Recensione: Wildfire

Di Giuseppe Casafina - 3 Marzo 2016 - 16:19
Wildfire
Etichetta:
Genere: Black 
Anno: 2016
Nazione:
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78

A volte alcune band sono come entità indissolubili, legate in filo e per segno ad una particolare caratteristica in grado di renderle sempre superiori a qualsiasi critica: nel caso dei Deströyer 666 si parla di coerenza, una dote che ha da sempre contraddistinto l’ensemble europeo (un tempo australiano, ora non più data la permanenza dei membri principali all’interno dell’unione europea, precisamente Londra) e che tutt’oggi, all’uscita di “Wildfire”, resta in uno stato immutabile, quasi eterno.

Per chi scrive, i cari ‘Seguaci di Satanasso 6×3’ (perdonatemi, è stato irresistibile) non hanno mai sbagliato un colpo seppur con il tempo abbiano virato verso uno stile più melodico e quasi ‘accessibile’ rispetto al black-thrash grezzo (ma già ricolmo di ampie sfumature epiche) del debutto/capolavoro “Unchain the Wolves” (e credo fermamente che “Genesis to Genocide” sia tuttora una delle più grandi opening-track della storia del genere): tassello dopo tassello, la furia dei Nostri è rimasta immutata, sebbene espressa tramite connotati stilistici decisamente di ampio respiro pur senza mai tradire la loro natura di ensemble anticristiano e ‘cattivo’.

Il loro stile, su “Wildfire” si fa ancora più elaborato, l’influenza Rock n’Roll/Heavy Classico emerge in maniera massiccia come mai in passato, forgiando brani intensi come “Live and Burn” oppure “Hounds At Ya Back”, senza dimenticare l’epicità che li ha da sempre contraddistinti e che questa volta ci serve sul piatto brani gustosi come “Hymn to Dyonisus” oppure la conclusiva, inusuale con quel suo piglio a tratti pienamente Hard Rock (sì, avete letto bene), “TamamShud” .

Non è un disco però che convince sulla breve distanza, salvo fans particolarmente sfegatatati dell’ensemble (e credetemi, ce ne sono), perché “Wildfire” sembrerà strano a dirsi ma mi è sembrato è a suo modo un disco complesso, più ‘elaborato’ (vedasi le virgolette) dei precedenti, dove i pezzi sembrano ‘dilatati’ più del dovuto….ed effettivamente a tratti lo sono anche, tanto che alcuni brani avrebbero giovato di qualche trentina di secondi in meno, a tratti vi sono parti un po’ fuorvianti e la cosa tende un po’ a disperdere l’attenzione di chi ascolta: nulla di grave, intendiamoci, alla fine si tratta pur sempre di momenti particolarmente heavy, ma di cui sicuramente nessuno di sarebbe lamentato se questi fossero mancati….non aggiungono nulla, per dirla tutta.

Il difetto comunque, come già accennato, è minimale perché una volta che “Wildfire” comincerà a girare nel modo giusto il suo battere ritmico si fonderà al vostro sangue, la produzione è a suo modo azzeccata anche se in tutta onestà forse in sede di missaggio hanno un pelino esagerato sui riverberi(sulle prime battute l’ascolto ne usciva fuori appesantito, ma in fondo basta abituarsi): la cosa dona comunque un feeling molto anni ’80 al platter, un feeling che se immaginato nel contesto delle marcate influenze Rock n’ Roll/Heavy Metal di questo disco, male non fa.

E credetemi, quando la title-track partirà vi sembrerà per davvero di cavalcare una Harley assieme ad una band di demoni inferociti in cerca di simpatiche pulzelle, rigorosamente liete di concedersi al Maligno….paragone forse sarcasticamente fumettistico, ma che alla fine non si discosta poi tanto da quello che è davvero “Wildfire”, vale a dire un viaggio epico in motocicletta tra le languide lande dell’inferno.

Questo loro ultimo disco è, quindi, un tassello in crescita costante, pregno di sincera passione per la musica da loro stessi suonata e la cosa si avverte in ogni caso sin dal primo ascolto: l’energia pullula sovrana nonostante alcuni già citati passaggi a vuoto sparsi in alcuni brani (o forse sarò davvero incontentabile io, nessuno è perfetto), ma ciò che conta è che alla fine si tratta di piccolezze perchè l’unico, reale difetto di questa ultima fatica discografica dei Deströyer 666 è quello di essere un disco onesto, che continua una tradizione di innata coerenza in cui, sebbene si lasci aleggiare tra i suoi solchi lo spirito Heavy Metal che da sempre smuove l’ensemble  in misura ancor più massiccia (- in alcuni tratti certe soluzioni melodiche mi hanno ricordato i misconosciuti Armour, formazione finlandese di Heavy Metal fondata da alcuni pesi massimi della scena black finlandese tra cui Werwolf dei SatanicWarmaster – Nda) , alla fine non rivoluziona nulla in misura concreta, rispetto a quanto di buono/ottimo fatto finora.

Se quindi consideriamo la reale portata di tale ‘difetto’ credo che sarebbe facile per tutti capire che “Wildfire” è un disco onesto, sentito, fatto per alzare le corna al cielo, sputando contro il palco (alcuni brani hanno un effetto spaccaossa se immaginati in un contesto live) ed ingurgitando fiumi di birra nel segno del Caprone, fino a svenire.

Nulla più e nulla meno, ma alla fine è proprio questo quello che sono realmente i Deströyer 666, pertanto la valutazione finale non può che essere positiva.

Un grande ritorno.

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