Recensione: Witchcult Today

Di Giuseppe Abazia - 6 Febbraio 2008 - 0:00
Witchcult Today
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Anno: 2007
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75

Gli Electric Wizard, noti per le loro composizioni allucinate e visionarie, stavolta si scoprono anche maghi (come d’altra parte il nome stesso lascia intendere). Si, perchè con il loro ultimo album, Witchcult Today, ci fanno viaggiare indietro nel tempo di una trentina d’anni, al periodo in cui i Black Sabbath di Ozzy Osbourne incidevano dischi immortali fatti di rock pesante, suggestioni blues, chitarroni sporchi e atmosfere polverose. L’adorazione di Jus Osborn (leader degli Electric Wizard) per l’hard rock degli anni ’70 non è mai stato un mistero, e anzi, echi di quel particolare periodo musicale hanno sempre lasciato la loro impronta in ogni album targato Electric Wizard, ma stavolta la band di Dorset ha voluto davvero pagare il proprio tributo a quella determinata scena musicale, un tributo sincero e realizzato secondo la spiccata personalità a cui il gruppo ci ha sempre abituato.

Gli Electric Wizard, lungo la loro carriera, hanno sperimentato diverse variazioni dello stile di cui fanno parte (lo stoner doom): più posati e tipicamente “doomy” nell’album omonimo, completamente fusi e psichedelici nel capolavoro Come My Fanatics, potenti all’inverosimile in Dopethrone (il loro miglior disco, insieme al precedente), più rockeggianti in Let Us Prey, cadenzati e monolitici in We Live. Witchcult Today, invece, torna alle basi dello stoner, e sembra uscire direttamente dagli anni ’70 non solo per via della direzione musicale, ma anche per la qualità della produzione estremamente grezza e rudimentale. Il suono di Witchcult Today è volutamente sporco, spigoloso, al punto che, pure ascoltando l’album su cd, sembra quasi di notare quel fruscìo che si sentirebbe se lo stessimo ascoltando su vinile. Difficile esprimere un giudizio su una scelta così decisa e, per certi versi, estrema: mentre probabilmente verrà apprezzata dagli appassionati dell’hard’n’heavy vecchio stampo cresciuti a pane e rock’n’roll, un’altra fascia di ascoltatori (nella quale rientra il sottoscritto) non potrà che rimpiangere l’inaudita potenza sonora che sprigionavano album quali Come My Fanatics e soprattutto Dopethrone, che pur mantenendo la giusta sporcizia che si conviene a questo genere, era talmente coinvolgente e rumorosa da far tremare le pareti.

A livello strettamente compositivo, pure ci sono stati cambiamenti. Ma nulla che non si potesse guà evincere dall’analisi fatta poc’anzi: i mutamenti stilistici, che ovviamente non vanno certo a stravolgere uno stile ormai consolidato come quello degli Electric Wizard, sono costituiti piuttosto da una generale minore aggressività e da atmosfere meno acide e allucinogene, messe da parte in favore di un approccio più diretto, scarno e senza fronzoli. Le fonti d’ispirazione degli Electric Wizard, in fondo, sono sempre le stesse: H.P. Lovecraft, cinematografia horror e fumetti degli anni ’70 e ’80, esoterismo e occultismo… ciò che è cambiata non è la sostanza, è solo che essa, ora, è incanalata attraverso una forma leggermente diversa. Alcuni marchi di fabbrica del gruppo, d’altra parte, sono sempre lì: canzoni mediamente lunghe, piuttosto articolate pur nella loro complessiva semplicità (potrebbe sembrare un ossimoro, ma non lo è se si parla degli Electric Wizard), chitarre bastarde e rumorose, basso roboante, e Jus Osborn che vomita parole con l’acida sguaiatezza di sempre (sebbene ormai, da questo punto di vista, la cattiveria di Dopethrone sia stata definitivamente messa da parte). Le canzoni migliori del lotto sono, a parere di chi scrive, la lisergica e lancinante title-track, l’incalzantissima Dunwich, la lunga e pesante The Chosen Few, e il macigno conclusivo Saturnine, senza nulla togliere alle altre tracce, che pure si mantengono su livelli elevati, e fra le quali trova posto anche una suite strumentale dal forte sapore space rock (Black Magic Rituals & Perversions), esperimento già tentato con grande successo in alcuni album precedenti, ma che qui forse perde un po’ della sua carica psichedelica per via della rudimentale produzione.

Gli Electric Wizard, con Witchcult Today, hanno composto un album difficile. Difficile perchè fortemente caratterizzato da scelte ben precise, che ne fanno un platter con un’identità spiccata e a suo modo originale, ma potenzialmente appetibile da una cerchia più ristretta rispetto a quella a cui si rivolgevano i precedenti album. Gli Electric Wizard furono definiti, in passato, la band più pesante del pianeta; alla luce dell’ultimo album, direi che questa definizione non è più appropriata, ma è evidente che ormai la pura e semplice pesantezza non è più una delle loro priorità. Certo è, comunque, che gli obiettivi che il gruppo si era prefissato sono stati pienamente raggiunti: Witchcult Today si contraddistingue per la passione e l’entusiasmo con cui è stato composto, riesce perfettamente nell’intento di trasportarci indietro di trent’anni, ed è un disco che gli appassionati di stoner, di doom classico e anche di hard rock non dovrebbero lasciarsi scappare.

Giuseppe Abazia

Tracklist:
1 – Witchcult Today (07:54)
2 – Dunwich (05:34)
3 – Satanic Rites of Drugula (06:06)
4 – Raptus (02:13)
5 – The Chosen Few (08:19)
6 – Torquemada 71 (06:42)
7 – Black Magic Rituals & Perversions (11:01)
8 – Saturnine (11:04)

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