Recensione: Wanderlust

Di Daniele D'Adamo - 24 Luglio 2010 - 0:00
Wanderlust
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Genere:
Anno: 2010
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69

Stakanovista nel mettere sotto contratto anche band specializzate in quello che oramai è universalmente definito «post-black metal» – derivante da una violenta accelerazione evolutiva del genere nero, questi inteso nell’accezione più tradizionale del termine –, la label moscovita Frostscald Records rilascia sul mercato internazionale il full-length d’esordio dei canadesi Finnr’s Cane, “Wanderlust”.
I quali, quindi, trovano come compagni di scuderia act del calibro di Svart, Agalloch, Walknut, Nocturnal Depression, Deathspell Omega. Gruppi, cioè, che hanno tentato, con successo, di sganciarsi dai limitativi, tradizionali stilemi del black metal che hanno caratterizzato i lustri passati.

Più che un tentativo di allontanamento, parlerei di voglia di evoluzione, di progressione nel tentativo di esplorare nuovi territori, comunque sempre compresi all’interno del Continente Nero. Sfumati nel sound del trio dell’Ontario, si trovano parecchi elementi successivi («post») all’era della piena maturazione del frutto proibito; epoca – a parere di chi scrive – coincidente con l’acme tecnico/artistico di gruppi come i Dimmu Borgir, gli Emperor, i Satirycon, e quindi relativamente recente.
Elementi che prendono forma e sostanza, soprattutto, nei riff di chitarra, ben lungi dal reiterare gli schemi concepiti in passato (“The Healer”), e nelle (rare) linee vocali, allontanatesi definitivamente (“Snowball”) dal canonico, cupo screaming. Molte band, in ogni caso, mantengono attivo in vari modi il cordone ombelicale con la progenitura black: nel caso dei Nostri questo legame si esprime nella produzione, volutamente ruvida e grezza, sì da dare a “Wanderlust” l’inconfondibile sentore di un qualcosa che si riconduca ai primordiali istinti del genere umano. Una produzione vicina a quella che rese Leggenda i Bathory. E, da questi, i Finnr’s Cane ereditano una corposa connotazione dai forti toni epico-lirici (“The Lost Traveller”).
La melodia è ben presente, spesso trasognante, triste e malinconica, concepita per accompagnare verso gli strati rarefatti dell’atmosfera; regno del freddo e, quindi, del ghiaccio. Ghiaccio che rappresenta la Musa ispiratrice del trio di Sudbury, sia nei momenti più rallentati (“Glassice”) sia in quelli più intensi (“A Winter For Shut-Ins”). Le note paiono intrappolate nell’eterno inverno boreale, segnato da interminabili tempeste di neve, in glaciali giorni sempre uguali. Davvero abile, il gruppo, nella restituzione musicale di quest’astratta visione. A ciò contribuisce il guitarwork: cristallino, dissonante, penetrante come il freddo più intenso, e le tastiere, con i gelidi sottofondi d’accompagnamento e i campionamenti ambient.
Questa mirabile rappresentazione di un’infinita età della solitudine trova il punto più alto, come intensità, in “The Hope For Spring”, canzone poderosa, varia, pregna di sentimento e di poesia. Il brano è senza dubbio quello che rappresenta meglio l’idea che sta alla base del progetto Finnr’s Cane. Tale conclusione, sebbene possa sembrare perentoria, al momento è quella più evidente. Il sound dei canadesi ha senza dubbio una sua forma ben definita, anche se non particolarmente originale; mentre lo stile, ancora, vacilla e tentenna. Gli elementi estranei citati poc’anzi, pur consentendo al genere di spingersi in avanti sulla scala evolutiva sono, infatti, troppo slegati fra loro; non consentendo alla proposta di possedere quella maturità necessaria a proseguire senza incertezze la strada intrapresa.
In sostanza, a “Wanderlust” manca ancora la consistenza stilistica. Quella, cioè, che fa riconoscere, subito, un’opera da un’altra, anche e soprattutto dopo pochi accordi.

I Finnr’s Cane, in ogni caso, sono da apprezzare comunque per la capacità di rendere tangibili sensazioni fisiche (il freddo …) utilizzando nient’altro che i propri strumenti musicali. Le canzoni sono ben strutturate e incastrate con efficacia come i mattoni di un igloo. Le idee ci sono e sono rese con spontaneità e immediatezza.
Non si è ancora raggiunta, in estrema sintesi, la maturità compositiva.

Daniele “dani66” D’Adamo


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Track-list:
1. The Healer 3:00
2. Snowfall 4:51
3. A Winter For Shut-Ins 6:14
4. The Lost Traveller 6:29
5. Glassice 8:21
6. The Hope For Spring 6:03
7. Eternal 7:03
8. House Of Memory 6:15

Line-up:
The Bard – Guitar, Vocals
The Slave – Synth, Cello
The Peasant – Drums

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