Recensione: When Depravity Incarnates

Di Daniele D'Adamo - 1 Maggio 2012 - 0:00
When Depravity Incarnates
Band: Abhordium
Etichetta:
Genere:
Anno: 2012
Nazione:
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68

Dall’ordinata Salo, nel sud della Finlandia, arriva – ancora una volta dall’Europa settentrionale – una cellula di caos strisciante sotto forma di death metal. Si tratta degli Abhordium che, in piedi dal 2005, dopo l’EP “Declaration Of Perdition” (2009), centrano l’uscita del debut album con “When Depravity Incarnates”, lavoro in origine autoprodotto ma ora facente parte del carniere di caccia dell’Inverse Records.  

Caos che è frutto di un’emulsione fra black metal e old school death, ma che non manca di inserire, in sé, tracce di brutal e, più raramente, di technical; comunque sotto un comune denominatore che è, senza tanti giri di parole, il death metal. Death metal tosto, violento, buio, oscuro, contrassegnato, in primis, dalla già menzionata sensazione di mancanza di riferimenti, di vertigine, di assenza d’ordine. Ovviamente quest’approccio è voluto, da parte degli Abhordium, poiché i quattro membri, presi uno a uno, non si dimostrano secondi a nessuno in quanto a tecnica strumentale.

Dal possente e cinetico batterista Arttu Aalt all’aggressivo e folle cantante Kari Laaksonen non ci sono punti deboli, nella band scandinava. Anzi, Jarkko Neuvonen mostra d’essere un chitarrista con i fiocchi, capace d’imbastire – da solo – un immenso rifferama abbracciante il death a 360°; così come le linee vorticose del bassista Jussi Saarinen non fanno rimpiangere nessuno dei colleghi specializzati nel genere.

Il sound del gruppo si rivela, così, davvero tirato all’estremo: possente e tosto, come una grandinata rovente sui denti. Si tratta di un sound difficile, privo anche del più microscopico accenno di melodia, tetro e angoscioso come da migliore tradizione black. L’aver voluto miscelare alcuni dei sottogeneri del death al black stesso, se da un lato ha aumentato la varietà della proposta dell’ensemble nordeuropeo, dall’altro ne ha reso difficile la personalizzazione, disperdendo un po’ le idee nel babelico impianto sonoro di “When Depravity Incarnates”. Si riesce con difficoltà, quindi, a far mente locale all’enorme quantità di note messe giù da Neuvonen e compagni, rendendo ardua, perlomeno nel medio termine, la memorizzazione di un sound ostico e tentacolare. Come effetto positivo, ciò ha comportato una discreta originalità, giacché non riesce immediato paragonare gli Abhordium ad altre realtà che brulicano nell’oscuro mondo sotterraneo del black/death. Alla fine, tuttavia, l’aver voluto essere ‘troppo’ sregolati ha portato inevitabilmente i Nostri a essere poco ‘accattivanti’ e, quindi, un po’ noiosi.

Tanto è vero che i migliori brani del disco sono quelli in cui lo stile è facilmente interpretabile, cioè il black metal classico di “Shadow Of The Horns” e di “Abyss Portal”. Certo, in questi frangenti l’originalità va a farsi benedire, tuttavia la focalizzazione di una singola tipologia musicale aiuta l’act finlandese a concentrarsi con maggiore efficacia sulla composizione, dando così vita a due canzoni magari concettualmente banali ma artisticamente interessanti. La prima, da sfascio totale, è retta da un magnifico riff portante; la seconda, altrettanto devastante, è profonda come la tenebra. Anche perché, occorre evidenziarlo, lo screaming di Laaksonen è assolutamente agghiacciante, sicuramente più efficace del suo – seppur buono – growling.

Nei pezzi… ‘più death’, a parere di chi vi scrive, gli Abhordium si perdono in un marasma di accordi e ritmi che allungano e assottigliano l’anima nera del CD. “Plague Upon Plague”, “Dormant Mind”, “Like The Ruins Betokeneth”, giusto per fare qualche esempio, hanno una struttura sì ramificata che per poterla apprezzare occorrerebbe passarla ai raggi X. Questa operazione, obiettivamente lunga, non si riesce a compierla in toto poiché, semplicemente, la pazienza viene meno.        

Peccato. Le potenzialità tecnico/artistico degli Abhordium sono inequivocabili e “When Depravity Incarnates” è, tutto sommato, un discreto inizio di carriera discografica. Forse sarebbe stato meglio, per loro, concentrare tutti gli sforzi su un genere solo: il black.   
   
Daniele “dani66” D’Adamo

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Tracce:
1. Cursed Phenomenon 4:30     
2. Plague Upon Plague 3:26       
3. Circulation Of Stygian Wings 4:02     
4. Depravity & Withering 3:00       
5. Shadow Of The Horns 3:57     
6. Dormant Mind 3:52     
7. Chaos Mantra 5:33     
8. Like The Ruins Betokeneth 4:34     
9. Abyss Portal 6:50      

Durata 40 min.

Formazione:
Kari Laaksonen – Voce
Jarkko Neuvonen – Chitarra
Jussi Saarinen – Basso
Arttu Aalt – Batteria
 

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