Recensione: XIII

Di Paolo Beretta - 27 Giugno 2003 - 0:00
XIII
Band: Rage
Etichetta:
Genere:
Anno: 1998
Nazione:
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82

XIII è un riuscito esempio del possibile connubio tra Heavy metal e musica classica. Questo disco, seppur così distante dal tipico sound “violento” e pesante dei Rage è davvero molto bello essendo, come al solito, dotato di un buono e originale songwriting, che rende sempre piacevoli le tracce del cd in questione. I ritmi sono più lenti rispetto al solito disco Rage, cadenzati e a tratti oscuri, dando così maggiore spazio all’imponente orchestra Lingua Mortis.
Definire Overture come una mera intro sarebbe un vero e proprio insulto. E’ infatti una tenebrosa canzone strumentale dove le particolari e sfuggenti note del piano si fondono con leggere, ma insistenti, orchestrazioni, accompagnate successivamente da una chitarra molto decisa. Questa opener a  mio parere riesce a riassumere con buona maestria XIII. Le track che lo formano infatti sono proprio un susseguirsi di pezzi potenti, che vengono arricchiti con le melodie sopraffine che violini, violoncelli, contrabbassi e oboi riescono a creare. E’ da questo magico “mix” che prendono vita song come la fredda From the cradle to the grave, una inesorabile marcia cupa dotata di un chorus ipnotico e di sicuro impatto. Più potente e per certi versi aggressiva èDays of December che si scioglie in tutta la sua dolcezza solo nel coro melodico. Bellissime le immediate Sign of Heaven e Turn the page, dotate di melodie capaci di rimane impresse fin da subito anche grazie ad un tempo accattivante, che fa scivolare le strofe con facilità e senza cedimenti. Fantastica Heartblood. Una perla, strana, dove il basso lento e la voce particolare di Peavy portano in un mondo oscuro, pericoloso ma allo stesso tempo affascinante, così come il geniale break centrale. Potente anche Over and over, che con la sua sezione ritmica al fulmicotone e il riffing distorto mi affascina. Non mancano ovviamente dei lenti d’autore. Incomplete e In Vain riescono a toccare il cuore con melodie leggere, ben evocate dall’orchestra che in questi brani riesce a dare il suo massimo contributo, rendendo i cori lenti e cadenzati delle chicche di rara bellezza da ascoltare più e più volte. Arriva quindi Paint it black, una cover dei Rolling Stones. Non posso sapere, non conoscendo la versione originale, se i Rage abbiano stravolto la traccia, ma il risultato su questo disco è strepitoso: mi fa impazzire il ritmo, che nel coro è epico e magistralmente accompagnato dall’ugola sporca e immortale di Peter. Il disco si chiude con Just alone, un brano difficile, che dopo una prolungata intro prova a decollare. Non limitatevi ad un unico ascolto, ma dedicate molta attenzione a questa traccia, godibile in tutta la sua bellezza, come ad esempio nel fantastico assolo di violino, seguito da un deciso riff.
In conclusione 12 tracce per un disco sicuramente coraggioso. O vi catturerà con il suo sound magico o lo detesterete in quanto troppo distante da quello che negli anni Peavy & C. ci hanno regalato. Io ne consiglio caldamente l’acquisto, poi fate Voi!
TRACKLIST
OVERTURE / FROM THE CRADLE TO THE GRAVE / DAYS OF DECEMBER / SIGN OF HEAVEN / INCOMPLETE / TURN THE PAGE / HEARTBLOOD / OVER AND OVER / IN VAIN ( I WON’T GO DOWN ) / IMMORTAL SIN / PAINT IT BLACK / JUST ALONE. 

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