Recensione: Where Shadows Forever Reign

Di Andrea Poletti - 1 Giugno 2016 - 4:44
Where Shadows Forever Reign
Band: Dark Funeral
Etichetta:
Genere: Black 
Anno: 2016
Nazione:
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77

Il Black Metal è Norvegese, non giriamoci intorno; nato cresciuto e sdoganato al resto del mondo in lidi meno gelidi (chi sta con l’Inghilterra chi supporta la Svizzera) ha definitivamente preso casa nelle terre nordiche. Metaforicamente è la l’Yggdrasil del black metal moderno, smentire tale affermazione sarebbe catastrofico e rovinoso. Solamente la Finlandia e in alcuni rari casi la Svezia sono riuscite negli anni a proporre realtà avvincenti; pensando alla Svezia per l’appunto il primo nome che viene in mente sono i Marduk, autori di ottimi risultati negli ultimi anni ed in maniera meno efficace i Watain. Potremmo citare ulteriormente band quali Naglfar, gli Shining, i Necrophobic e via dicendo, tutte band considerabili quali attive, sia chiaro, peccato che negli ultimi anni i Dark Funeral siano spariti dalla scena contemporanea. Che fine avevano fatto i Dark Funeral che quasi li avevamo persi nell’abisso più profondo?

57.335 ore, ovvero

2389 giorni, ovvero

342 settimane

Questo è il tempo che intercorre tra la data d’uscita di “Angelus Exuro Pro Eternus” e questo nuovissimo “Where Shadows Forever Reign”; non molto è cambiato negli anni sinceramente, Lord Ahriman è rimasto fermo sul suo piedistallo insieme a Chaq Mol ma un nome compare su tutti: Heljarmadr. Questo nuovo cantante, dopo la fuoriuscita rivoluzionaria di Emperor Magus Caigula, senza mezzi termini ci offre una prestazione ottimale al limite della perfezione; spiace dirlo ai vecchi sostenitori ma qua probabilmente abbiamo raggiunto un livello superiore. La capacità vocale di questo nuovo frontman spazza via per tecnica e varietà tutto il creato in passato; come accaduto per i Marduk all’epoca dell’uscita di Legion, a volte accade che si migliora e chiudendo una porta di apre un portone: una bella novità.

Come solo solito dichiarare, ogni nuova uscita discografica deve necessariamente portare in seno un’evoluzione per meritare un minimo di considerazione, uno step in avanti a livello artistico e compositivo per andare ad esplorare sentieri prima solamente immaginati. Detto ciò possiamo tranquillamente affermare che in passato i Dark Funeral non siano mai stati considerati quali “progressisti” sotto questo aspetto; buoni album che dimostravano sul lungo cammino una forma alquanto monolitica, dove la freschezza spesso ne risentiva risultando a livello strutturale carenti in creatività ed affievolendo la soglia d’attenzione. Album ottimamente scritti, portatori di un black duro ed intransigente, prendevano il toro per le corna con canzoni che offrivano violenza a tout-court senza arte ne parte. Finalmente il 2016 è arrivato ed in dote abbiamo quello che può essere considerato l’album più “sperimentale” (prendetelo a livello metaforico) della band Scandinava, una vena compositiva che pare proprio sprizzare satana da ogni poro; questi lughi sette anni sembra siano stati d’aiuto ed obbligatori. Il trademark è rimasto invariato, lo stile è quello che da sempre conosciamo sin dai tempi di “The Secrets of the Black Arts” ma un’impronta più dinamica ed accessibile si aggira spavalda qua e là; non possiamo definirla rivoluzione, ma una sana e doverosa evoluzione che accade ad ogni musicista che guarda in avanti senza bloccarsi sui piedistalli del passato. Se l’iniziale “Unchain my Soul” è un marchio di fabbrica, l’opener perfetta stile schiacciasassi per grandi e piccini, già con la successiva “As One We Shall Conquer” i mid-tempo fanno capolino attraverso una struttura più groove e ritmata che inevitabilmente porta alla diminuzione del livello di satana in corpo; questo aspetto lo si troverà in ogni singola traccia successiva, dove i cambi tempo e gli intermezzi ritmato saranno quei dettagli che andranno far differenziare “Where Shadows Forever Reign” dal resto della discografia dei Dark Funeral. La violenza non si è persa per strada ed è ancora riscontrabile in molteplici passaggi, la produzione più secca e meno spessorata porta verso reminiscenze di un “Vobiscum Satanas” dei tempi che furono ed è li che sale il livello satana. Prendiamo ad esempio brani come “Beast Above Man”, “The Eternal Eclipse” e conclusiva “Titletrack” con la combustione d’intenti per decretare la morte ai miscredenti prendere il meglio del proprio passato estrapolandone i migliori aspetti ed enfatizzarli verso il futuro, che porta questo nuovo album quale nodo cruciale nel destino della band. Menzione a parte per il singolo apripista che oramai tutti avranno ascoltato, “Nail them To the Cross”, quale anthem per questo nuovo album; un brano ottimamente realizzato che risulta insieme alla già citata “Titletrack” l’apice compositivo del disco. Di seguito alcune frasi da questo ottimo brano:

Proclamiamo l’incessante ritorno di Satana!

Distruggere ogni morale e trascinano fuori la Bestia

Caccia ai deboli e umilia tutto ciò che è sacro

Inchiodali alla croce

Le spine devono conficcarsi

Inchiodali alla croce

Gli angeli piangono

Inchiodali alla croce

Estirpa “Dio”

Inchiodali alla croce

Io sono la divinità

Il Black Metal è Norvegese, non giriamoci intorno ma la Svezia sa fare il suo sporco mestiere andando a colpire dove altri non arrivano. I Dark Funeral ci offrono sul piatto un ottimo album, un prodotto che propone un considerevole passo in avanti a livello strutturale e concettuale; certamente non entrerà mai tra i top dell’anno, visto e considerato ciò che il “vero underground” riesce a proporre negli ultimi tempi, ma regalerà molte gioie ai fans. “Where Shadows Forever Reign” è il primo album dai tempi dell’esordio discografico che non porta un titolo in latino e presenta la cover di Kristian Wåhlin che ha ricalcato le stesse cromatiche e ambientazioni del 1996; chiaro segno di un ritorno alle origini, che a dispetto di tutto è arrivato solo in parte. Se state cercando il ritorno al passato, andate oltre, se invece siete dei progressisti avvicinatevi a “Where Shadows Forever Reign” con il rispetto che merita. Applausi.

“Per me suonare metal, metal estremo, è una forma di rappresentazione artistica, libertà concettuale che sta alla base del tutto. Che la si supporti o meno è molto importante prestargli attenzione”

Lord Ahriman (Dark Funeral)

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