Recensione: We Will Be Dead Tomorrow

Di Matteo Bovio - 18 Febbraio 2003 - 0:00
We Will Be Dead Tomorrow
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Anno: 2003
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60

Se non volete partire subito col piede sbagliato dimenticatevi fin dall’inizio le pacchiane presentazioni di questa band; dimenticate la loro affermazione di “aver creato la band per essere la più fastidiosa” al mondo o di trarre ispirazione da “Led Zeppelin, Black Sabbath, Deep Purple, Jimi Hendrix ed Ac/Dc”… Partendo da questi presupposti non potreste che valutare questo We Will Be Dead Tomorrow come la più grossa fregatura degli ultimi anni. Ed è quello che mi accingevo a fare, prima di rileggere la loro musica per quello che effettivamente è, ossia come una rielaborazione (per modo di dire) del suono NYHC di Biohazard e simili (non è un caso che in fase di registrazione abbiano collaborato Danny Schuler e Billy Graziadei).

Il sound non è certo dei più freschi, ma nel momento stesso in cui il gruppo ha deciso di seguire queste coordinate credo avesse già abbandonato questa possibilità; piuttosto i Raging Speedhorn puntano sull’immediatezza dei brani, i quali raramente non hanno almeno un momento dal ritmo o dal riffing particolarmente orecchiabile. Così la stessa “Me And You Man”, dall’incipit classicamente dissonante, va poi a parare per la maggior parte della sua durata sul più classico dei 4/4, con un attitudine (tra l’altro presente in molti altri punti) punk rock.

L’episodio più convincente arriva con “Chronic Youth”, o forse con la successiva “Iron Cobra”. Di quest’ultima non si può tralasciare il grandissimo impatto della ritmica cadenzata, accompagnata da una linea di chitarra molto semplice e tuttavia di grandissima presenza. Ma nella media del cd è difficile trovare molto spazio per altrettante aperture di qualità, e per lo più si viaggia nello standard della noia pura. Ci troviamo così davanti un lavoro dalla produzione molto bella (difficile onestamente ottenere meglio di questo a livello di suono), anche se non personalissima, ma carente in quanto ad idee.

Salvati nella valutazione principalmente dall’impatto che riescono a creare, aiutati come già detto dai loro suoni, i Raging Speedhorn potrebbero essere una buona colonna sonora (almeno per i primi tempi) di qualche efferato hardcorer. Non mi sento invece in cuor mio di consigliare questo lavoro a chi sia estraneo a questo ambiente, spesso paurosamente vicino a scadere nel più deludente Nu Metal (fortunatamente non è questo il caso).
Matteo Bovio

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