Recensione: Wormhole Generator

Di Damiano Fiamin - 24 Febbraio 2013 - 0:00
Wormhole Generator
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Anno: 2012
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64

I Prehistoric Pigs sono piuttosto parchi di informazioni sul loro conto. Negli spazi web ufficiali rivendicano solo di essere lontani ascendenti dei nostri maiali, una sorta di arcaici e civilizzati suini che scuoteranno i loro intorpiditi nipoti dall’attuale stato prosciuttiferante in cui versano, per riportarli alle cime che meritano e alla successiva dominazione del mondo. Oltre a questa simpatica cosmogonia setolosa, abbiamo ben pochi dati di base da cui partire: sappiamo solo che i membri del trio provengono dal Friuli e che sono dediti ad uno sludge metal cupo e viscoso, sulla falsariga di gruppi come Kyuss e Ufomammut con cui, forse non a caso, condividono anche il nome antidiluviano.
Le sette tracce strumentali che compongono questo album vanno a costituire l’opera prima della band, che cerca così di inserirsi in un genere che, negli anni, ha riscosso sempre maggiori consensi tra gli ascoltatori.

L’ironica copertina di Wormhole Generator potrebbe riassumere un po’ quanto detto finora; in questa sintesi grafica della biografia della band, troviamo un verro proto-astronauta, ormai ridotto a fossile, che si staglia su un paesaggio dai toni acidi che potrebbe provenire da un lontano passato o da un remoto futuro. Visto che l’occhio insiste per non fornirci nuove informazioni, lasciamo che sia la musica a presentarci questi ragazzi.
Come già accennato, ci muoviamo nei densi e oscuri territori dello sludge: non suscita quindi particolare stupore quando, una volta avviato il disco, cominciano a colare dalle casse dello stereo riff saturi e ossessivi, affiancati ad una base ritmica robusta e implacabile. La mancanza di una qualsivoglia forma di cantato, che non siano gli sporadici lamenti di sottofondo che emergono in alcune delle tracce, è uno dei maggiori punti di forza e, nel contempo, di debolezza dell’intera produzione. Se da un lato, infatti, la scelta di abolire la voce consente di dar vita ad una musica maggiormente d’atmosfera, in grado di insinuarsi nella nostra mente grazie alle sue arie insistenti, dall’altro corre molto più facilmente il rischio di farla diventare tediosa.
Viste le premesse, alcuni potrebbero ritenere quest’ultima affermazione paradossale, ma il confine che separa ripetitività da noia è molto sottile. I Prehistoric Pigs ne sono consapevoli, evidentemente, e giocano a correre sul filo del rasoio, gonfiando quasi fino al limite della sopportazione umana fraseggi di ridondanza maniacale, per poi farli scoppiare con un cambio di ritmo e di stile poco prima che all’ascoltatore prenda una crisi di nervi. Ad onor del vero, questa ricetta non è sempre seguita con scrupolo; capita che il passaggio tra un livello e l’altro sia tardivo e che i nostri cambino passo oltre la soglia di tolleranza.

L’insieme, ad ogni buon conto, è soddisfacente: i musicisti sono tecnicamente validi e hanno le idee chiare su come riuscire a creare un affresco convincente e senza prodigarsi in eccessive banalità. Il risultato è pesante, non aspettatevi certo che sia possibile digerirlo dopo uno o due ascolti; per essere capito a pieno, l’album deve sedimentarsi in pancia e in testa. Solo allora comincerà a farsi strada l’idea che, pur essendo vittima degli squilibri sopraelencati, Wormhole Generator sia un buon prodotto, in grado di suscitare l’interesse degli appassionati e di tutti coloro che avranno la pazienza di accostarsi ad esso con calma. Se cercate qualcosa di più facilmente abbordabile, lasciate stare e girate al largo.
I Prehistoric Pigs sono partiti con il piede (zoccolo?) giusto; se avranno modo di lavorare con dedizione sulla loro creatura, non dubitiamo che riusciranno a tirar fuori qualcosa di intrigante. Vedremo.

Damiano “kewlar” Fiamin

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Tracce:

01.    Swirling rings of Saturn
02.    XXI century riots
03.    Tafassaset
04.    Interstellar gunrunner
05.    Primordial Magma
06.    Ente Londonts
07.    Eletric Dune

Formazione:
Juri Tirelli – Chitarra
Jacopo Tirelli – Basso
Mattia Piani – Batteria

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