascolto si intuisce come in questi anni Welsch e Soulas non siano certo stati a digiuno, probabilmente ben metabolizzando quanto il panorama prog abbia offerto in quest’ultimo decennio. E se è vero che le influenze di gruppi oramai entrati nella recente storia del genere sono facilmente orecchiabili (in modo particolare i migliori Fates Warning, ma anche arrangiamenti che ricordano i mai troppo compianti Psychotic Waltz), è altresì vero che questo degli Ivanhoe è un ritorno alle origini, ovvero a quei due prodotti che in Germania, e non solo, avevano fatto gridare ad una promettente e valida realtà, ben oltre lo sguardo emulativo rivolto al “teatro dei sogni”, vigente all’epoca.

Probabilmente consapevoli dell’importanza di questa seconda opportunità, gli Ivanhoe evitano di sprecarla con un prodotto confuso, tributo a vecchie e/o nuove proposte, ma ci donano un album non semplice, e di assoluto livello dove il feeling è praticamente onnipresente. La tecnica dei singoli musicisti è indiscutibile, ma mai fine a se stessa: l’alchimia tra le sezioni più sperimentali e progressive è ben amalgamata con parti decisamente più atmosferiche e melodiche, probabilmente grazie anche a una produzione decisamente felice ed elegante. Ne sono un esempio lampante la title track, con la quale inizia l’album, e le immediatamente seguenti Bless My Soul e Scared dove, assieme a History, ho trovato i picchi del disco, e nelle quali è godibile la notevole prova del tastierista Seibel. Forse nella parte conclusiva il lavoro scema, con diversi cali, ma questo più che deludermi mi lascia con una consapevolezza: gli Ivanhoe sono tornati, possono fare di più, e soprattutto questo Walk in Mindfields è un probabile nuovo inizio, piuttosto che un triste canto del cigno.

Luca “Arakness” Chieregato

Tracklist:
1. Walk In Mindfields
2. Bless My Soul
3. Scared
4. Arrows
5. History…
6. …Or Crime
7. Enemy
8. Take Me To The Spirit
9. What Love Is For
10. Who Will I Be

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