Recensione: Where Flesh and Divinity Collide

Di Matteo Lavazza - 28 Dicembre 2004 - 0:00
Where Flesh and Divinity Collide
Band: Satureye
Etichetta:
Genere:
Anno: 2004
Nazione:
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40

Disco d’esordio per gli scandinavi Satureye, che possono contare nelle loro fila nel cantante dei Merciless Rogga, fatto a cui la biografia del gruppo pare dare molta importanza.
Il genere proposto in questo “When Flesh and Divinity Collide” è quel mix di Thrash “moderno” e Death melodico che pare molto in voga ultimamente tra i gruppi “nordici”, ed infatti è proprio su questa falsariga che inizia il cd, “The False Light” mette subito in mostra tutti i difetti che caratterizzano questo lavoro, cioè un riffing che vuole essere aggressivo, senza riuscirci pienamente, una voce che mal si adatta a certe soluzioni melodiche trovate dal resto del gruppo, ma soprattutto la freddezza che, almeno personalmente, trovo davvero insopportabile.
A tutto questo aggiungete anche che la band non riesce praticamente mai a proporre una soluzione che si possa, anche lontanamente, definire originale, ed è facile capire il motivo per cui non riesco proprio a trovare degli spunti interessanti nella varie “Through the Faceless Crowd”, pezzo che a mio avviso, nelle intenzioni del gruppo, doveva essere roccioso e potente, ma che in realtà proprio non ce la fa,  “Destined to Wither”, in cui la band cerca nella velocità il punto di forza, ma il cui effetto viene sfortunatamente smorzato dalla freddezza generale, “One Man Riot”, che se musicalmente ha un pizzico di aggressività in più rispetto alle canzoni precedenti, viene però mortificato da una linea vocale assolutamente non all’altezza e decisamente scontata, “Nothing is Forever”, forse la canzone con i migliori riff dell’intero disco, anche se nemmeno in questo caso mancano i difetti, come per esempio delle parti di batteria, ad opera di Henke, davvero scontate e senza il minimo sussulto, “The World in my Hand”, brano aperto da un riff Thrash vecchio stampo, che poi si perde in sonorità più moderne e meno avvincenti, “End”, canzone che puzza di già sentito un milione di volte, scontata all’inverosimile, “Failure Foreseen”, canzone in cui la velocità e l’innegabile violenza sonora vanno a sopperire, in qualche modo, alla mancanza di idee, “Filled with Dust”, brano in cui il gruppo rallenta di molto i ritmi, che ha perlomeno il pregio di risultare quantomeno interessante, anche se non bisogna aspettarsi nessuna sorpresa, “Wasted Glories”, anche questo un pezzo già ascoltato mille volte, anche su questo stesso album, “In Mercury”, per cui vale lo stesso discorso fatto per la canzone prima, solo che i ritmi sono meno veloci, e la conclusiva “Absolution”, che, indovinate un po’, ho trovato di una banalità davvero sconcertante.
Ho trovato i suoni davvero pessimi, in quanto ritengo che siano la prima causa del senso di “freddo” che ho ricavato da questo disco, sicuramente puliti e precisi, ma anche dannatamente impersonali e poco potenti, il che, per un gruppo che dice di voler suonare Thrash, è un peccato gravissimo.
Tecnicamente il gruppo non è un granchè, a livello solista le chitarre non esistono, nel senso che trovare un assolo qui dentro è impresa ardua, a livello ritmico non fanno nulla di che, il batterista, come ho già avuto modo di scrivere, suona parti banali e senza mai uno spunto degno di nota, e per finire il cantante mi è sembrato in più di un occasione inadatto al genere.
Io non riesco davvero a capire come un etichetta discografica possa mettere sotto contratto gruppi del genere, ormai il mercato per questo tipo di proposta è piuttosto pieno, quindi anche a livello economico non vedo che ritorno si possa avere, di certo a livello artistico la pochezza di questo disco è, sempre ed ovviamente a mio parere, davvero incredibile.
E pensare che ci sono centinaia di gruppi molto, ma davvero molto, più validi di questi Satureye che fanno fatica anche a trovare qualche data per suonare dal vivo…. 

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