Recensione: Wild Seed Of Mother Earth

Di Mauro Gelsomini - 26 Giugno 2004 - 0:00
Wild Seed Of Mother Earth
Band: Voodoo Hill
Etichetta:
Genere:
Anno: 2004
Nazione:
Scopri tutti i dettagli dell'album
76

Songwriter, chitarrista, arrangiatore, produttore di band del calibro di Lacuna Coil e Anathema, Dario Mollo giunge al secondo volume del suo progetto Voodoo Hill, dopo l’omonimo debut acclamato dalla stampa come miglior album hard rock del 2000. Portando avanti parallelamente il progetto The Cage (che vede coinvolti il tastierista dei Rainbow e dei Deep Purple, Don Airey, l’ex singer dei Black Sabbath, Tony Martin, l’ex bassista dei Blue Murder, Tony Franklyn), Dario preferisce concentrare nei Voodoo Hill idee di maggiore aggressività, da un lato, e suoni piuttosto moderni, dall’altro.
A conciliare il tutto con l’hard rock melodico, e non potrebbe essere altrimenti, ci pensa la voce del rock, al secolo Mr. Glenn Hughes, cangiante e vellutata, ruggente e nera come solo essa sa essere.

Si alterneranno episodi diretti e funambolici, aggressivi, come la opener “Make Believe”, che su una base ritmica dalla grande carica energetica costruisce refrain coinvolgenti in perfetto aor-style; o come la successiva “Dying To Live”, in cui il riff portante sembra uscito dall’ultimo Judas Priest, per un up-tempo che non teme di strizzare l’occhio a certo power metal moderno (vedi Masterplan) né di assecondare un intermezzo orientaleggiante prima del folgorante finale. Il neoclassico torna ancora in “Still Evergreen”, stavolta in un duello chitarra/tastiera al fulmicotone tra Mollo e il bravo Dario Patti, mentre Hughes è mattatore incontrastato su “My Eyes Don’t See It”, un mid-tempo che, dispiace ammetterlo, senza Glenn sarebbe risultato alquanto anonimo.
I toni si placano e le atmosfere si fanno suadenti con le visionarie “Atmosphere” e “Wild Seed Of Mother Earth”, compositivamente i due pezzi più vicini alla produzione The Cage. Soprattutto nella titletrack Hughes si sbizzarrisce nella sua camaleontica abilità di attraversare falsetti, cori e scream violentissimi con una semplicità disarmante, come farà pure nel brano più riuscito del lotto, “Nothing Stays The Same”, che è anche il più commerciale, pur vantando un lavoro sofisticatissimo al basso da parte di Fulvio Gaslini. Questo brano ricorderà a qualcuno di voi, soprattutto nel refrain alcune cose dei Royal Hunt, e non è un caso, dal momento che anche “Can’t Stop Falling” annovera momenti pop accomunabili al sound della band danese, così – se mi passate l’ossimoro – delicatamente epici e violentemente griffati… Grande protagonista, dunque, la tastiera di Patti.
Fa capolino anche il quinto elemento della band, il batterista Roberto Gualdi, disegnando le ritmiche esotiche di “Soul Protector”, purtroppo tra i più deboli del disco, vuoi per la resa piuttosto scarsa delle linee vocali, non in grado di reggere il confronto con i brani precedenti. L’esperimento continua su “She Cast No Shadow”, anche se qui diventa più importante la sezione lirica, con l’innesto di controcanti e arrangiamenti sui chorus. Conclude l’album ancora una slow song, la melanconica “16 Guns”, quasi un addio per i Voodoo Hill, affidata all’espressività senza eguali di Glenn. Da brividi.

In definitiva, un disco composto da un Italiano che merita l’attenzione di tutti gli hard/melodic rocker, i quali fin troppo spesso spingono i loro gusti al di fuori del bel paese.

Tracklist:

  1. Make Believe
  2. Dying To Live
  3. Still Evergreen
  4. Atmosphere
  5. Wild Seed of Mother Earth
  6. My Eyes Don’t See It
  7. Can’t Stop Falling
  8. Nothing Stays The Same
  9. Soul Protector
  10. She Cast No Shadow
  11. 16 Guns

Ultimi album di Voodoo Hill

Band: Voodoo Hill
Genere: Hard Rock 
Anno: 2015
81
Band: Voodoo Hill
Genere:
Anno: 2000
90