Recensione: Witchcraft

Di Matteo Lavazza - 11 Dicembre 2004 - 0:00
Witchcraft

Tornano, a distanza di due anni dall’ultima fatica in studio, gli Stormwitch, una vera e propria cult band dell’underground tedesco, che purtroppo, nonostante gli anni di carriera alle spalle siano davvero molti, non è mai riuscita a fare il salto di qualità definitivo, perlomeno a livello commerciale, complici anche un paio di album, negli anni ’90, non proprio riusciti.
La caratteristica della band è sempre stata l’eleganza e la classe messa in mostra dal loro Epic, ed anche in questo “Witchcraft” sono queste le caratteristiche distintive, fin dall’iniziale “The Sinister Child” è infatti evidente come il gruppo preferisca concentrarsi sulle atmosfere piuttosto che sull’aggressività. Ed è proprio un Epic Metal di alta classe quello che esce dagli amplificatori, accompagnato da atmosfere tra il sognante e l’oscuro, il tutto accompagnato dalla grandissima voce di Andy Muck, calda ed avvolgente come sempre.
Anche durante gli episodi più veloci del disco gli Stormwitch non perdono un briciolo della loro classe, esempi lampanti sono canzoni come “At the Break of this Day”, ritmi veloci e una melodia davvero splendida i punti forti, “Frankenstein’s Brother”, un mid tempo decisamente coinvolgente e dotato di una magnifica linea vocale, anche se a volte lascia un po’ perplessi l’interpretazione di Muck, “Until the War will End, altro esempio di come il gruppo sia davvero bravo ad unire velocità piuttosto sostenute con melodie di alta classe, “The Kiss of Death”, un perfetto brano Heavy rock stile anni ’80 dannatamente divertente, “Salome”, forse la canzone in cui i tedeschi pigiano maggiormente sull’acceleratore, ovviamente senza mai dimenticare la melodia, ormai mi pare inutile ribadirlo.
A fare da contraltare ai pezzi più tirati trovano posto episodi più tranquilli e d’atmosfera, che mettono in maggiore risalto l’eleganza degli Stormwitch, cioè brani come “Fallen from God”, caratterizzata da atmosfere che definirei “mistiche”, la title track “Witchcraft”, un pezzo che definire meraviglioso è poco, cupo e massiccio come un macigno, “Sleeping Beauty”, sognante ballad, forse non esattamente originale ma davvero molto bella, “Puppet in a Play”, canzone stranissima, con gli strumenti impegnati a creare un atmosfera davvero molto particolare, così come la voce di Muck, il brano che forse più di tutti mostra il significato della parola eleganza applicata alla musica,  prima di partire in una vera e propria esplosione elettrica, “Moonfleet”, altro pezzo in cui il gruppo mette in mostra la sua straordinaria capacità di creare atmosfere sempre molto particolari e sempre affascinanti.
Una nota a parte la merita di sicuro “The Drinking Song”, canzone Metal a tutto tondo, con però l’appeal della canzone da taverna ai tempi dei pirati, divertente e bellissima.
Come bonus track trovano posto “Blood Lies in my Hand”, uno dei pezzi più oscuri della storia del gruppo, davvero bellissima la contrapposizione con le dolci melodie, e “Stormwitch”, che viene presentata come “Featuring Martin Winkler”, il produttore dell’album, purtroppo non avendo nessuna nota biografica ad accompagnare il cd onestamente non saprei che ha fatto di preciso…
La produzione è piuttosto pulita, come le composizioni richiedono, e, per una volta tanto, non mi pare il caso di lamentarmi per la mancanza di potenza sprigionata, visto che gli Stormwitch non puntano certo su quello.
Sotto il profilo tecnico la band se la cava più che bene, l’esperienza dei musicisti è ormai lunghissima, e vi assicuro che il più delle volte fa la differenza.
Per concludere direi che gli Stormwitch hanno confezionato un album all’altezza della loro fama, giusto per ribadire che, se fatto bene, l’Heavy Metal può rendere benissimo anche senza aggredire continuamente l’ascoltatore.