Recensione: When Death Comes

Di Carlo Passa - 31 Maggio 2015 - 21:00
When Death Comes
Etichetta:
Genere: Doom 
Anno: 2014
Nazione:
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80

Dopo un paio di split, rispettivamente con i georgiani Ennui e i tedeschi Frowning, gli Aphonic Threnody di Riccardo Veronese giungono al disco di debutto, intitolato When Death Comes.
Basata a Londra, la band include membri di diversa provenienza geografica: oltre al citato Riccardo Veronese, gli italiani Roberto M. alla voce e Marco Z. alla batteria, l’ungherese Abel L. al violoncello e il belga Kostas P. alle tastiere (che ha lasciato la band dopo le registrazioni del disco).
Una trenodia è un canto funebre. Una trenodia “afonica” è, dunque, un canto funebre silenzioso: il massimo della rappresentazione del dolore, tanto profondo da divenire inesprimibile. Il nome della band si adatta perfettamente alla sua proposta musicale: funeral death doom opprimente, riflessivo e, appunto, doloroso.
Genere difficile da gestire il funeral doom: il rischio di scadere nella noia autoreferenziale è sempre dietro l’angolo. Sono, dunque, meritevoli di particolare lode quelle band che riescano a mantenere alta la tensione lungo i solchi di pezzi che sono inevitabilmente lunghi, lenti e oppressivi. Gli Aphonic Threnody centrano il bersaglio: When Death Comes suona sufficientemente dinamico da risultare convincente. Gli arrangiamenti e le melodie, veri banchi di prova del genere, denotano l’esperienza dei musicisti, che mai scadono nel qualunquismo ma, anzi, sanno costruire variegate atmosfere attorno a poche e semplici linee melodiche. Il growling, poi, è sempre motivato e di grande qualità.
The Ghost’s Song apre il disco alla grande, con un riff che conosce la propria canonicità e, per questo, sa manipolarla, trasformandola nella vera marcia in più di un pezzo che non stanca e conduce l’ascoltatore lungo un viaggio cangiante e realmente progressivo.
Se possibile, la lunghissima Death Obsession amplifica ulteriormente quanto messo in cascina da The Ghost’s Song: la band dimostra grande abilità nel saper variare lungo una melodia semplice, lenta e ossessiva. Le incursioni del violoncello sono discrete e, al contempo, essenziali per rendere al meglio quella sensazione di cognizione del dolore che attraversa tutti i pezzi di When Death Comes.
Pur di indubbia qualità, Dementia suona meno convincente rispetto ai suoi predecessori: ma forse è più l’alto valore di quelli che non la debolezza di Dementia a influenzarne la valutazione. Trattasi di un lungo, lento lamento (un “threnos” appunto) non sempre capace di creare quell’empatia con l’ascoltatore che, in altri episodi, rappresenta proprio l’arma più forte nelle mani della band. 
The Children’s Sleep, invece, è una gran canzone, che vede il contributo di Greg Chandler (Esoteric) alla chitarra e di David Unsaved (Ennui) alle backing vocals. Lunghissima, realmente progressiva, melodica, epica, aggressiva, straziante, deprimente ma al contempo catartica, The Children’s Sleep è un brano che solo una band ampiamente cosciente dei propri mezzi può scrivere e suonare. Gli ingredienti sono sempre i medesimi, ma la loro combinazione è qui tale da creare in pieno proprio quell’empatia che Dementia aveva in parte mancato.
Our Way To The Ground, infine, è un buon pezzo, ma subisce la vicinanza con The Children’s Sleep, che davvero prosciuga l’ammontare di sensibilità concesso all’ascoltatore.
In tempi di ascolti veloci e distratti, gli Aphonic Threnody richiedono lunghi minuti e attenzione costante. When Death Comes impone un’esperienza multisensoriale: godetevi il disco in solitudine, in un ambiente che vi sia caro, senza distrarvi con nient’altro che non sia la musica stessa. Alla fine, vi ritroverete con l’animo affaticato ma purificato. Certo metal rappresenta la moderna tragedia e può anche questo.

 

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