Recensione: World Wide Live

Di Abbadon - 30 Luglio 2003 - 0:00
World Wide Live
Band: Scorpions
Etichetta:
Genere:
Anno: 1985
Nazione:
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85

“You want some more Rock and Roooll?
California, you’re Dynamiiiiite”
Klaus Meine – San Bernardino Valley, California (Dynamite)

1985, ennesimo anno storico per la musica più bella del mondo. Tale anno si ricorda anche e soprattutto per l’uscita di diversi dischi “live”, tra i quali spicca senza dubbio il “Live After Death” degli Iron Maiden. Ma non c’è solo Live After Death a farla da padrone in quell’anno. Esce infatti un altro disco destinato ad essere molto ascoltato e seguito la gente, ovvero “World Wide Live” degli Scorpions. Siamo nel pieno di quella che viene chiamata la “Golden Age” del Rock, e la band di Rudy Schenker, al momento sulla cresta assoluta dell’onda, si trova in mezzo a un tour di proporzioni gigantesche, che li vede toccare praticamente tutte le principali piazze mondiali. Tra queste piazze due assumono particolare importanza, ovvero quelle di San Bernardino e di Rio, dove davanti ad una somma di quasi 700 mila persone, vengono tratti gli spunti per la realizzazione del disco. Il doppio album raccoglie i cavalli di battaglia del periodo di massima popolarità del gruppo, ovvero quelli dell’Hard’n’Heavy, abbracciando lavori tratti da “Lovedrive”, “Animal Magnetism”, “Blackout” e “Love at First Sting”, lavori che vengono riproposti davvero bene, come vedremo da qui a poco. Tecnicamente parlando la prestazione sul palco dei ragazzi di Hannover è perfetta, anche troppo volendo. I 19 brani (incluso il Countdown iniziale), sono eseguiti con una meticolosa precisione, cosa che forse è anche un poco dannosa, in quanto il live perde in parte quel particolare fascino derivante dalla modifica e reinterpretazione dei
vari pezzi. Il rapporto con il pubblico c’è e si manifesta sotto forma di numerosi dialoghi, incitamenti alla folla eccetera, ma tali diloghi risultano, a sentirli, più calmi e volendo anche freddi rispetto alle urlate fatte alla folla giapponese impazzita presente su Tokyo Tapes. Non si hanno neppure uscite di scena, rientri, eccetera, bensì una esibizione tutta di un fiato, il che
appiattisce un pò la prestazione complessiva. Attenzione però, questo non deriva assolutamente dalla mancanza di perdita di presa e mordente da parte della band , bensì dal contesto in essa suona : infatti vì è una certa differenza tra cantare in una piazza con 30 mila persone e cantare su
un palco enorme, dove le persone presenti sono almeno 10 volte tanto, e questo non va assolutamente sottovalutato. Relativa freddezza o non, si riesce ad ascoltare palesemente bene che la situazione è sempre in pugno a Meine e soci, il che ci porta a passare dai difetti sostanziali dell’album
(onestamente non trascurabili, anzi, in un normale disco possono pregiudicare l’intero lavoro), ai suoi pregi, davvero non pochi. Intanto si può partire dall’analizzare la scaletta proposta, che, a parte forse un paio di pezzi, è davvero una cosa mostruosa, a cominciare dal countdown come
mera ma efficace introduzione alla fine della seconda parte di una “spaccaorecchie” Can’t Get Enough. Anche la posizione dei singoli brani è eccellente, dalla Coming Home che introduce le “vere” song (canzone che sembra fatta quasi apposta per aprire i tour degli scorpioni), che ci avvia ad una partenza sparata, con pezzi davvero distruttivi in quanto a piglio sonoro (vedi Blackout in terza posizione), per poi arrivare per arrivare mano a mano, con progressivo depotenziamento (anche se non moltissimo), a due delle migliori ballate in assoluto della scena, le magiche Holiday e Still Loving You, per poi incrementare ancora, fino alle impressionanti versioni di Dynamite e Can’t Get Enough (quest’ultima addirittura divisa in 3 atti, di cui uno, Six String Sting, strumentale, pungente ed abrasivo a dir poco), che chiudono la scena e fanno calare il sipario. Detto della scaletta, un altro vantaggio che si evidenzia dal disco è la ancora pienissima forma con la quale tutti si esibiscono, a partire dai due ispiratissimi Jabs e Schenker, passando per un ottimo Meine, forse un pò meno trascinatore che in passato ma sempre carismatico come non tutti possono vantare di essere e, soprattutto, con una prova vocale più che convincente, per arrivare a Buchholz e Rarebell, sempre a loro agio quando quando devono calcare dei palchi (soprattutto Rarebell). Le canzoni, anche se non sono particolarmente modificate, sono molto enfatizzate, massiccie, soprattutto in sede sonora, il che, visto il contesto, le migliora parecchio. Direi che soprattutto Blackout, Can’t Live Without You, Dynamite e Can’t Get Enough risultano notevolmente rafforzate dopo il live, ma anche Coast to Coast (con Klaus alla chitarra ritmica), No One Like You, Still loving you (seppur abbreviata) e soprattutto il magico arpeggio di Holiday (forse il punto del live con maggior coinvolgimento in assoluto), escono promossi a pieni voti. Detto delle song, delle singole prestazioni, detto dell’ottima
scaletta (scarterei solo una sottotono Loving You Sunday Morning), rimane solo un’ultima cosa da dire, ovvero il carisma. E’ vero ne ho già parlato nei difetti di come questo album risulti più freddo alle orecchie dell’ascoltatore rispetto a Tokyo Tapes, però bisognerebbe provare a dire ti tale freddezza ai fans registrati durante i concerti, le quali si sentono in sottofondo. Beh lì la freddezza  proprio non esiste.  Si sente infatti che il pubblico se non coinvolto, (e qui ci sarebbe da disutere perchè alcuni singoli passaggi sono da brividi in quanto a calore, vedi i fans che cantano Holiday), dicevo se non coinvolto è comunque in estasi, esaltato a sentire i pezzi più potenti e famosi dei loro beniamini.
Esame finale : Se, in un mondo perfetto, la prova strumentale di World Wide Live avesse il calore di Tokyo Tapes, il voto sarebbe 100, ma visto che ciò non si è concretizzato, la valutazione è destinato a scendere. Rimane comunque un gran bel voto, perchè qui ci troviamo di fronte al sunto dei migliori anni della storica band, anni sintetizzati alla grande, che fanno di questo live, alla prova del nove, il secondo migliore dei 4 prodotti dagli Scorpions (dopo Tokyo Tapes e prima di Live bites e Acoustica,
ultimi due di cui francamente, lo dico da fan, sconsiglio l’ascolto),  prodotto sicuramente meritevole di ben più di un ascolto. Che anno il 1985 per i live.

Riccardo “Abbadon” Mezzera

Tracklist :
1) Countdown
2) Coming Home
3) Blackout
4) Bad Boys Running Wild
5) Loving You Sunday Morning
6) Make it Real
7) Big City Nights
8) Coast to Coast
9) Holiday
10) Still Loving You
11) Rock you Like an Hurricane
12) Can’t Live without You
13) Another Piece of Meat
14) The Zoo
15) No one Like you
16) Dynamite
17) Cant Get Enough (part 1)
18) Six String Sting
19) Cant Get Enough (part 2)

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