Recensione: Walk Into The Pain

Di Daniele D'Adamo - 16 Gennaio 2012 - 0:00
Walk Into The Pain
Band: Kaptivity
Etichetta:
Genere:
Anno: 2011
Nazione:
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72

Quando il marciume chiama, l’Italia risponde!

Difficile trovare uno slogan più efficace per sintetizzare il terribile sentore di putrefazione che emana la musica dei Kaptivity. La band emiliana, alla prima prova discografica della propria carriera con “Walk Into The Pain”, mostra, infatti, un’attitudine per l’old school death metal la cui consistenza è inversamente proporzionale alla brevità della carriera medesima, iniziata nel 2008.

Non per caso il nome della loro etichetta discografica, Lo-Fi Creatures, rimanda a un suono rozzo, primordiale; quando, cioè, i Venom facevano vedere al Mondo che si poteva andare ben oltre i limiti sonori imposti dagli stilemi della NWOBHM. Il periodo dei Ghostrider (pre-Necrodeath) e della micidiale miscela proto-black/thrash in cui si stavano formando Slayer, Hellhammer e Mayhem. Quest’approccio non è molto originale, poiché gli stessi Ghostrider si sono riformati proponendo più o meno le medesime cose di allora ma anche per via del fatto che ci sono altre band a propugnare il verbo dell’old school, in Italia (Cimitero, Mortal Fungus). Malgrado quest’obiettiva militanza in un filone stilistico underground che vive, e molto, di ricordi sempre più diluiti nel tempo, i Kaptivity riescono comunque a dimostrare un fondamentale lemma dell’arte di Euterpe: se si possiede dell’inventiva, il genere suonato può considerarsi secondario rispetto alla capacità di scrivere buona musica. In questo caso, allora, il combo di Parma mostra di sapersi districare con abilità nei fangosi meandri di un songwriting corrotto e involuto; traendo efficacemente, da queste caratteristiche teoricamente negative, spunti pratici per proporre un sound gustosamente stantìo, proveniente dai più oscuri sotterranei della mente umana. Ecco, così, che “Walk Into The Pain” diventa un tribolato viaggio fra i tetri locali, pregni di muffa e ragnatele, che suddividono a scomparti il cervello e le sue più morbose farneticazioni.

Il suono tutt’altro che cristallino del platter aiuta senz’altro il pieno sviluppo dello stile suonato dai Nostri, ma non solo. Tutti i membri misurano con accortezza la propria prestazione al fine di contribuire, ciascuno per quanto di competenza, al comune obiettivo finale: il disegno di uno stile personale e riconoscibile, per quanto inflazionato. Il growling rabbioso e cavernoso di Il Franz, che sembra provenire direttamente dall’oltretomba, oppure il guitarwork di stretta derivazione thrash gestito da Zi e Nick. Più di tutti, però, sono Lorenzo e Dany a rendere così malato il sound del loro ensemble. Il primo, penetrando a fondo le frequenze del suono saltellando sulle corde del basso con quel tocco caldo e avvolgente frutto di un approccio fieramente ortodosso allo strumento. E, si sa, il calore alimenta decomposizione… il secondo, proponendo un drumming volutamente elementare quanto veemente, ben lontano da tecnicismi e ammennicoli vari. Un modo di pestare le pelli che ricorda il Marco “Peso” Pesenti (Ghostrider, Necrodeath) dei primi tempi.    

Fra i vari brani, mediamente assestati su una discreta qualità artistica, si possono evidenziare la violentissima title-track e la movimentata “Burning Until The End”, rimbombante di echi provenienti dal passato remoto, retta da un riff portante devastante. Difficile da poter dimenticare, anche, il fradicio incedere di “The City Of Pain”. Insomma, ce n’è per tutti i gusti, se questi coincidono con i sapori che si possono immaginare osservando i guasti colori della copertina dell’album.   

Concludendo, non si può certo nascondere il fatto che i Kaptivity non abbiano inserito nemmeno una nota evoluzionista, nel DNA che ha dato vita a “Walk Into The Pain”. Se questa volontà da un lato è una pecca, in quanto contraria alla natura umana da sempre spinta verso il progresso, dall’altro è un pregio poiché restituisce immutato – oggi – il bouquet unico e inimitabile del death metal vecchia scuola, così com’era quasi sei lustri fa. Ovviamente, un lavoro solo e soltanto per gli appassionati del genere.   

Daniele “dani66” D’Adamo

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Tracce:
1. Intro 1:51
2. Kaptivity 3:53         
3. Dawn Of The Immolated 5:04         
4. The City Of Pain 4:59         
5. Contaminated 4:25         
6. Infected 3:16         
7. Tortured 3:54         
8. Burning Until The End 4:01         
9. Obscure (Blind Path) 5:25         
10. Outro (End Of Path) 0:54             

Durata 37 min.

Formazione:
Il Franz – Voce
Zi – Chitarra
Nick – Chitarra
Lorenzo – Basso
Dany – Batteria

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