Recensione: Wheel Of Time

Di Stefano Ricetti - 12 Giugno 2018 - 12:15
Wheel Of Time
Band: Way Out
Etichetta:
Genere: Heavy 
Anno: 2018
Nazione:
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72

Ascoltando Wheel Of Time si resta irrimediabilmente avviluppati dalle spire dell’Acciaio primordiale, quello da dove è partito tutto, decenni fa. La possanza iconografica dell’HM più tradizionale e tradizionalista si esprime anche nella grafica della copertina: un cliché dietro l’altro al servizio di una capacità penetrativa mai più eguagliata, men che meno dalle cover che vanno di moda oggidì, fredde e cariche come poche anche se obiettivamente intriganti (a volte).

La storia dei Way Out prende piede in quel della Capitale, uno dei posti al mondo che sprizza storia con la “S” maiuscola ad ogni poro, ops… sampietrino, nel 1980, l’anno più bello del firmamento heavy metal di sempre. Ben tre dei fondatori fanno ancora parte della band oggi: Riccardo Strizzi (vox), Stefano Strizzi (batteria) e Riccardo Di Felice (basso). Una quindicina di anni dura la loro prima parte di milizia, alternata dai classici demo su musicassetta e i dentro e fuori nella line-up. Fra gli highlight alive la presenza al primo Italian Metal Day di Fossano (CN), la serata al Black Out di Roma e le varie Metal Massacre Nights messe in piedi dall’immenso Baffo Jorg (R.I.P. Giuseppe). Passano vent’anni e accade la magia: i Way Out si riformano sulla spinta della pubblicazione di “We Are Ready” in vinile da parte della Ace Records nel 2013 che raccoglie i brani dei loro vecchi demo degli anni Ottanta. I motori tornano a girare e la line-up man mano si consolida intorno ai tre veterani sopracitati grazie anche alla spinta generata dall’incessante entusiasmo di due agitatori della scena romana quali Andrea Ciccomartino (Suo il libro Anni di Metallo, qui recensione) e Gianfranco Belisario. E veniamo ai giorni nostri: affidate le due asce a Enzo Tauriello e Frank Marrelli i Way Out se ne escono sul mercato con il novissimo Wheel of Time, oggetto della recensione, cd che si accompagna a un libretto di quattro pagine.  

Sin dall’opener “Born To Fight” e ancor di più con la successive “Black Stone”/”Metal Attack” è una siviera di Metallo incandescente quella che si riversa nei padiglioni auricolari di chi ascolta. La vecchia scuola britannica la fa da padrona, quindi potenza ma anche melodia e suoni non per forza ipersaturi, come da copione in questi casi. British Steel, quindi, in abbondanza, anche se non va dimenticato che il combo romano possiede un vasto curriculum scritto fra le tortuose strade dell’heavy metal italiano che gli ha permesso di assumere, lustro dopo lustro, una propria identità. Dal retrogusto latino, of course, come solo noi italiani siamo capaci di mescere al meglio con le sferzate più violente e affilate. Riccardo Strizzi è una vecchia triglia dell’Acciaio, un uomo dal credo spropositato così come gli altri componenti la band ma di certo non è Rob HalfordTodd Michael Hall così come la produzione di Wheel Of Time non può rivaleggiare con quella di Firepower, per dire. Camionate di dollari di differenza fanno la differenza, per l’appunto.

Il piglio con il quale i Way Out ci danno dentro però, è encomiabile, ed infatti il prodotto finito trasuda passione a ogni passaggio, che è poi quello che conta. “Listen” è un piccolo grande gioiello di Italian way of heavy rock in un disco in cui le sorprese sono al minimo: i romani confezionano una certezza dietro l’altra, esattamente quello che ci si attende da cinque defender Spqr come loro.

Wheel Of Time: un piacevolissimo bagno rigenerante nelle incontaminate, sacre fonti della siderurgia applicata alla musica, in chiave tricolore.

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti

 

 

 

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