Recensione: What Doesn’t Kill Me Makes a Big Mistake

Di Nicola Furlan - 17 Agosto 2012 - 0:00
What Doesn’t Kill Me Makes a Big Mistake
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Anno: 2012
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I Gross Grolland provengono dalla Russia siberiana, precisamente da Kurgan. Sebbene il nome appaia completamente sconosciuto, sopratutto dalle nostre parti, a livello underground la loro storia non è così recente come possa sembrare. Anche se “What Doesn’t Kill Me Makes a Big Mistake” è, di fatto, l’esordio discografico, la band è nata oltre dieci anni fa, nel 1999 ed ha dato vita ad un EP e demo vari che hanno infuocato i piccoli locali verso il confine con il Kazakistan. La formazione s’è successivamente sciolta nel 2005, per poi riformarsi.
Sono quindi ben sette gli anni passati prima che si potesse aver per le mani il loro debutto. Diciamo fin da subito una cosa: non è uno stile musicale comune. Il loro modo di comporre è particolare, per certi versi sperimentale e riflette un parco idee notevole, sebbene, a nostro parere, poco equilibrato. Non stiamo accusando la band di follia, ma riteniamo che il tutto suoni troppo asettico per la combinazione poco omogenea delle idee messe in atto. Una sorta di post-thrash, dalle tinte industrial, cozza costantemente con delle aperture tendenti al doom. Tale eterogeneità stilistica smorza, con grande stridere di tutte strutture compositive che identificano il songwriting di “What Doesn’t Kill Me Makes a Big Mistake”, tutta l’inerzia che si cela dietro l’aspetto più aggressivo di questi dieci brani. Senza contare che i tratti più distesi si rivelano piatti e privi di profondità. In questo modo, né le sezioni ritmiche ‘cavalcanti’, tipicamente ‘thrashy’, né le parti più oscure riescono ad esprimersi come dovrebbero. Il risultato è una musica insipida ed asettica.
Complice di questo ‘freddo compositivo’ è pure la produzione adottata che appiattisce la potenziale ampiezza d’ogni minima sfumatura del suono che, ne siamo certi, avrebbe garantito più colore e respiro ad un quadro musicale del tutto privo di anima e di vita. Quindi, a nostro parere, non ci siamo. Potrebbe essere una idea quella di lavorare più ‘di sincerità’, lasciando un attimo da parte la maledetta tendenza a rendere così ‘perfetto’ e squadrato il tutto. Non ultimo, ma per questo non basterà una consolle a diretto controllo di un missatore, iniziare a darsi un po’ più da fare a livello di ‘esercizi’ perché la capacità tecnica, poco ma sicuro, non si acquisisce se non facendosi venire calli e vesciche alle mani. Ma, ribadiamo, perlomeno, le idee ci sono. È pur sempre un inizio…

Nicola Furlan

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Tracce:
01. Kamikaze – 03:52   
02. Under Sight – 4:01    
03. Die – 3:39     
04. B.Y.E. (Be Your Enemy) – 03:31   
05. It – 03:32   
06. Voices – 3:44    
07. 648 – 03:02   
08. Policeman Tropillo – 4:16     
09. Friday – 3:31    
10. Friendship – 03:26   

Durata: 37 minuti ca. 

Formazione:
Alexandr Sobolev: Basso
Ivan Mensyikov: Chitarra 
Mikhail Vorobyov: Chitarra
Sergey Homyakov: Voce
Roman Kiskin: Batteria

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