Recensione: World Won’t Miss You

Di Marco Tripodi - 20 Gennaio 2017 - 8:00
World Won’t Miss You
Band: Reverend
Etichetta:
Genere: Heavy 
Anno: 1990
Nazione:
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85

All’indomani dell’eccellente “The Dark” (’86), seguito dell’altrettanto eccellente album di debutto (’84), nei Metal Church parrebbe tutto indirizzato verso il più glorioso dei destini, invece tra David Wayne e la band le cose non vanno affatto bene. Droga, caratteraccio, incomprensioni reciproche, fatto sta che l’inquieto Wayne semplicemente smette di andare in sala prove e la Chiesa si vede costretta a immaginarsi sotto la guida di un nuovo pastore. Wayne intanto si fa provinare dai techno thrashers Heathen, mette su un improbabile progetto con Randy Piper degli Wasp, riceve l’offerta di imbracciare il microfono per conto di quel che rimane della formazione dei losangelini Heretic (proprio la band da cui proviene Mike Howe, nuovo cantante dei Metal Church).

Con Brian Korban e Dennis O’Hara prende corpo la nuova visione “clericale” di Wayne, i Reverend. Ed è tutto sommato coerentemente logico che, abbandonata la Chiesa madre, Wayne sia stato precettato da degli eretici. Nell’89 esce un primo EP sotto Caroline Records che mostra il discreto potenziale del gruppo, anche se il meglio è tutto da venire. E arriva. Appena un anno dopo Charisma licenzia “World Won’t Miss You“, tonante esordio sulla lunga distanza dei Reverend.

Disco fenomenale che riprende il discorso esattamente dove Wayne lo aveva interrotto con i “suoi” Metal Church. Le band entrano in diretta concorrenza poiché la fan-base adesso ha due parrocchie da frequentare ed in entrambe si predicano ottimi sermoni. I Reverend accentuano leggermente la componente speed thrash, pur rimanendo tutto sommati saldi nell’alveo dell’heavy metal. Una sorta di anello di congiunzione tra band più aggressive e violente come Sacred Reich, Heathen, Toxik, etc., e il metal classico scevro di troppe tensioni e tecnicismi.

La forza di “World Won’t Miss You” è tutta nel songwriting, convincente, ficcante, brillantissimo. A dispetto di un artwork in verità assai poco invitante, il quintetto di Seattle confeziona una serie di bordate irresistibili, abrasive, che non possono fallire. E’ la voglia di farcela, di affermarsi per chi proveniva dai pur validi ma sfortunati Heretic, di riscattarsi per Wayne, un “perdente” appartenente alla genia dei guasconi eroici ma al contempo sfigati come Paul Di’Anno, Bon Scott, Phil Lynott.

Un track by track è davvero superfluo davanti ad una produzione del genere, dove si pesca si cade bene, sempre e comunque, che si tratti di canzoni energiche e rabbiose come la opener “Remission” o “Gunpoint“, che siano i mid tempos adrenalinici di “Another Form Of Greed“, “Desperate“, “Killing Time” o “11th Hour“, che siano le costruzioni articolate di “Scattered Wits” o la apparente quiete prima della tempesta di “Leader Of Fools” (e la tempesta naturalmente ce la porta poi la title track).

World Won’t Miss You” rimane a distanza di anni (ben 26) una pietra miliare del metal americano, anche se poi sulle copertine delle riviste ci sono finiti magari i Savatage o i Queensryche. Ce lo ricorda Divebomb Records, che ristampa l’album, corredandolo di bonus track (ovvero l’EP omonimo dell’89, oltre alla gradita cover sabbathiana “Hand Of Doom” già apparsa sulla prima stampa in cd dell’album). La band durerà poco, avrà il tempo di confezionare un secondo album non meno interessante ed un EP, prima di dover subire come gran parte dei propri colleghi lo tsunami del grunge e di sonorità che improvvisamente si rivolgeranno al vecchio heavy metal come ad un dinosauro prossimo all’impatto col meteorite.

Marco Tripodi

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